Anno: XXV - Numero 159    
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Riforma dell'accesso alla professione forense: le posizioni di AIGA e ANF

I punti salienti del confronto tra le associazioni di settore, in occasione del dibattito in Commissione Giustizia sulle proposte di legge Di Sarno e Miceli

Riforma dell'accesso alla professione forense: le posizioni di AIGA e ANF

Lo scorso 10 dicembre la Commissione Giustizia della Camera ha proceduto all’audizione dei rappresentanti delle associazioni di settore nell’ambito dell’esame delle proposte di legge a firma degli onorevoli Miceli e Di Sarno, di riforma di accesso alla professione forense.

Sono stati ascoltati, in videoconferenza, l’avvocato Antonio De Angelis, presidente dell’A.I.G.A. (Associazione Italiana Giovani Avvocati) e l’avvocato Luigi Pansini, segretario nazionale e rappresentante dell’A.N.F. (Associazione Nazionale Forense), che hanno esposto i punti di vista delle rispettive associazioni sul tema.

La posizione dell’AIGA

L’A.I.G.A., fautrice delle istanze riformiste poi confluite nella proposta Miceli, vi guarda ovviamente con favore, plaudendo però anche all’iniziativa Di Sarno, in particolare alla previsione dell’obbligo di motivare i voti delle prove d’esame e del diritto ad un compenso minimo per il praticante, commisurato alla quantità e qualità dell’apporto fornito durante il tirocinio.

L’esame di abilitazione, osserva il presidente A.I.G.A. De Angelis, così com’è attualmente strutturato e disciplinato, assomiglia molto più ad un concorso pubblico che ad una prova volta a saggiare le reali competenze del futuro professionista.

Soprattutto i pareri, in cui si sostanzia la prima prova scritta, oltre a discostarsi totalmente da quelli che l’avvocato è chiamato a redigere per i propri clienti, spesso non rispecchiano l’ambito di effettiva competenza del candidato: chi ha svolto la pratica nel settore civile è infatti costretto a cimentarsi (e a vedersi suo malgrado valutato) anche su prove di diritto penale e viceversa.

A ciò si aggiunga che a partire dal 2022 diventeranno obbligatorie le scuole forensi, corsi di formazione da svolgere durante il tirocinio, la cui frequenza, con superamento del relativo esame finale, è condizione propedeutica e necessaria per l’accesso all’esame di abilitazione.

Ebbene – osserva il rappresentante A.I.G.A.- considerando che le scuole di formazione prevedono lo svolgimento di tre prove scritte (due intermedie e una finale) – in assenza di una riforma d’esame, il praticante si troverebbe a sostenere ben sei scritti prima di poter accedere all’orale.

Non esiste, perlomeno in Italia, nessun esame di abilitazione con un numero così elevato di prove scritte.

La necessità di riformare l’accesso alla professione forense

L’Avvocatura – osserva De Angelis – è ben consapevole della necessità di una riforma sistemica di accesso alla professione forense, partendo proprio dal percorso universitario.

Un simile intervento, tuttavia, produrrebbe effetti apprezzabili solo a lunghissimo termine, considerando l’avvio e il completamento del percorso di studi.

Tempi troppo lunghi per il presidente A.I.G.A., secondo cui “non possiamo permetterci di condannare generazioni di praticanti avvocati a un esame, come quello che viene sostenuto attualmente”, per altri sette – otto anni.

Occorre quindi intervenire quantomeno sull’esame di abilitazione, in attesa di una riforma organica di più ampio respiro.

Il plauso dell’AIGA alle due proposte

Tra i punti delle proposte di legge cui l’A.I.G.A. guarda con maggior favore vi è quindi lo snellimento delle prove d’esame – con eliminazione dei pareri in favore di un atto giudiziario che valorizzi appieno il percorso di specializzazione del candidato – ma anche la previsione della doppia sessione annuale e la facoltatività, o quantomeno la gratuità delle scuole forensi.

Altro aspetto particolarmente apprezzato è l’ultrattività delle prove scritte e la possibilità di svolgerle con l’ausilio di strumenti informatici, considerando che la cattiva calligrafia del candidato, e quindi la difficoltà di lettura degli elaborati da parte dei commissari, contribuisce, come è noto, all’esito negativo delle prove.

La posizione dell’ANF

Di segno opposto l’A.N.F., che sulla scia di quanto già affermato dal Consiglio Nazionale Forense, evidenzia a sua volta le criticità della disciplina di accesso all’esercizio della professione.

L’inefficienza del sistema attuale – osserva l’avvocato Pansini – è confermata da una drastica riduzione del numero dei candidati, complice un esame di abilitazione anacronistico, immeritocratico e del tutto inidoneo a valutare la preparazione degli aspiranti avvocati, non garantendo il ricorso a criteri di giudizio univoci su tutto il territorio nazionale.

Malgrado l’esigenza di riformare il sistema, l’A.N.F. boccia entrambe le proposte di legge, reputandole non risolutive rispetto alle criticità esistenti.

Unici punti salvi sono la facoltatività delle scuole forensi – così da non gravare eccessivamente il praticante, consentendogli di formarsi anche all’estero – e la possibilità di utilizzare i codici in occasione degli scritti, ma solo quelli annotati con la giurisprudenza e senza commenti.

Per il resto non convincono la semplificazione e la riduzione del numero di prove d’esame, così come la previsione di una doppia sessione annuale o l’obbligo di motivazione dei voti, che secondo l’A.N.F. alimenterebbe in modo esponenziale i ricorsi al T.A.R., paralizzando il lavoro delle commissioni d’esame.

Altro punto fortemente contestato è la previsione del diritto ad un equo compenso per il praticante, contenuta nella proposta Di Sarno; previsione che il rappresentante dell’A.N.F. Pansini reputa inattuabile, sia per la difficoltà nel quantificare l’apporto offerto dal tirocinante, sia perché un analogo compenso non esiste per gli avvocati e avrebbe ragion d’essere solo se venissero ripristinate le tariffe minime obbligatorie.

Le proposte dell’ANF

L’Associazione ha quindi concluso il proprio intervento condividendo un’idea di riforma che, inserendosi nel solco della disciplina vigente, ipotizza un esame di abilitazione suddiviso in tre prove: un test a risposta multipla, un atto scritto su una traccia scelta dal candidato tra quelle proposte dalla commissione e una discussione orale su un caso pratico, ad esempio una materia indicata all’atto di presentazione della domanda d’esame.

Un punto cui è dato particolare risalto, in linea con quanto auspicato anche da A.I.G.A., è l’ampio ricorso alla tecnologia e a strumenti di correzione automatica, in modo da garantire criteri di valutazione omogenei su tutto il territorio nazionale.

Per la preparazione all’esame di avvocato si segnalano:

Fonte Altalex

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