La visione nazionalista e antifederalista dell'Europa di Meloni
Proviamo a immaginare come funzionerebbe un governo nazionale se fosse regolato dal sistema europeo che piace alla Presidente.
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La presidente Meloni ha confermato in Senato la propria idea antifederalista di Europa. A dispetto della evidente supremazia del modello di governance statunitense a cospetto del non-stato europeo, Meloni continua a immaginare e perseguire un’Europa delle nazioni, con un governo centrale minimo, che si occupi in modalità sussidiaria delle – cito – cose che le nazioni non possono fare da sole.
Tra queste cose che i 27 stati europei non possono fare da soli c’è la Difesa, e la Difesa è emanazione della Politica Estera. Non può esserci deterrenza europea senza una patria europea, non può esserci sicurezza europea senza un unico governo europeo, senza una unica politica estera europea.
Meloni tuttavia trae conclusioni opposte a quelle che appaiono, di tutta evidenza, la dimostrazione della necessità dello stato federale europeo, in luogo dell’attuale club delle nazioni dove 27 stati nazionali guidati da leader di indirizzo politico diverso decidono su tutto all’unanimità, cioè non decidono nulla.
Proviamo a immaginare come funzionerebbe un governo nazionale se fosse regolato dal sistema europeo che piace a Meloni. Il governo centrale si occuperebbe solo delle questioni di cui non possano occuparsi le regioni ma invece di essere vincolato alla maggioranza parlamentare da cui ha ottenuto la fiducia, sarebbe costretto a perseguire il voto unanime di tutte le regioni, comprese quelle guidate da esponenti dell’opposizione.
Che tipo di azione di governo potrebbe mai risultarne? Lo stallo, il potere di veto di ciascuna regione, la cacofonia illogica di un gruppo che canta seguendo spartiti diversi.
Ed è proprio questo il parossistico buco nero logico nel quale piombano i nazionalisti anti federalisti europei, come Meloni. La destra italiana pretende di affermare a livello nazionale il primato della politica che tuttavia a livello europeo nega.
Primato della politica vuol dire un governo politico europeo con un Presidente eletto, che ottenga la fiducia da un Parlamento bicamerale, in analogia con i sistemi nazionali e con il sistema federale statunitense. L’attuale consiglio dei capi di governo dei 27 cesserebbe di essere l’organismo decisionale antagonista alla Commissione per diventare la seconda camera parlamentare. Nessuno dei 27 stati membri avrebbe diritto di veto perché il governo centrale avrebbe non solo il potere ma il dovere di governare sulla base del programma politico con quale i candidati alla guida dell’Europa si sono presentati ed hanno vinto le elezioni europee.
Il paradosso della visione meloniana è che la sussidiarietà invocata a beneficio degli stati nazionali sulle cose dove gli stati non possono fare da soli viene negata all’Europa proprio in quegli ambiti in cui gli stati non possono evidentemente fare da soli, né a fianco né contro gli Usa di Trump, né contro la Russia totalitaria di Putin né a favore dell’Ucraina democratica di Zelensky.
Meloni esclude di voler delegare a un governo europeo federale come quello degli Stati Uniti d’America proprio quel limitato ma necessario potere federale che gli stati nazionali non possono attuare da sé: la politica estera e di difesa. Un nonsense che prima o poi la sovranità nazionalista Meloni si troverà costretta ad affrontare, probabilmente quando ambirà lei stessa a diventare la prima presidente eletta dello stato europeo federale.
di Simona Bonfante su Huffpost
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