Anno: XXVI - Numero 56    
Giovedì 20 Marzo 2025 ore 13:45
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Meloni non vuole fare debiti per riarmarsi.

Verso il no a Ursula Faccia faccia fra le due. Dopo aver approvato il piano per la difesa già al summit del 6 marzo insieme agli altri leader Ue, la premier torna a Bruxelles orientata a non usare gli strumenti offerti per non aumentare il debito.

Meloni non vuole fare debiti per riarmarsi.

. Anche la Francia e altri Stati non lo faranno. E meno si è, più si rischia sui mercati

Gli investimenti per la difesa non devono “pesare direttamente sul debito degli Stati”, bisogna invece porre l’accento sui capitali privati da mobilitare modello Invest Eu. Non a caso Giorgia Meloni inizia la sua giornata al summit europeo di marzo a Bruxelles con un incontro con Ursula von der Leyen. L’occasione è data a margine del solito (ormai è prassi) vertice ristretto con Olanda e Danimarca sull’immigrazione. Ma il faccia a faccia con la presidente della Commissione europea, promotrice del Rearm Eu, serve alla premier per esprimere tutti i suoi dubbi sul piano per la difesa, che pure ha contribuito ad approvare, almeno nelle linee guida, al summit straordinario del 6 marzo scorso con tutti gli altri leader. “Quello era un sì all’inizio di un percorso”, si giustificano fonti diplomatiche. Ma visto da Roma questo percorso parte nella maniera sbagliata. Posizione che trova conforto in altre capitali europee, tranne che a Berlino. Da Parigi a Madrid sono tante le perplessità su un Rearm Eu basato su “cifre virtuali e a debito”, ci dice un’alta fonte europea.

Von der Leyen ha presentato il suo pacchetto con 800 miliardi di euro. Ma in realtà si tratta di un obiettivo da raggiungere, più che di risorse reali messe a disposizione degli Stati. Tranne i 150 miliardi di euro di prestiti con durata pari a 45 anni e tasso basso perché garantito dalla Commissione europea e non dai singoli Stati, il resto sono soldi da ‘creare’, attraverso la sospensione del Patto di stabilità e crescita, che consente di scorporare le spese per la difesa dal calcolo del deficit. In questo modo, il deficit può correre oltre il 3 per cento per i prossimi 4 anni, è la proposta di von der Leyen. E poi c’è la possibilità di dirottare i fondi strutturali sugli armamenti. Più i prestiti della Bei. Secondo la presidente della Commissione, calcolando che in modo graduale gli Stati membri aumenteranno gli investimenti bellici dell’1,5 per cento ogni anno per 4 anni, si arriva a dedicare 650 miliardi di euro al dossier diventato prioritario e tra i più spinosi per l’Ue e le sue varie opinioni pubbliche nazionali. Ma, se si considera che l’uso dei 150 miliardi di prestiti viene automaticamente scorporato dal deficit, la cifra totale è decisamente minore di 650 miliardi.

Al di là di quanto sia il totale, il punto è come arrivarci. Per ora, il piano poggia su piedi di argilla, secondo Meloni. “Stiamo raschiando il fondo del barile, se l’idea è di spingere i paesi a indebitarsi”, ci dice una fonte diplomatica. La premier dunque non vorrebbe attingere ai 150 miliardi di euro di prestiti, né vorrebbe attivare la clausola di salvaguardia nel Patto di stabilità, tanto meno vuole dirottare i fondi di coesione sulla difesa o usare i prestiti della Bei. Sono tutte idee che la mettono in difficoltà con l’elettorato. Ma sui tavoli europei, come quello di oggi a Bruxelles dove la discussione è affrontata anche con il presidente dell’Eurogruppo Pascal Donohoe e la presidente della Bce Christine Lagarde nell’Eurosummit, l’argomentazione della leader di Fdi poggia soprattutto sull’inopportunità di aumentare il debito pubblico, che per l’Italia è già alto, il secondo in Europa dopo la Grecia.

Anche perché, fanno notare le fonti diplomatiche dei paesi più indebitati, il piano von der Leyen prevede di lasciar correre la spesa per quattro anni, dopodiché Bruxelles tornerà a chiedere ai paesi membri di rientrare nei ranghi. “L’Italia – ci dice una fonte europea – è a buon punto per uscire dalla procedura per deficit eccessivo, l’anno prossimo il nostro deficit può tornare sotto il 3 per cento”, la soglia massima consentita dal Patto di stabilità. “Se ci indebitiamo per la difesa, non ci arriveremo mai”.

Ma c’è un altro timore che circola nelle cancellerie dei paesi con il debito più pesante: vale a dire il rischio di ritrovarsi in pochi a chiedere i prestiti o ad attivare la clausola che sospende il Patto sugli investimenti per la difesa. 

