Centrodestra per le rinnovabili, centrosinistra contro.
Il mondo sottosopra della Sardegna.
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Quasi inosservato, ieri, il governo italiano ha aperto uno ‘scontro legislativo’ con la regione Sardegna. Lo ha fatto in Consiglio dei ministri, impugnando una norma regionale di inizio estate con cui la giunta guidata da Alessandra Todde ha imposto lo stop all’installazione di nuovi impianti per la produzione di energia eolica e solare sul territorio isolano. Sì, avete capito bene: il centrosinistra in Sardegna va in direzione opposta alle politiche ambientaliste – spesso identificate come un cavallo di battaglia del progressismo – mentre il centrodestra nazionale cerca di favorirle. In realtà questa prima, apparente, contraddizione politica è solo la punta dell’iceberg di un cortocircuito scattato quest’estate in terra sarda e che ha mandato in tilt il classico schema politico-ideologico che siamo abituati a vedere in funzione solitamente quando si parla di questi temi.
In realtà la prima delle molteplici contraddizioni di tutta questa storia la rinveniamo già durante la riunione del Consiglio dei ministri. HuffPost ve ne ha parlato ieri: su proposta del ministro dell’Ambiente e della Sovranità energetica, Gilberto Pichetto Fratin, l’esecutivo ha approvato il cosiddetto Testo unico sulle energie rinnovabili, ufficialmente volto a semplificare gli iter autorizzativi per l’installazione sul territorio nazionale di pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Nei fatti però, come denunciato dalle imprese del settore elettrico, a partire da Elettricità Futura, il decreto pone anche nuovi ostacoli alla diffusione delle rinnovabili, a partire dalla necessità di chiedere i permessi alle soprintendenze territoriali anche solo per ammodernare o potenziare un impianto già esistente. Una scelta che ha scontentato le imprese, convinte che, a questo punto, sia sempre più difficile per l’Italia centrare gli obiettivi posti dal Green New Deal dell’Unione Europea per il 2030.
Nonostante ciò, durante la stessa riunione, il Consiglio dei ministri ha deliberato l’impugnazione di una legge regionale della Sardegna approvata dalla nuova giunta di centrosinistra che si è insediata in primavera a Cagliari, guidata dalla pentastellata Alessandra Todde. Il provvedimento sardo in questione è una moratoria di 18 mesi che la giunta ha adottato a luglio per bloccare l’installazione di nuovi impianti rinnovabili sul territorio isolano. Una mossa, quella del centrosinistra sardo, che risponde a un’istanza proveniente da una parte degli ambientalisti sardi che sono pronti a tutto pur di non vedere “deturpata” la loro terra “dall’assalto dell’eolico”. Insomma, altro paradosso: parte degli ambientalisti sardi, per ragioni paesaggistiche, rifiutano l’arrivo delle rinnovabili. La ragione dello stop deciso a pochissime settimane dall’insediamento della nuova giunta regionale a Cagliari è che, in Sardegna, negli ultimi due anni si sono moltiplicati i progetti green: se ne contano fino a 800 su tutta l’isola.
Una moltiplicazione che, come noto, ha riguardato anche il resto d’Italia, dovuta principalmente alla semplificazione degli iter burocratici, previsti in precedenza, operata nel 2021 dal governo di Mario Draghi. Un esecutivo in cui, alla casella di viceministro allo Sviluppo economico figurava l’attuale governatrice sarda, Alessandra Todde. L’esponente del Movimento 5 Stelle si è giustificata, affermando di aver sostenuto quelle semplificazioni senza conoscerne le conseguenze: “Non mi sono probabilmente accorta di quanto fosse complicato da gestire successivamente” ha affermato qualche giorno fa all’Unione Sarda. A fine luglio, durante una visita in Sardegna, interpellato sull’argomento moratoria, il vicepremier e leader della Lega, Matteo Salvini, ha parlato di “battaglia di buon senso”, come del resto era prevedibile dato il tradizionale scetticismo del Carroccio sul Green Deal. Altro paradosso: fino allo scorso marzo, a guidare la Sardegna c’era Christian Solinas, leader del Partito Sardo d’Azione e stretto alleato della Lega sull’isola, partito con il quale lo stesso Solinas si fece eleggere in Parlamento nel 2018. Nonostante ciò, da governatore, Solinas non ha mai proceduto ad alcuna moratoria anti-green.
Todde si è giustificata in queste settimane di aspra polemica: “La Sardegna – ha detto – deve prima di tutto produrre energia per sé stessa” e poi diventare, se ne avanza, “grossista sul mercato” pronta a cederla anche al resto d’Italia. Quello della governatrice del centrosinistra non è altro che ‘sovranismo energetico’ a detta di svariati osservatori. Fortemente criticato, tra l’altro, dalla Legambiente sarda che, insieme a Greenpeace Italia, Wwf e Kyoto Club, ha criticato fortemente la moratoria, definendola in linea con “gli interessi del mondo delle energie fossili (del gas naturale in primis)”. Una posizione, quella del governo sardo, che fa leva sul presunto diritto di ogni regione a poter gestire l’energia prodotta sul proprio territorio a propria discrezione, seguendo un principio di autonomismo che, come noto, è molto caro al centrodestra, alla Lega in particolare, ma non più di tanto all’alleanza Pd-M5s – la stessa che sostiene Todde in Sardegna – impegnata proprio in questi giorni nella raccolta firme, a livello nazionale, contro la riforma dell’autonomia differenziata.
Riforma cavallo di battaglia del ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, il leghista Roberto Calderoli. Per la cronaca, a mettere la prima firma, ieri, sul provvedimento di impugnazione della legge regionale sarda è stato proprio Calderoli. E per chiudere il cerchio manca un ultimo elemento, quello con cui è iniziata la disamina: a salutare con entusiasmo la scelta pro-green del governo di centrodestra è stata proprio Elettricità Futura, la stessa associazione di riferimento del settore elettrico italiano fresca di critica verso il Testo unico delle rinnovabili approvato negli stessi minuti. La motivazione con la quale l’associazione guidata da Agostino Re Rebaudengo ha chiesto al governo di impugnare il provvedimento regionale? La norma, si legge in un comunicato, è in contrasto con le regole europee che prevedono “il principio della prevalenza dell’interesse alla realizzazione di impianti rinnovabili rispetto a interessi concorrenti sino al raggiungimento della neutralità climatica”. Tradotto: il governo doveva impugnare la legge sarda di fronte alla Corte Costituzionale in quanto norma in contrasto con il Green Deal europeo. Lo stesso impianto di riforme verdi di Bruxelles tanto osteggiato da larga parte dell’attuale maggioranza di governo.
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