Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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Un primo freno alle distorsioni del processo mediatico.

L’emendamento approvato dalla Camera dei Deputati, che introduce il divieto di pubblicazione "integrale o per estratto" del testo dell'ordinanza di custodia cautelare rappresenta un primo freno alle distorsioni del processo mediatico.

Un primo freno alle distorsioni del processo mediatico.

Il documento della Giunta e dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria

Accogliamo con favore ed un certo orgoglio la notizia dell’approvazione, da parte della Camera dei Deputati, di un emendamento alla legge di delegazione europea che introduce il divieto di pubblicazione “integrale o per estratto” del testo dell’ordinanza di custodia cautelare, perché si inizia ad andare nella direzione da noi auspicata fin dal 28 settembre 2021 quando, in sede di audizione innanzi alla Commissione Giustizia della Camera dei Deputati depositammo – a nome dell’Unione Camere Penali Italiane – una specifica proposta di “codice dell’informazione giudiziaria” (pubblicata poi sulla nostra rivista “Diritto di difesa”: https://dirittodidifesa.eu/direttiva-europea-su-presunzione-di-innocenza-e-schema-di-legge-le-note-dellunione/ ).

La prassi di divulgare le ordinanze cautelari che riproducono testualmente interi atti di indagine o stralci di essi (intercettazioni, s.i.t., etc.) rende facilmente accessibili al giudice del dibattimento elementi di prova prima del necessario e preventivo vaglio di ammissibilità processuale.

Abbiamo sempre proposto alle forze politiche di eliminare l’aggiunta inserita dalla Riforma Orlando sulla pubblicità e dunque sulla pubblicazione di questi provvedimenti e di rafforzare così il meccanismo sanzionatorio relativo alla violazione dei divieti di cui all’art. 114 c.p.p.

Abbiamo sempre sostenuto che non ha senso presentare all’opinione pubblica un indagato come presunto innocente attraverso formule di stile se poi, contestualmente, si riproducono e divulgano i passi di un provvedimento cautelare motivato sulla base dei soli elementi raccolti e selezionati dalla sola accusa.

Naturalmente non si sono fatte attendere le reazioni degli oppositori delle garanzie.

Un quotidiano è già insorto con lo slogan “giù le mani dall’ordinanza cautelare” definendola orgogliosamente “l’atto con cui il pubblico ministero ufficializza la sua richiesta di andare a processo”, come se la richiesta di un processo significasse automaticamente essere colpevoli.

E senz’altro qualcuno, oggi, parlerà di bavaglio alla stampa e di violazione dell’art. 21 della nostra Costituzione, senza curarsi di bilanciare, per interesse elettorale, professionale o economico l’effettivo valore dei beni in gioco.

Anche una parte del mondo del giornalismo più attento alle garanzie solleva dubbi sulla sottrazione delle ordinanze di custodia cautelare al controllo della stampa che, a suo avviso, può essere esercitato anche a tutela delle persone arrestate. In questo modo, oltre a ritenere in modo errato che la non pubblicabilità dell’atto equivalga alla non criticabilità del merito dello stesso, scivola nell’equiparazione tra fase cautelare e fase processuale, tra indagini e processo, e ritiene di doversi sostituire alla libera scelta della persona sottoposta a cautela di rendere pubblici gli atti per denunciare alla stampa eventuali abusi.

Sulla bilancia, accanto al piatto occupato dalla libertà di stampa ed informazione, ci sono quelli senz’altro più pesanti in cui, insieme alla presunzione di innocenza – principio costituzionale che attiene ai rapporti civili e non solo all’amministrazione della giustizia – siedono a pieno titolo, la terzietà del giudice, l’inviolabilità della difesa, la riservatezza delle informazioni d’accusa elevate a carico del cittadino, insomma, tutte le declinazioni dell’art. 111 della Costituzione.

La neutralità psicologica del giudicante (c.d. virgin mind) è un principio cardine del processo accusatorio e richiede che il giudice arrivi al dibattimento sgombro da pregiudizi, dovendo assistere davanti a sé alla formazione della prova nel contradditorio di accusa e difesa, così che la tutela del segreto investigativo è stata ritenuta esplicazione anche della garanzia di neutralità.

Una neutralità che cade rovinosamente in un paese in cui le ordinanze di custodia cautelare, oltre ad essere emesse in gran numero, vengono addirittura pubblicate in edicola e magari rilegate in un libro – così come è accaduto per il famigerato caso di Bibbiano – in modo da anticipare di qualche anno, senza inutili contraddittori e perdite di tempo, le sentenze di condanna.

L’emendamento dell’Onorevole Enrico Costa e delle forze politiche che lo hanno promosso e approvato rappresenta un passo importantissimo, che si iscrive finalmente ed in modo deciso in un’ottica ripristinatoria di quegli equilibri necessari che sovrintendono alla celebrazione del giusto processo.

Un processo che la stampa potrà e dovrà raccontare prendendo finalmente in considerazione ciò che accade in aula, seguendo una corretta rappresentazione delle prove, senza anticipare soluzioni o verità storiche che prescindano dal processo.

Un primo freno alle distorsioni del processo mediatico e alle costanti violazioni di fondamentali principi costituzionali che attengono al vivere civile, prima ancora che alla corretta amministrazione della giustizia.

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