Unaep: l’esame a quiz l’ abilitazione alla professione forense è offensivo per la professione
Lo afferma Antonella Trentini, presidente dell'Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici
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“L’esame di abilitazione alla professione forense non è un concorso, non vi sono un numero predefinito di posti, bensì si tratta di una prova post-tirocinio a cui un candidato viene sottoposto per accertarne l’idoneità all’esercizio della professione forense. Ridurla ad un quiz è offensivo per la categoria oltre a non rispettare il ruolo di una professione che è tutelata dalla Costituzione italiana”. Così in una nota Antonella Trentini, presidente dell’Unione Nazionale Avvocati Enti Pubblici (Unaep), commenta la proposta contenuta in un disegno di legge a firma della senatrice del gruppo misto Sandra Lonardo, che vorrebbe riformare le modalità di abilitazione alla professione forense alla luce dell’emergenza covid, introducendo un quiz a risposta multipla per diventare avvocato.
“Con questa proposta – osserva Trentini – si rischia di passare da un esame errato, perché completamente avulso dalla verifica della capacità ad esercitare la professione forense e inutilmente duplicatorio di verifiche universitarie già compiute, ad una prova che neppure può chiamarsi esame, dato che, da quanto si legge, dovrebbe fondarsi su quiz a risposta multipla ove “basterà indovinarne 70 in 3 ore” su 90. Il quiz, come noto, è una forma di preselezione e dunque una scrematura ad excludendum adottata nei concorsi in cui vi siano un numero esorbitante di partecipanti rispetto ad numero di posti predefinito, per far sì che una parte di essi possa assicurarsi il passaggio alle successive prove effettive”.
“L’attuale sistema di accertamento dell’idoneità è certamente lungo e farraginoso e la situazione emergenziale ne ha amplificato tali negative caratteristiche”, spiega l’avvocato Trentini. “Come Unaep riteniamo, infatti, che l’esame debba essere composto da una prova scritta e da un orale, ove la prima dovrebbe essere la redazione di un atto processuale, introduttivo o difensivo in primo grado o in appello, da scegliere fra tracce di civile, penale e amministrativo; e l’orale dovrebbe attestarsi nella discussione di una causa, da estrarre fra le materie indicate dal candidato a seconda della tipologia di praticantato svolto. In questo modo le sessioni di abilitazione sarebbero più semplici e rapide da svolgersi: correzione di un solo atto processuale e discussione di una sola causa”.
“Tale sistema – vale a dire una prova scritta di redazione di un atto processuale, introduttivo o difensivo in primo grado o in appello e una orale di discussione di una causa – dovrebbe essere esteso ai concorsi pubblici per il reclutamento degli avvocati dipendenti degli Enti pubblici, ove troppo spesso si decidono prove scollegate dalle funzioni della professione forense che dovranno essere svolte”, conclude il presidente di Unaep.
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