Davvero 21 mila medici italiani sono andati all’estero?
Il dato della Schlein non torna.
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Il 26 giugno, in un intervento alla Camera dei deputati, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha difeso la sua proposta di legge con cui ha chiesto che la spesa sanitaria non possa mai scendere sotto a un valore pari al 7,5 per cento del Pil. Nel suo discorso Schlein ha accusato il governo di non aver messo abbastanza risorse sulla sanità e a sostegno della sua tesi ha detto che «21 mila medici» italiani si sono trasferiti all’estero perché «non ci sono più le condizioni» e «non riescono più a lavorare» in Italia.
Al di là del dibattito sulle risorse per la sanità, di cui ci siamo occupati in altri fact-checking, il dato dei 21 mila medici andati a lavorare fuori dal nostro Paese è attendibile? Abbiamo controllato e, in breve, la risposta è no.
Nel suo intervento in aula Schlein non ha citato la fonte del numero sui medici andati via in questi anni dall’Italia. Di recente però alcuni quotidiani, tra cui il Corriere della Sera, hanno scritto che tra il 2019 e il 2021 21.397 medici sono andati all’estero. La fonte di questo numero è il sindacato di categoria Sumai, una sigla che sta per “Sindacato unico medicina ambulatoriale italiana”. Sul suo sito ufficiale, questo sindacato dice di rappresentare «il 90 per cento dei medici specialisti presenti sul territorio italiano».
Il dato degli oltre 21 mila medici trasferitisi all’estero in tre anni è contenuto in un rapporto pubblicato da Sumai a ottobre 2023. Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ha scritto il sindacato, «negli ultimi tre anni – 2019, 2020 e 2021 – sono andati all’estero 21.397 medici». Dunque, come prima cosa va sottolineato che questo numero, a differenza di quanto lasciato intendere da Schlein, non fa riferimento al periodo attuale, visto che il governo Meloni si è insediato a ottobre 2022.
Il rapporto contiene poi una tabella con la classifica dei Paesi dove si sono trasferiti più medici nel triennio considerato. Al primo posto c’è Israele, con 4.357 medici trasferiti arrivati dall’Italia in tre anni, al secondo posto il Regno Unito (3.659) e al terzo posto la Francia (3.368).
Come detto, secondo Sumai la fonte di questi dati è l’Ocse, che però è stata interpretata in modo scorretto. Nel suo database statistico, l’Ocse raccoglie i dati sulle nazionalità dei medici stranieri che sono emigrati per lavorare nei Paesi membri dell’organizzazione e fornisce due tipi di statistiche. La fonte per i dati italiani usata a sua volta da Ocse è Fnomceo, ossia la Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri.
Da un lato, nel database di Ocse è possibile sapere quanti medici stranieri alla fine di un determinato anno hanno l’autorizzazione a lavorare in un determinato Paese membro dell’organizzazione. Dall’altro lato, il database di Ocse fornisce il numero dei medici stranieri che ogni singolo anno hanno ricevuto l’autorizzazione a lavorare in un determinato Paese membro dell’organizzazione. In parole semplici, la prima statistica indica una quantità “stock”, ossia fotografa quanti medici stranieri, divisi per nazionalità, sono autorizzati a lavorare in un Paese alla fine di un singolo anno. La seconda statistica indica una quantità “flusso” (annual inflow), ossia fotografa il numero di nuovi medici, divisi per nazionalità, che arrivano dall’estero e ottengono l’autorizzazione a lavorare in un singolo anno.
Torniamo alla tabella del rapporto di Sumai, in cui si dice che tra il 2019 e il 2021 4.357 medici sono andati a lavorare dall’Italia in Israele, primo Paese in classifica per scelta. Questo numero si ottiene sommando i dati annuali dell’Ocse relativi al numero di medici italiani che ogni anno erano autorizzati a lavorare in Israele tra il 2019 e il 2021. Questo numero, però, non significa che in quei tre anni oltre 4 mila medici siano partiti dall’Italia e siano andati a lavorare in Israele. I dati dei singoli anni, sommati tra loro da Sumai, indicano infatti quantità “stock”, non il flusso di medici che ogni anno sono effettivamente andati a lavorare dall’Italia in Israele. Secondo il database di Ocse, 233 medici italiani hanno ricevuto l’autorizzazione a lavorare in Israele nei tre anni tra il 2019 e il 2021.
Secondo Ocse, nel 2021 lavoravano in Israele circa 31 mila medici. Fosse corretta la stima di Sumai, vorrebbe dire che in tre anni quasi un sesto di tutti i medici in Israele era arrivato dall’Italia, un numero improbabile.
Lo stesso ragionamento vale per tutti gli altri dati riportati nella tabella. Per esempio, secondo Sumai al secondo posto tra le mete preferite dai medici tra il 2019 e il 2021 c’è il Regno Unito, con 3.659 medici italiani che si sarebbero trasferiti lì nel periodo considerato. Anche in questo caso, questo numero torna se si sommano [3] i dati “stock” dei medici italiani che nel 2019, 2020 e 2021 erano autorizzati a lavorare nel Regno Unito. Se si sommano [4] invece i dati sui “flussi” annuali, e questo è il calcolo corretto, si scopre che 600 medici italiani hanno ricevuto l’autorizzazione a lavorare in quei tre anni nel Regno Unito, molto probabilmente perché appena arrivati nel Paese.
Secondo una stima fatta nel 2023 da Fnomceo (come detto, la fonte da cui l’Ocse prende i dati), ogni anno circa mille medici italiani richiedono i certificati per potersi trasferire e lavorare all’estero, un numero più basso degli oltre settemila stimati da Sumai.
Secondo Elly Schlein, 21 mila medici italiani «sono già andati all’estero perché non ci sono più le condizioni» e «non riescono più a lavorare». Abbiamo verificato e il numero citato dalla segretaria del PD è una sovrastima, frutto di un errore di lettura.
Secondo un sindacato di categoria, che cita l’Ocse, tra il 2019 e il 2021 21.397 medici italiani sono andati a lavorare all’estero. In realtà i dati Ocse sono stati interpretati in maniera scorretta: sono stati sommati i numeri di italiani che in un singolo anno sono autorizzati a lavorare all’estero, e non quelli che si sono trasferiti in quel singolo anno.
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