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Palagiustizia di Bari nella tendopoli. Il ministero condannato a risarcire un penalista

Il ministero deve ritenersi responsabile per il ritardo nelle scelte politiche, organizzative ed economiche, di reperimento di idonee strutture giudiziarie per il buon funzionamento della giustizia penale

Palagiustizia di Bari nella tendopoli. Il ministero condannato a risarcire un penalista

Il ministero della Giustizia sapeva fin dal 2010 che il palazzo di via Nazariantz aveva gravi problemi strutturali e pertanto era inadeguato ad ospitare il palagiustizia ma non fece nulla per trovare una soluzione alternativa, finché nel 2018 l’edificio fu dichiarato inagibile e, per alcune settimane, una parte della giustizia penale fu amministrata nelle tende, con grave danno per l’immagine e la dignità degli avvocati. Su questa base il giudice di pace Massimo Nicola Minerva ha costruito la sentenza di condanna del ministero della Giustizia, accogliendo in parte il ricorso dell’avvocato Ascanio Amenduni. Il risarcimento – per danno all’immagine, al decoro e alla dignità professionale – è stato quantificato in 1.000 euro ma in realtà quel che conta è soprattutto il principio, perché il giudice ha sposato la tesi a lungo sostenuta dall’intera categoria forense di Bari, ritenendo che il ministero, non intervenendo prima del 2018 per individuare un altro palazzo in cui allocare il tribunale penale e la procura, abbia creato i presupposti per la dichiarazione di inagibilità, con conseguente sospensione dei processi e le conseguenze connesse, che hanno danneggiato la categoria ma anche i cittadini. “Il ministero deve ritenersi responsabile – è scritto nella sentenza depositata il 4 marzo – per il ritardo nelle scelte politiche, organizzative ed economiche, di reperimento di idonee strutture giudiziarie per il buon funzionamento della giustizia penale”. “il profssionista ha ingiustamente patito il silenzio amministrativo costituito dalla consapevolezza delle gravi condizioni della giustizia barese e assenza di provvedimenti amministrativi finalizzati a creare le condizioni minime per l’esercizio dell’attività forense penale – ha spiegato il giiudice – L’ingiustizia arrecata al professionista è tale e rilevante in quanto le attività giudiziarie svolte all’interno della tensostruttura, posta nell’area antistante la struttura pericolante, sono state particolarmente lesive della dignità dell’avvocato”.

Fonte. La Repubblica

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