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Processo tributario: riforma tra speranze, punti di forza e qualche criticità

Il bilancio del presidente dell’Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi Damascelli a un mese dall’entrata in vigore delle nuove norme

Processo tributario: riforma tra speranze, punti di forza e qualche criticità

È passato poco più di un mese dall’entrata in vigore della riforma del processo tributario, contenuta nella legge 130/ 2022, che ha avuto luogo il 16 settembre, e sebbene sia ancora presto perché le novità si concretizzino in una nuova giurisprudenza, vi sono ora più speranze perché i contribuenti siano maggiormente protetti dalle pretese del fisco, come sottolinea Antonio Damascelli, presidente di Uncat (Unione Nazionale Camere Avvocati Tributaristi): «Il primo impatto della riforma sui processi in corso riguarda le prove, e in particolare la circostanza che, mentre prima della riforma l’Agenzia delle Entrate poteva basare le sue pretese, non solo sulle presunzioni legali, ma anche su quelle semplici, per cui bastava, ad esempio, affermare che un’attività imprenditoriale in perdita non era credibile, con la conseguenza che si potevano imputare ricavi in nero, ora questo non è più possibile, dovendo l’ufficio provare tali affermazioni documentalmente, con l’indicazione delle prove nell’atto, non potendo più fare ricorso a dichiarazioni generiche ed astratte. Inoltre, la possibilità di fare ricorso alle prove testimoniali, e la previsione che il giudice tributario debba prendere una decisione sulla base delle prove, costituiscono ulteriori elementi, che possono rafforzare la posizione del contribuente nelle vertenze con il fisco».

La riforma ha anche altri aspetti positivi, e al tempo stesso presenta qualche criticità, come osserva Gianni Di Matteo, presidente della camera degli avvocati tributaristi di Roma, e consigliere nazionale di Uncat: «Oltre alla novità positiva del giudice monocratico per le liti fiscali fino a 3.000 euro, la riforma offre la possibilità di godere di un altro vantaggio di non poco conto, ossia la possibilità di fissare la sospensione cautelare della riscossione degli atti in pendenza di giudizio, e a questo scopo abbiamo concordato un appuntamento con il presidente della Corte di giustizia tributaria di Roma, affinché siano date direttive ai presidenti di sezione, per una fissazione, entro 30 giorni dalla domanda, delle udienze per le sospensioni, che con il previgente regime non venivano, almeno a Roma, mai fissate. Per contro, lamentiamo che la fase della mediazione sia stata lasciata allo stesso organo che ha emesso l’atto, e non attribuita ad un soggetto terzo».

Un altro punto forte della riforma del processo tributario è l’introduzione della figura del giudice togato specializzato, ma come ricorda il presidente di Uncat Damascelli, questo pilastro della riforma darà frutti solo nel lungo termine: «Il Ministero dell’Economia dovrà organizzare nel 2023 un concorso per creare il primo corpo di giudici tributari, ma prima che essi sostituiscano quelli attuali, laici e togati, non specializzati, occorre attendere che questi ultimi vadano in pensione, e quindi occorreranno molti anni, se non decenni, per avere a regime questo caposaldo della legge 130/ 2022».

Per contro, vi è un effetto immediato della riforma, che riguarda le cause tributarie giacenti in Cassazione, che, come fanno sapere da Uncat, rappresentano circa il 50% di tutte le decisioni attese dalla Suprema Corte. «In pratica – specifica Damascelli – quando la lite è in Cassazione dopo una doppia sconfitta del fisco, è possibile chiudere la vertenza pagando il 5% delle imposte richieste, ma solo a condizione che queste non superino la soglia di 100.000 euro, mentre se il fisco ha perso solo una volta, per neutralizzare la pretesa fiscale, bisogna pagare il 20% delle imposte richieste, purché l’importo non sia superiore a 50.000 euro».

Su questa misura Di Matteo non nasconde qualche perplessità: «Innanzitutto si avrebbe potuto stabilire la soglia dei 100.000 euro per entrambi i casi, senza contare che il riferimento per la quantificazione della soglia è la pretesa del fisco nell’atto originario, e non in quello emerso dopo il doppio giudizio; infine si nota che la disposizione non considera il caso delle controversie rinviate dalla Cassazione al giudice di merito, per le quali non è chiaro se questa misura di deflazione sia applicabile».

Ma quale impatto avrà questa riforma sui rapporti tra contribuenti e fisco? «Come tutte le riforme – ammette Damascelli – molto dipenderà dai soggetti coinvolti, e quindi dai contribuenti e dall’Agenzia delle Entrate. Se da una parte è ragionevole attendersi migliori decisioni da parte di giudici togati specializzati, circostanza che dovrebbe ridurre il numero di ricorsi in futuro, dall’altra parte è innegabile che un approccio aggressivo da parte degli uffici, per i quali lo Statuto dei diritti dei contribuenti rimane spesso lettera morta, anche a causa di documenti di prassi e di diverse deroghe legislative, certamente questo non costituirà una buona premessa per ridurre le liti in ambito tributario».

Da Il Dubbio

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