Il Pd azzannato da tutti i partiti si dà regole grilline per uscire dal guado
Dopo le vicende piemontesi e pugliesi, Schlein promuove un Regolamento per le candidature con maglie più strette.
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Curriculum, casellario giudiziario e certificato penale dei candidati. E ancora: autodichiarazione con cui ci si impegna a denunciare nelle sedi competenti e agli organi di Partito eventuali fenomeni di condizionamento del voto, di voto di scambio, di intimidazione nel corso della campagna elettorale, di corruzione o di concussione nel corso del proprio mandato elettivo o amministrativo. Non è il nuovo Codice etico del Movimento 5 Stelle, ma solo alcuni dei paletti del Regolamento per la trasparenza delle candidature Pd alle amministrative 2024 messo a punto dal senatore Antonio Misiani, responsabile Economia e Commissario del partito in Campania. Le regole, formalmente concepite per il Pd nella Regione di Vincenzo De Luca, potranno essere applicate, all’occorrenza, in ogni contesto territoriale – dalla Puglia al Piemonte – in cui si rendesse necessario. A vigilare sul rispetto delle “norme” sarà addirittura Franco Roberti, europarlamentare Pd e già Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.
È questa la risposta dem alle inchieste che hanno messo sotto i riflettori le presunte disfunzioni di un potere fondato su potentati locali spesso autonomi dal resto del partito. Un partito fondato 17 anni fa, ben prima dello “tsunami” M5S, proprio su una asserita superiorità morale rispetto agli avversari di allora – Silvio Berlusconi e il berlusconismo – che ora si sente sotto attacco su tutti i fronti: politico e giudiziario. Per questo Elly Schlein prova a correre ai ripari, rimettendo al centro una questione morale che, se estremizzata, rischia di ricalcare gli errori del passato, quando i dem decisero di rinunciare al primato della politica, delegando alla magistratura il compito di selezionare la classe dirigente e deciderne le sorti. Per non finire sommerso, dunque, il Pd si grillizza un po’ con un Regolamento che somiglia tanto a quelli imposti negli anni ruggenti da Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo ai loro candidati, quando il mito dell’onestà si era trasformato nell’unica stella polare della politica, quella che avrebbe consentito a una massaia di trasformarsi in «ministro dell’Economia». Per uscire dal guado, alla segretaria dem non resta che lanciarsi in un paradosso: inseguire Giuseppe Conte, l’eterno alleato in potenza, che più di ogni altro ha picchiato sulle disgrazie del Nazarano fino a far saltare i gazebo già montati a Bari, sul suo storico terreno fertile.
Del resto, la scelta di Schlein è tutt’altro che semplice. Da un lato le alternative al grillismo, in chiave di consensi e quindi di alleanze future per battere le destre, attualmente non esistono sul piano della realtà. Dall’altro, le vicende giudiziarie che hanno interessato il Pd in Puglia e in Piemonte hanno visto praticamente tutto l’arco costituzionale coalizzarsi per azzannare i dem in difficoltà. L’ha fatto Conte, che spera di recuperare consensi in vista delle Europee dove ognuno correrà per conto proprio. L’hanno fatto, come ovvio, Fratelli d’Italia e Lega, che non hanno mai brillato per garantismo e non volevano farsi sfuggire l’occasione ghiotta di accanirsi su avversario ferito. L’ha fatto anche Forza Italia, ignorando con nonchalance l’autoproclamato baluardo azzurro di cultura garantista nel Paese. Lo hanno fatto, con silenzi o battutine, anche Matteo Renzi e Carlo Calenda, coloro i quali dovrebbero rappresentare l’alternativa “moderata” al matrimonio giallo-rosso, leader che a giorni alterni strillano il primato delle garanzie sulla barbarie del processo mediatico. Il tutto, senza tenere in conto le manovre interne al Pd stesso, dove sono in tanti ad aspettare un inciampo della segretaria per lanciarsi alla carica.
Ciliegina sulla torta: la campagna mediatica, a reti quasi unificate, sul sudicio da rimuovere dagli angoli bui del Pd. Inutile e superfluo sottolineare che saranno gli eventuali processi e non le inchieste dei pm ad accertare i fatti: in questo clima, le mosse a disposizione di Schlein erano davvero poche.
Il Regolamento è il modo più veloce per ostentare la volontà del partito di fare pulizia al proprio interno. «Il mancato rispetto delle prescrizioni del Regolamento comporterà l’esclusione dalle liste Pd e la segnalazione alle Commissioni provinciali di Garanzia», recita il testo licenziato in Campania da Misiani e dai segretari dem locali. A vigilare su tutto ci sarà dunque Franco Roberti, perché senza la supervisione di un ex magistrato antimafia la politica non è in grado di autoregolarsi.
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