Il voto inutile.
Meloni-Schlein: una sfida che è pura apparenza Si candidano ma non per essere elette: la preferenza come un like. Ma c’è qualcosa in più: il voto dichiaratamente vano, con la dissolvenza incorporata, cioè la negazione esplicita del gesto sacrale della democrazia.
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Giorgia Meloni ed Elly Schlein conoscono benissimo i tic dei media, sono figlie legittime di questo tempo ed esattamente per questi motivi hanno deciso di giocarsi la loro personale partita alle elezioni europee sull’immagine del duello: Giorgia contro Elly, Elly contro Giorgia e fuori i secondi. Ma per replicare all’ennesima potenza uno scontro verbale che è già quotidiano, hanno messo in conto una finzione: chiederanno la preferenza ma non per essere elette all’Europarlamento. Era nell’aria ed ora è diventato trasparente per entrambe: chiederanno una preferenza, ma come puro segnale di simpatia. La preferenza come un “like”. Mi piace Elly, mi piace Giorgia. Non servirà ad eleggerle: aiuterà l’elettore ad esprimere un’emozione, un plauso effimero. Come sotto a un post.
La “battaglia dei like” potrebbe apparire, a prima vista, soltanto il naturale, ennesimo slittamento di una politica massimamente personalizzata. Ma stavolta c’è qualcosa in più, anche perché la personalizzazione della politica esiste da decenni, la conosciamo e ci conviviamo, nel bene e nel male. Ma stavolta siamo oltre. In Italia, grazie a una sarabanda di leggi elettorali diversissime tra loro ai vari livelli, tanti elettori hanno la sensazione di sentirsi traditi dagli eletti. Spesso è lamento retorico, talora qualcosa in più di una sensazione: i 600 parlamentari, come è noto, sono scelti e imposti da 5-6 leader con le liste bloccate, zeppe di fedeli.
E proprio Meloni e Schlein sono le leader che più di altre si lamentano di questa distanza. La presidente del Consiglio ne ha fatto la pietra angolare del “suo” premierato: basta governi costruiti nel Palazzo. Schlein ripete che prima di tutto bisogna cambiare una legge elettorale verticistica. Nel frattempo si sono decise a darlo loro l’esempio. Un esempio serenamente capovolto rispetto alle loro appassionate predicazioni.
Si sono inventate la preferenza “ad honorem”. Con la clausola della dissolvenza incorporata: appena la esprimi, la preferenza si annulla. Il messaggio insito in questo comportamento è diseducativo: è la negazione simbolica, e al tempo stesso pratica, di un gesto che ha una sua laica sacralità, il voto. E proprio qui sta il nuovo salto logico che sta dentro le candidature-civetta: è come proclamare il valore pura apparenza. Un gesto dichiaratamente inutile: non esiste in nessun altro Paese, è una specialità italiana
di Fabio Martini per Huffpost
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