Toghe compatte contro il governo
Uno scontro infinito sulla separazione delle carriere: depositato il parere contrario alla riforma Nordio che approda in plenum l’8 gennaio.
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Una relazione di 60 pagine evoca sia il rischio della dipendenza dei pubblici ministeri dal potere politico, sia quello della formazione di un “corpo autonomo di funzionari-pm” “sottratto a qualsiasi forma di confronto e controllo” “i passaggi da Pm a giudice – si legge nella bozza di relazione — riguardano percentuali largamente inferiori all’1% dell’organico in servizio.
In calce, le firme di tutte le componenti: dalla corrente di destra Mi, consigliere Eligio Paolini, al laico del Pd Roberto Romboli, dall’esponente di Area Antonello Cosentino a quello di Unicost Roberto D’Auria insieme a Roberto Fontana, l’indipendente vicino alla sinistra.
L’altra relazione invece, favorevole alla separazione delle carriere (la riforma “è necessaria” e “pone al centro del sistema giudiziario la garanzia dei diritti e la tutela delle libertà dei cittadini”), porta la firma del laico di FdI, Felice Giuffré, ed è il tentativo di dividere il parlamentino dei magistrati, dopo l’unità mostrata dai giudici nell’Assemblea dell’Anm di fine anno. Che ha dato il via anche alla formazione nel Paese di comitati referendari anti-separazione aperti alla società civile e ad esponenti dell’Accademia e dell’avvocatura.
Tornando al parere depositato dai cinque consiglieri, invece, il disegno riformatore della destra al governo, “pur lasciando formalmente intatti” presìdi e garanzie, nel concreto sviluppo della riforma, “non elimina il rischio di un affievolimento dell’indipendenza del Pm rispetto agli altri poteri dello Stato”.
Anzi, la previsione è ben più fosca quando i consiglieri scrivono che “secondo alcuni, la separazione delle carriere unitamente alla contestuale istituzione di un autonomo organo di autogoverno composto esclusivamente da magistrati requirenti, con membri laici, porterebbe alla separazione di un corpo,di funzionari pubblici ,deputato alla direzione della polizia giudiziaria, essenzialmente autoreferenziale; un secondo e autonomo potere giudiziario, indipendente da ogni altro”. E citano così le parole del costituzionalista Alessandro Pizzorusso: “Il potere dello Stato più forte che si sia mai avuto in alcun ordinamento costituzionale dell’epoca contemporanea”.
Nel clima politico riacceso, nelle scorse settimane, dalle sentenze nei confronti di Renzi e Salvini, la relazione bipartisan non manca poi di ribadire i due dati di fatto: non solo “i passaggi dall’una all’altra funzione”, da pubblico ministero a giudice, “riguardano percentuali largamente inferiori all’1% dell’organico in servizio”, ma sono condizionati da “limitazioni di natura funzionale e territoriale” tali da non poter comportare, “neanche sotto il profilo dell’apparenza, rischi di ricadute negative in termini di imparzialità e terzietà”.
D’altra parte, scrivono i cinque consiglieri che hanno firmato il parere contrario, “appare indubbio che l’evocato necessario miglioramento della qualità e dell’efficienza della giurisdizione passi per un superamento delle persistenti criticità organizzative che caratterizzano il servizio giustizia, dal fronte delle carenze degli organici del personale amministrativo e dei magistrati, a quello delle difficoltà insite nel cammino di informatizzazione delle procedure e degli uffici giudiziari, temi sui quali è impegnata l’azione del ministro della Giustizia”
Estratti da Repubblica.it Dagospia
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