Più di Ruffini, Schlein pronto a creare un nuovo Ulivo deve temere la gente stanca e rassegnata.
Il vero problema del campo largo è avere una forza di centro. Cattolica e liberale. E velocemente va cercato un leader.
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Gente stanca perché derubata dell’oltre. Sono le parole pronunciate dall’arcivescovo di Milano Mario Delpini durante le celebrazioni di Sant’Ambrogio. Gente rassegnata di fronte all’oggi, aggiungo. Leggo che nel 2025 le bollette di luce e gas subiranno un aumento, per ora, del 30%. Osservo su diverse testate locali che il costo dell’acqua (pubblica) subirà un’ulteriore impennata causata dall’oneroso costo dell’energia. Tralascio il resto. I rialzi del carrello della spesa, i salari fermi da decenni, la sanità, pagare (chi può) per curarsi, pensioni sociali da 6 euro in più. La risposta di Giorgia Meloni è quel truciolo di pane del cuneo fiscale per i lavoratori (che a conti fatti i redditi fino a 35 mila euro ci andranno a perdere rispetto lo scorso anno). Robetta ragionieristica da saldi di fine stagione. Intorno è morta gora. Malgrado la premier si sbracci e si sgoli (ormai caratterista di sé stessa) nel dire che va tutto bene madama la marchesa. Ora c’è l’Ucraina (Meloni incontra più Zelensky che Landini) e quel villaggio mangiasoldi a tradimento in Albania. Ma la distonia più potente è l’assenza della rabbia degli italiani. Che fa dire a molti commentatori che poi così malaccio non va. Che il vero problema del campo largo è avere una forza di centro. Cattolica e liberale. Che velocemente va cercato un leader. Il primo della lista, pare ispirato da Romano Prodi, è Ernesto Maria Ruffini. “Mai sentito – spontaneamente reagisce un dirigente locale del Pd – So solo che è il capo del fisco. Però è finito il tempo di queste genialate”. La saggezza della rezdora che prevale. Il centro che manca di sopra, sotto e di giù. I cattolici liberali non rappresentati. Insomma, i sogni di Santa Lucia, doni frutto di mala digestione, sarebbero cosa buona e giusta lasciarli a un bel convegno, non partecipato, di qualche fondazione sperduta.
Aumentare i salari, diminuire i costi delle bollette, predisporre una politica industriale, togliere le incrostazioni del mercato frutto di anticaglie delle corporazioni (le ultime liberalizzazioni sono rubricate quando Pierluigi Bersani era ministro), abbassare le tasse, spuntare i tanti costi di prebende elettorali, e altro che manca in questa lista, tutto questo accade perché non ci sta un centro liberale, cattolico, democratico che tuteli il cosiddetto ceto medio? Pantomime insopportabili, da dirigenze bollite.
Elly Schlein annoti. Scriva sul moleskine della premier che verrà, cioè lei, un dato che spaventa. Il primo partito a maggioranza relativa, in Italia, è l’astensione. La rassegnazione strisciante. Quel vecchio slogan della Lega Lombarda (Paga e taci, somaro lombardo), rivisto oggi, suona così “Paga italiano. E taci!”. Qui sta il default. Da smuovere. Da rendere reattivo. La sensazione è che i nostri concittadini si siano rifiutati di capire per aggrapparsi all’ultimo treno allontanandosi di molto dal moto (anche elettorale) di Francia e Germania dove c’è fermento di popolo. Movimento. Presa di coscienza di un’Europa piccina picciò, senza carisma, allure, stropicciata nel conflitto russo-ucraino, sciolta in un disastro economico e sociale senza pari di cui tutti stiamo pagando le conseguenze.
Scuotere gli italiani è il passaggio necessario. E non sarà semplice per una società dormiente naturalmente. Svuotata. Che accetta il passo del bradipo. Una società meno libera di dieci o venti anni fa. Tra politically correct, divieti, regole, ostacoli, ovunque ti giri, per ogni problema ci vuole un avvocato, c’è una legge, una disposizione, una circolare da rispettare. Una vita d’inferno. Se poi anche il Pd, insieme con altri, per bocca del sindaco di Roma Roberto Gualtieri, si mette a fare le crociate rincorrendo dei piccoli equivoci senza importanza, contro i cantanti, Tony Effe in particolare, vietando la sua esibizione di fine anno per i testi dei brani ritenuti lesivi, una censura bella e buona che copre l’impegno costante in difesa dei diritti e delle libertà. E un modo di procedere patchwork. Pezze qua e là. Senza logica più per restringere il campo largo che aprirlo a estuario. Come perdere giorni e ore, i 5 Stelle sono i più laboriosi ma il Pd non ha detto una parola, per mettere fuori gioco politicamente Matteo Renzi con una legge ad hoc che gli vieta di fare conferenze e tenere consulenze all’estero mentre non c’è traccia di norme che rendano trasparente il lobbismo in Parlamento.
Cosa rimane da fare? La rivolta sociale di Maurizio Landini. Il segretario della Cgil ha capito che al punto in cui siamo arrivati, con una società perennemente ammorbata, spenta, che va a tentoni nella mediocrità che la contraddistingue ci vuole uno stimolo di reazione. Compito del centrosinistra, di Schlein in particolare è raccogliere la sfida, senza paure di radicalismo affrettato, estremo. Si tratta di capire come sciogliere nella quotidianità la rivolta sociale. Per il più grande partito di opposizione, il Pd, non ci sono ricette astruse o complicate da praticare. Vale la capacità di saper cogliere e porre dei rapporti. Nella comunità. L’ascolto. Le sezioni, dove ci sono, devono diventare delle succursali in difesa dei diritti dei cittadini (ascoltare e risolvere problemi). Ancora più nei paesi e nelle città dove il Pd governa perché spesso preda di una autosufficienza snobistica connaturata.
di Maurizio Guandalini su Huffpost
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