La Francia, la Svezia, l’Olanda, la Danimarca hanno già detto che non attiveranno la clausola. Per motivi diversi: Parigi per non indebitarsi, gli altri paesi perché non ne hanno bisogno. La Germania invece attiverà la clausola per dare spazio fiscale al suo piano di 500 miliardi di euro di spesa per gli armamenti (cui potrebbe aggiungere altri 500 miliardi per scopi legati comunque alla competitività e la crescita) ma non userà i prestiti, perché come l’Olanda e la Svezia, ma anche la Finlandia, l’Austria, il Lussemburgo, Berlino può accedere a prestiti sul mercato a tassi addirittura inferiori rispetto a quelli garantiti alla Commissione europea. Miracoli possibili perché il debito di partenza, pur cresciuto con la pandemia e le spese per l’Ucraina, è ancora basso e valutato bene dai mercati.

L’Italia non è in questa situazione, come tanti altri Stati europei, dalla Grecia al Belgio, ma anche la Spagna e la Francia, benché Emmanuel Macron possa poggiarsi su un’opinione pubblica più favorevole al riarmo. Più Stati accedono agli strumenti di indebitamento del Rearm Eu, minore è il rischio di esposizione sui mercati per i paesi più fragili. Perché a differenza del Next Generation Eu, 750 miliardi di euro di prestiti ma anche sovvenzioni, il Rearm Eu non crea condizioni di parità tra i 27. È per questo che la Commissione invita i paesi membri a muoversi in maniera coordinata. Ma questo coordinamento già viene a mancare, considerato che molti si stanno sfilando, nell’attesa che vengano messe in campo opzioni davvero europee di finanziamento.

Mario Draghi, autore del report sulla competitività commissionato da von der Leyen, tema in agenda del Consiglio europeo di oggi, dice che è urgente creare nuovo “debito pubblico comune” per permettere a tutti gli Stati di far fronte alle nuove esigenze di spesa per la sicurezza senza rischiare l’osso del collo un domani, quando i mercati potrebbero innervosirsi per l’aumento del debito e Bruxelles potrebbe chiedere di rientrare a suon di procedure per disavanzi eccessivi. Ma i frugali non ne vogliono sapere. “Apprezziamo il lavoro di Draghi, ma non siamo d’accordo con lui sugli eurobond”, ci dice una fonte del nord Europa. “Ancora dobbiamo trovare il modo per ripagare il debito del Next Generation Eu, pensato per la pandemia – continua la stessa fonte – I debiti non sono gratis. Si pagano”.

E al momento nemmeno la via delle sovvenzioni a fondo perduto, come nel Next Generation Eu, sembra percorribile. “Se apriamo questa discussione, il nord-est dell’Europa, la parte più vicina alla Russia, più favorevole al riarmo, chiederà la fetta più grande della torta, perché nel 2020 la fetta più grande del recovery pensato per la pandemia è andato all’Italia e ai paesi del sud più indebitati. Non ne usciamo”, ci dice un’alta fonte europea vicina al dossier.

Il Consiglio di oggi cerca di avviare la discussione su come ripagare il debito del Next Generation Eu. Due le opzioni sul tavolo: aumentare i contributi nazionali al bilancio europeo oppure individuare nuove risorse proprie, nuove tasse che garantiscano nuove entrate, tipo la tassa sulle emissioni nocive (Ets). Ma entrambi sono argomenti impopolari per i tanti governi sovranisti e populisti dell’Unione. Di nuovo la nostra fonte frugale: “Piuttosto si tagli il bilancio laddove si spende di più. Cioè sui fondi di coesione e per l’agricoltura”. Guarda caso, i fondi europei vitali per l’economia italiana.

Sono tutti dubbi che spolpano il Rearm Eu. Di fruibile, del piano di Ursula, resta poco o nulla. Resta “un piano tagliato sulle esigenze della Germania”, è la frase che senti ripetere da più fonti. Berlino vorrebbe addirittura rendere permanente la sospensione del Patto di stabilità per le spese della difesa. Al di là della contraddizione tedesca di aver voluto questa governance economica per poi sconfessarla a un anno dalla sua approvazione, la sospensione perenne potrebbe far bene ai paesi ad alto debito. Ma anche su questo il governo italiano è perplesso: “Resta il fatto che la Germania inizia questo percorso da un debito basso, dunque in vantaggio rispetto a noi”.

Insomma, Berlino può correre, Roma ha un ottimo ‘cavallo da corsa’ come Leonardo, leader europeo nel settore della difesa. “Sarebbe strano se il governo di Roma non valorizzasse i posti di lavoro che si possono creare con le spese per la difesa”, suggerisce il commissario Kubilius. “Il rischio è che il Rearm Eu dia alla tedesca  Rheinmetall l’occasione e lo slancio per sorpassarci”, dicono fonti italiane. Colpa o miracoli del debito, a seconda se è alto o basso. 

di  Angela Mauro su Huffpost

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