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Praticanti e neo-avvocati devono cominciare a difendersi

Che la gavetta venga spesso tristemente associata a una via crucis è cosa nota, ma due specifici aspetti impongono una riflessione: redditi bassi e gender gap.

Praticanti e neo-avvocati devono cominciare a difendersi

 

In Italia, la figura dell’avvocato viene spesso associata al successo, a volte con cognizione di causa, altre sulla spinta di luoghi comuni. L’avvocatura rimane de facto una delle professioni più ambite nel nostro Paese, per alcuni più che una carriera, una vera e propria vocazione in grado di accompagnare fin dall’adolescenza. Le ragioni sono molte: nell’immaginario collettivo l’avvocato conduce una vita professionale dinamica e avvincente, volta alla difesa dei più deboli oppure connotata da importanti successi. Nella costruzione di questo immaginario, un ruolo decisivo è sicuramente rappresentato da figure celebri provenienti dal mondo cinematografico e televisivo che hanno celebrato giureconsulti di successo (interpretati “casualmente” da giovani sex symbol di Hollywood con giacche di alta sartoria e cravatte impeccabili): Il socio con Tom Cruise, L’avvocato del diavolo con Keanu Reeves, The Lincoln lawyer con Matthew McConaughey, L’uomo della pioggia di Matt Demon (per non parlare delle serie tv dedicate al ruolo).

I dati del Rapporto sulla giovane avvocatura presentato recentemente a Montecitorio dall’AIGA (Associazione Italiana Giovani Avvocati), aggregati a quelli del VII Rapporto del Censis, evidenziano un quadro a tratti desolante per chi si approccia alla carriera forense. Che la gavetta di praticanti e neoavvocati venga spesso tristemente associata a una via crucis è cosa nota ma due specifici aspetti impongono una riflessione: redditi bassi e gender gap.

Gli avvocati iscritti alla Cassa Forense nel 2022 erano 240.019, di cui 126.327 uomini e 113.692 donne. Il reddito medio per un avvocato under 30 è di 13.824 euro annui, tra i 30-34 anni arriva a 18.683 euro; per raggiungere delle somme degne di nota (per sfondare il tetto dei 40.000) il rapporto del Censis spiega che vanno superati i 50 anni d’età. Non sorprende dunque che nel 2022, per la prima volta dopo 15 anni, sia stata registrata una flessione degli iscritti (- 0,7%) e che il saldo tra i nuovi avvocati e coloro che hanno optato per la cancellazione dall’Albo sia negativo (-441). Un altro aspetto preoccupante è rappresentato dal divario di genere. Dal rapporto AIGA si evince che tra le centinaia di avvocate coinvolte nell’indagine oltre il 53% ha dichiarato di guadagnare meno di 15.000 euro annui (la percentuale scende al 36% per i colleghi uomini). Il 54% delle avvocate ha ammesso che l’esercizio della professione ha condizionato le scelte personali di vita; alla domanda se si è mai pensato di lasciare l’Avvocatura, hanno risposto in maniera affermativa il 53% delle donne ed il 37% degli uomini. Si consideri, infine, che tra i procuratori under 35 tre su quattro non hanno figli.

Considerando invece la condizione dei praticanti, i dati mostrano che la pratica forense, ovvero il periodo di formazione sul campo in cui imparare il mestiere dell’avvocato, ha una durata media di 18 mesi. In questo periodo, nella maggior parte dei casi, il praticante avvocato svolge mansioni che spesso lo assimilano ad una sorta di “factotum” e affronta giornate lavorative di cui si conosce l’ora d’inizio ma quasi mai la fine. A livello contrattuale, il praticante rientrerebbe nella categoria dei lavoratori autonomi con partita IVA; nel concreto, è invece un subordinato che lavora alle dipendenze dell’avvocato definito (spesso anche con orgoglio) “dominus” (termine che andrebbe abolito nei contesti lavorativi).

Dall’ultimo Rapporto Censis emergono anche delle luci, a partire dall’incremento dei redditi per gli avvocati senior (+12,2%); a prescindere da valutazioni di tipo economico, rimane indiscutibile il prestigio della professione nonché, più in generale, l’importanza per i giovani di seguire la propria strada (qualunque essa sia) con convinzione. L’Avvocatura è una professione nobile e piena di grandi esempi umani: si pensi a figure irreprensibili come Serafino Famà, vittima di mafia; Giorgio Ambrosoli, medaglia d’oro al valor civile; i compianti Massimo D’Antona, Marco Biagi, Fulvio Croce e tanti altri. Proprio il 24 gennaio peraltro ricorre la giornata internazionale dell’avvocato in pericolo, in ricordo della barbara uccisione di cinque avvocati uccisi ad Atocha (Madrid) il 24 gennaio 1977.

Cosa possono fare quindi praticanti e giovani avvocati per migliorare la propria condizione lavorativa? Quello che fanno tutti i giorni: difendere i più deboli. In questo caso, loro stessi nel tentativo di superare gli ostacoli che si interpongono tra la vita professionale e quella personale nonché far fronte al debole inquadramento professionale dei praticanti. Queste istanze non possono che partire da class action costituite, appunto, da avvocati e devono porsi come obiettivi, tra gli altri, la conciliabilità della professione con la vita familiare, il pieno rispetto della dignità dei praticanti, l’eliminazione progressiva del gender pay gap e qualunque altra forma di diseguaglianza.

Le strade per l’accrescimento della soddisfazione professionale (ed anche economica) degli avvocati sono molteplici; uno degli aspetti indiscutibilmente più delicati, un “tema caldo”, è di certo quello dell’incompatibilità, regolamentata all’articolo 18 della nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense (legge n. 247 del 31 dicembre 2012). Attualmente la professione di avvocato è difatti incompatibile con quasi tutti gli impieghi, con poche eccezioni riferite ad esempio all’insegnamento di materie giuridiche, ad attività di carattere scientifico, letterario, oppure alle professioni di notaio, commercialista, pubblicista, esperto contabile.

Naturalmente trattandosi di una professione delicata e di fondamentale importanza per gli equilibri della nostra società, è fondamentale stroncare sul nascere qualunque tipo di ingiustizia, di conflitto di interesse o di abuso, in quanto l’incompatibilità vuole rappresentare nel fondo una forma di tutela per le parti in causa. Non si tratta tuttavia di un monolite, di un imperativo assoluto anzi il dibattito sul tema deve continuare ad evolversi sia per il legislatore che per la società civile. Su questa e su altre battaglie anche i difensori avranno a loro volta bisogno di buoni avvocati.

Da Uffpost

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