Renzi c'è, ma non si deve vedere
Il laboratorio è la Liguria: i 5 stelle alzano la posta, chiedendo ai renziani di lasciare la giunta Bucci di centrodestra, ma anche che il simbolo di Italia Viva sia escluso dalla coalizione. Una soluzione esportabile anche a Roma. Renzi permettendo, ovviamente
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“Circospetti ci muoviamo un po’ randagi ci sentiamo noi…”. Se Matteo Renzi vuole entrare nella maggioranza che si candida a guidare la Regione Liguria, deve accettare il sacrificio che gli impongono i Cinque stelle. I pentastellati chiedono che lasci la giunta di Marco Bucci a Genova, dove i renziani hanno un assessore e due consiglieri in maggioranza. E Renzi su questo apre. Ma non basta: a quanto apprende Huffpost, i M5s vogliono che nella coalizione non figuri il simbolo di Italia viva. Una sorta di damnatio memoriae. Renzi c’è, ma non si deve vedere.
Il problema è che nel fronte popolare per i centristi nessuno è disposto a dare battaglia, secondo un formato che da Genova potrebbe essere esteso al piano nazionale. La coordinatrice ligure di Italia viva Raffaella Paita traccia una linea di continuità tra ambito locale e politiche, e dice senza mezzi termini che fare a meno dei renziani potrebbe voer dire rinunciare alla vittoria, a Roma come a Genova. “”I voti di Italia Viva saranno decisivi nei collegi in bilico”, dice Paita al Tempo, e il modello deve essere la convention dem di Chicago, “dove si trovavano sul palco intorno a Kamala Harris tutte le anime dei democratici, dalla più estrema di Bernie Sanders alla più moderata di Barack Obama, fino all’ala bideniana inizialmente ostile a Harris”. Fa fede in questo senso l’impostazione data dalla leader del Pd Elly Schlein, che ha dichiarato di non voler mettere veti e di non volerne ricevere. “È un metodo che mi piace: visione e pragmatismo. Solo così si vince. Conte parla di Renzi, in realtà è più concentrato sui problemi interni al Movimento. Basta leggere Travaglio per capirlo”, dice Paita.
In effetti il Fatto quotidiano ha preso a cuore la presenza dei renziani nella coalizione di centrosinistra, a cui dedica ampio spazio. In questo caso il rottamatore dimostra doti di incassatore. Renzi sponsorizza il centrosinistra – dove i moderati hanno un posto di diritto – al posto del campo progressista – che dei moderati potrebbe farne a meno – e se nei calcoli di Giuseppe Conte l’apporto dei renziani può far perdere più voti di quanti ne porti, Renzi fa spallucce: “Io sono affezionato al centrosinistra. Nuovo centrosinistra. Giuseppe Conte ha firmato i decreti Salvini, io ho firmato le unioni civili. Quello di sinistra sarebbe lui? Non scherziamo”.
Come detto, la soluzione del caso ligure potrebbe offrire un esempio da seguire anche a Roma. Lì il dibattito interno ai Cinque stelle è amplificato dalla vicinanza, persino fisica, con Beppe Grillo. Ma anche dal fatto che nella tornata autunnale, la Liguria sarà la prima regione ad andare al voto il 27 e 28 ottobre. Una settimana dopo l’assemblea costituente del M5s, del 19 e 20 ottobre. Ovvio che il partito di Conte non voglia portare in dote all’appuntamento che dovrà rilanciare il partito un magro bottino raggiunto nella terra del fondatore e contestatore. Queste considerazioni non sono estranee alla scelta di M5s di presentarsi al tavolo delle trattative con un possibile candidato, che tuttavia non esclude a priori quello del Pd Andrea Orlando. La sua candidatura, ha spiegato il diretto interessato, il senatore Luca Pirondini, è “un segnale di assunzione di responsabilità del Movimento nei confronti del territorio, un atto legittimo di una forza politica importante”. E tuttavia “non è una candidatura contro Orlando e contro il campo largo”. È invece un avvertimento a Renzi: “Chi siede nella giunta di centrodestra e nella maggioranza del sindaco Marco Bucci, a Genova, non può stare nel campo largo in Regione Liguria”, dice il pentastellato.
I M5s chiedono visibilità nel programma di governo, e in prima battuta chiedono che Renzi lasci la giunta di centrodestra nel capoluogo ligure. Ma Renzi in un recente intervento, ha fatto intendere di non avere problemi da questo punto di vista: “D’ora in avanti, se stiamo nel centrosinistra, non potremo più permetterci di stare con il centrodestra da altre parti. Questo – ha detto – deve valere per tutti, vale per tutti, non solo per Italia viva. Se si sta tutti insieme, si sta tutti insieme. Siamo pronti a sederci al tavolo e a discutere”.
La mossa del leader di Italia viva ha spiazzato i pentastellati. Che ora aggiungono un’ulteriore richiesta, ed è prioritaria, avvertono fonti M5s. E cioè, oltre a lasciare la giunta Bucci, che il simbolo di Italia viva non figuri tra quelli della coalizione ligure. Una sorta di “Renzi c’è ma non si vede” che potrebbe preludere a ulteriori sviluppi sul piano nazionale? Si vedrà. Intanto Renzi stasera va alla festa dell’Unità versione moderata, quella di Pesaro, ospite di Matteo Ricci, neo-europarlamentare e già suo collaboratore ai tempi del Nazareno. Alla festa nazionale di Reggio Emilia la base non ha nascosto di vedere con una certa diffidenza l’ipotesi del ritorno del rottamatore. Sarà interessante testare la reazione della platea di Pesaro. In attesa che parli Elly Schlein, giovedì, dopo la lunga pausa estiva. Nel partito il sono in tanti a intestarle la paternità del Renzi-gate. Colpa di quella foto, alla partita del cuore.
Di Alfonso Raimo su Huffpost
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