Separazione delle carriere, Nordio cerca il dialogo con le toghe
Accoglienza tiepida per il guardasigilli al Congresso nazionale Anm. Pinelli: “L’imparzialità dei magistrati è anche un dovere”
Secondo giorno del 36esimo Congresso dell’Associazione Nazionale Magistrati. Tra i primi ad intervenire il vice presidente del Csm Fabio Pinelli: “La magistratura si vede attaccata e condizionata dalla politica nella sua libertà interpretativa (e quindi anche nella sua autonomia e indipendenza), libertà interpretativa che in fondo risulta essere la prima garanzia, potremmo dire il prerequisito, dell’imparzialità”. Tuttavia “alla luce di ciò che la rivoluzione ermeneutica del diritto ha significato nell’uso pratico, con particolare riguardo alle cd. ‘interpretazioni orientate’ (alla Costituzione, alla CEDU e al diritto dell’UE)” bisogna “ripensare, o per meglio dire aggiornare storicamente, il concetto di imparzialità nella prospettiva dell’interpretazione è dunque importante”.
Per il numero due di Piazza Indipendenza “è necessario ripensare in modo originale il rapporto imparzialità/interpretazione, partendo da alcuni punti e cercando di capire se su questo terreno possiamo trovare elementi di sintesi comune”. Come? “La magistratura non deve approcciarsi all’imparzialità unicamente come proprio ‘diritto’, ma intenderla anche come un proprio ‘dovere’: il dovere di essere e ‘apparire’ imparziali nella interpretazione”. E infine: “La politica deve assicurare le condizioni per un’interpretazione imparziale, attraverso tecniche legislative adeguate che attualmente non si è in grado o non si vuole compiere. Ogni legge deve essere uniforme alla nostra Costituzione e alle normative europee, solo con la comprensione reciproca tra politica e magistratura si può ottenere il bene di coloro cui la giustizia è destinata”.
Un applauso tiepidissimo invece ha accolto il Ministro della Giustizia Carlo Nordio al suo ingresso nella sala del Congresso. Il Guardasigilli ha esordito: “Grazie dell’invito e anche del vostro applauso”. Ha parlato di quanto affrontato nel G7 della giustizia: immigrazione illegale, criminalità organizzata internazionale, criticità dell’intelligenza artificiale, “che può essere buona o cattiva”. Essa va presa “come opportunità e non come fonte di disgrazia. Serve per l’organizzazione degli uffici e la ricerca giurisprudenziale ma mai potrebbe sostituirsi all’intelligenza e indipendenza del magistrato”. Poi ha sottolineato che bisognerà affrontare il problema del fentanyl, “forte stimolo per la criminalità organizzata e grande sfida per le procure della repubblica”.
Il Guardasigilli ha poi parlato delle riforme di cui ha bisogno la giustizia: “Saremmo tutti d’accordo sul fatto che occorrono riforme che incentivino efficienza della giustizia: tre concorsi in via di definizione. Bisogna colmare i vuoti della magistratura entro il 2026”. Poi è passato al pomo della discordia, ossia la riforma costituzionale della separazione delle carriere e del Csm: “Con la mia presenza qui, il mio messaggio è: incontriamoci sulle cose su cui potremmo e dovremmo essere d’accordo. Io ho sempre accettato, non ho mai querelato, il dissenso è il sale della democrazia”. “Ho letto delle cose che mi hanno lasciato un po’ stupito – ha proseguito il responsabile di Via Arenula – che ci sarebbe stata una preoccupazione, in base al famoso accordo di Bordeaux. Noi ci atterremo perfettamente a quella che è la convenzione di Bordeaux (si può leggere cliccando qui, ndr)”.
“Spero che non si parli più di conflitto tra politica e magistratura. Si potrà parlare di dialogo franco, di dialogo acceso, di idee opposte, di proposte che possono venire da parte vostra”, anche perché “nessuno ha mai pensato che un’eventuale riforma, come quella che gli elettori ci hanno incaricato di fare, possa vulnerare la democrazia né tantomeno l’indipendenza della magistratura requirente o giudicante. Questo non significa affatto che le cose sono già state scritte o irrimediabilmente decise. Noi, sempre nei limiti franche di leale collaborazione, senza retropensieri o riserve mentali, le cose che vorremmo fare le diciamo. Quelle che possiamo fare insieme cercheremo di farle”.
Sulla riforma del Csm ha specificato: “La prevalenza dei magistrati togati sarà assoluta in qualsiasi riforma del Csm. Questo non è in discussione. Nella mia idea originale addirittura il Csm dovrebbe essere composto solo da magistrati proprio per assicurare al massimo indipendenza della magistratura da qualsiasi interferenza del potere politico”. A domanda dei cronisti su quando la riforma arriverà sul tavolo del Cdm, Nordio ha fatto capire che i tempi si allungano: “C’è una campagna elettorale molto intensa, sia il Parlamento che il Governo non riescono a riunirsi spesso. Vedremo”.
Ha commentato Rocco Maruotti, esponente di Area del Cdc: “La Dichiarazione di Bordeaux non fa alcun riferimento alla separazione delle carriere, ma delinea lo statuto minimo di indipendenza della magistratura. La riforma a cui ha fatto riferimento il Ministro ha, invece, come obiettivo la creazione di due ordini completamente distinti tra giudici e pubblici ministeri, a cui si accede mediante concorsi diversi e governati da due Csm separati. Si tratta di un modello che, così come è pensato, non potrà essere calato nelle realtà senza mettere in crisi l’indipendenza della magistratura requirente, perché in nessun ordinamento democratico sarebbe ammissibile un corpo di 2000 persone (quanti sono i pubblici ministeri in Italia) con le prerogative di cui godono oggi, in termini di autonomia e indipendenza anche nella gestione della polizia giudiziaria, ma sganciato dalla giurisdizione e senza una legittimazione popolare e quindi una sottoposizione al potere Esecutivo. Il Ministro si affanna a ripetere che questa riforma non comporterà mai una sottoposizione del pm al potere Esecutivo. Ma le sue rassicurazioni non possono valere anche per chi verrà dopo di lui e una volta che l’argine sarà rotto l’indipendenza della magistratura requirente non sarà più assicurata”.
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