Patrocinio a spese dello Stato, pagamenti più rapidi ai difensori
Nella legge di Bilancio, la norma pro-avvocati: sarà possibile compensare gli onorari spettanti per la difesa dei meno abbienti anche con i contributi che il professionista deve personalmente a Cassa forense
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Tra le ipotesi e i dati, soprattutto i dati del Bilancio, corre un abisso. E così in fondo, sulle reali intenzioni del governo in materia di giustizia, la Manovra certifica assai meglio la realtà di quanto non avvenga se si va a scartabellare tra gli emendamenti al decreto “Rave” o tra i progetti bellicosi dei partiti.
Dalla lettura della legge di Bilancio, scopriamo sì che si riducono le risorse per la polizia penitenziaria e le intercettazioni, ma pure che cresce, e non poco, la disponibilità per la difesa dei meno abbienti. È un segnale importante, che dovrebbe ridurre gli scandalosi ritardi nella liquidazione dei compensi dovuti agli avvocati per il patrocinio a spese dello Stato.
Aspetto senz’altro positivo a cui se ne aggiungono altri: l’accordo con i Comuni per dare consistenza, con 5 milioni di euro in più, alla giustizia riparativa, la “rivoluzione culturale” introdotta dalla riforma Cartabia in grado di consentire anche un’attenuazione, pur parziale, delle sanzioni penali; e non viene “torto un capello” alle misure alternative alla detenzione, considerato che già il governo Draghi aveva sostanzialmente raddoppiato l’organico degli “Uepe”, gli Uffici esecuzione penale esterna, con 1.096 addetti e 11 dirigenti in più, e che tali dotazioni, essenziali per attuare i contenuti più “garantisti” della riforma, non vengono toccate.
Fino appunto alle maggiori risorse e alle nuove possibilità di compensazione per i crediti vantati dai difensori impegnati nel “patrocinio di Stato”, questione tutt’altro che marginale nella logica di una giustizia attenta alle persone e ai diritti.
Lo sforzo compiuto dall’esecutivo Meloni per rendere meno romanzesco il pagamento degli avvocati è davvero apprezzabile: intanto, dalla dotazione preesistente di 10 milioni si passa a un fondo per il patrocinio a spese dello Stato di 40 milioni di euro. Inoltre, e si tratta forse della misura più efficace in vista di una maggiore rapidità nella liquidazione degli onorari, viene ampliato il meccanismo che già dal 2016 consente le compensazioni.
In virtù dell’impegno assunto all’epoca dall’ex guardasigilli Andrea Orlando e definito con l’allora presidente del Cnf Andrea Mascherin, era già possibile scontare i compensi dai “debiti fiscali” eventualmente dovuti dal professionista,così come dai contributi che l’avvocato abbia da versare per i propri dipendenti.
Con la norma inserita all’articolo 151 nella Manovra economica, bollinata poche ore fa, la compensazione diventerà possibile, come spiega la relazione illustrativa, anche con gli “oneri previdenziali dovuti dagli stessi avvocati alla Cassa Forense”.
Si legge ancora nel testo che accompagna l’ultima versione della legge di Bilancio: “La ratio sottesa alla formulazione della proposta è quella di ridurre gli effetti negativi derivanti dai ritardi dei pagamenti dello Stato ampliando le casistiche di compensazione agli oneri previdenziali dovuti alla Cassa Forense in quanto, gli stessi, sono dovuti sempre ed in ogni caso da tutti gli avvocati a differenza dei debiti fiscali o contributi previdenziali da pagare per i dipendenti che potrebbero, invece, non esistere per tutti gli avvocati”. Chiarissimo.
Il meccanismo operativo farà riferimento a una “specifica convenzione” sottoscritta fra Agenzia delle Entrate e Cassa forense il 26 novembre del 2020, con la quale si regolava il servizio di riscossione dei contributi dovuti dagli iscritti all’ente di previdenza dell’avvocatura.
Adesso quella convenzione, dalle sole pregresse funzioni “esattoriali”, passa finalmente ad assumere una valenza di effettivo beneficio per i difensori.
Si tratta di un testo non ancora depositato. Ma se resterà integro, si realizzerà un passo avanti rilevante nella tutela della funzione difensiva esercitata a beneficio dei meno abbienti. Non proprio l’ultimo fra i parametri per misurare la civiltà di un sistema giudiziario.
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