Più indipendenza e meno steccati: ecco la riforma a misura di avvocati
Dalla revisione delle incompatibilità alla disciplina della pubblicità: le proposte per aumentare la competitività della professione forense.
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La società in continua trasformazione, l’intelligenza artificiale, i mercati in evoluzione, i mezzi di comunicazione sempre più globali stanno ridefinendo il ruolo dell’avvocato del futuro. L’avvocatura italiana oggi si trova davanti a una riforma della legge professionale che può diventare un’opportunità di crescita e di innovazione. «Oggi, per restare competitivi — osserva Antonino La Lumia, presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano — e rispondere alle necessità di una clientela sempre più internazionale e diversificata, i professionisti del diritto devono aprirsi a nuove aree di attività. Questa apertura, però, non può essere lasciata al caso: richiede un aggiornamento del quadro normativo che governa la professione forense, perché solo attraverso regole al passo con i tempi è possibile preservare il valore della deontologia e, al contempo, ampliare le possibilità operative degli avvocati».
Un primo punto critico riguarda le incompatibilità previste dall’articolo 18 della legge professionale, che limitano la possibilità per un avvocato di assumere ruoli collaterali, come quelli legati all’amministrazione di società. «Riformare queste norme è essenziale per consentire agli avvocati di svolgere funzioni aggiuntive e di ampliare la loro sfera di competenza, senza per questo compromettere la loro integrità. Una simile revisione consentirebbe ai professionisti del diritto di partecipare attivamente alla gestione aziendale, mettendo a disposizione le proprie competenze in settori dove la conoscenza giuridica è di grande utilità».
Un punto molto delicato e complesso lo riveste il tema della mono-committenza, già oggetto di una mozione approvata nel Congresso di Catania del 2018. «Sarà opportuno affrontarlo con coraggio e lungimiranza — avverte La Lumia —. Tenendo saldi i principi di autonomia e indipendenza propri dell’avvocatura (e che non sono in discussione) sarà importante definire le modalità di svolgimento della professione condotta in esclusiva o in prevalenza, delineando tutte le garanzie e le tutele necessarie».
Un’ulteriore area di interesse è quella della comunicazione. La normativa attuale impone giustamente che la pubblicità informativa dell’avvocato sia trasparente, corretta e non ingannevole, senza fini di accaparramento. «Eppure — osserva il presidente dell’Ordine degli avvocati di Milano— il divieto, previsto dall’articolo 35.8 del codice deontologico, di menzionare i nominativi dei clienti, anche in caso di consenso, limita la visibilità delle esperienze acquisite nel tempo. In molti Paesi europei, gli avvocati possono evidenziare il proprio track record, dimostrando le competenze acquisite attraverso una sintesi delle attività svolte per clienti di rilevanza. In quest’ottica, il sistema italiano potrebbe aprirsi a un modello che consenta una maggiore visibilità professionale, allineandosi agli standard europei e permettendo agli avvocati di illustrare il proprio bagaglio esperienziale e dunque competere in un ambito che non può considerarsi esclusivamente all’interno del panorama nazionale».
In definitiva, con queste riforme si potrebbe ridare respiro alla professione forense e supportare la sua competitività nel contesto europeo e globale? «L’avvocatura ha di fronte a sé una sfida cruciale, quella di coniugare tradizione e innovazione, mantenendo il suo ruolo di garante dei diritti e al contempo abbracciando una visione moderna e aperta della professione. Spesso quando si parla di attrattività della professione, ci si concentra sul numero degli avvocati, si parla di crisi delle vocazioni: sarebbe necessario invece interrogarsi sulle prospettive e sulle reali opportunità da offrire ai nostri giovani»
di Isidoro Trovato su Il Corriere
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