Schlein vince la battaglia sull'avverbio.
La risoluzione Pd: "Il piano Ue di riarmo va radicalmente cambiato".
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Il testo che verrà depositato in Parlamento smonta il Rearm Europe di von der Leyen e propone di lavorare a “investimenti comuni effettivi” per una difesa europea, che “non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale. Ma è parte integrante di una strategia globale”
E contestualmente segna un punto a favore della segretaria nella “battaglia” con la minoranza interna del suo partito: i riformisti infatti quell’avverbio, “radicalmente”, proprio non lo volevano. A breve la bozza di mozione sarà discussa dai senatori e dai deputati del Pd, e poi verrà depositata al Senato e alla Camera per essere messa ai voti dopo le comunicazioni della premier Giorgia Meloni, in vista del Consiglio europeo del 20 e 21 marzo. Il Pd chiede al governo di “promuovere una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla presidente von der Leyen”, ma anche di “assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa”.
Il Pd riconosce invece che un altro strumento, “il Libro bianco sul futuro della difesa europea” in corso di elaborazione da parte della Commissione “rappresenta l’avvio di un percorso di discussione per la costruzione di una difesa comune, per cui serve un cambiamento radicale del modo in cui agiamo e investiamo nella nostra sicurezza e difesa, per fare in modo che d’ora in poi pianifichiamo, innoviamo, sviluppiamo, acquistiamo, manteniamo e dispieghiamo le capacità insieme, in modo coordinato e integrato, per conseguire una difesa comune europea”. Pertanto, nell’attuazione del Libro bianco sulla difesa europea, il Pd chiede di valutare “tutti gli strumenti che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo”.
Ma torniamo alle critiche dem sul piano von der Leyen: “Il piano ReArmEU – si legge nella mozione visionata dall’Huffpost – va invece nella direzione di favorire soprattutto il riarmo dei 27 Stati membri e va radicalmente cambiato, poiché così come presentato non risponde all’esigenza indifferibile di costruire una vera difesa comune che garantisca la deterrenza e un percorso di investimenti comuni in sicurezza realizzati non a detrimento delle priorità sociali, di coesione e sviluppo dell’Unione. L’attivazione della clausola di salvaguardia nazionale consente di fare debito nazionale senza alcun vincolo a utilizzare le risorse per progetti di difesa comune insieme a più Stati membri in modo da realizzare maggiore integrazione e coordinamento”.
Il partito di Elly Schlein indica anche possibili modifiche al piano di Ursula von der Leyen: “Il piano ReArmEU, ancora molto indefinito su aspetti fondamentali – si legge – va profondamente cambiato per garantire l’autonomia strategica in materia di sicurezza: trasformando lo strumento finanziario Safe – l’unico strumento che presenta un embrione di solidarietà europea, con 150 miliardi di euro destinati a potenziare alcune capacità strategiche comuni – da erogatore di prestiti (loans) che gravano sui bilanci degli Stati a fornitore di sovvenzioni (grants) capaci di garantire l’effettività dell’obiettivo”. In secondo luogo i Dem chiedono di condizionare “tutti gli strumenti previsti a progetti di difesa comune insieme a più Stati membri in modo da favorire l’interoperabilità, il coordinamento tra i sistemi di difesa e il rafforzamento della capacità industriale comune, anche con l’obiettivo di superare un sistema di acquisti dei paesi membri che, privo dell’obbligo di coordinamento, favorirebbe i sistemi produttivi extra-Ue (a partire da quello statunitense) che al momento pesano circa l’80% dell’approvvigionamento complessivo, in questo modo rischiando di rafforzare le dipendenze strategiche anziché ridurle”. Per il partito di Elly Schlein bisogna poi “escludere la facoltà di utilizzare per il riarmo i fondi di coesione, che i Trattati dedicano all’obiettivo, cruciale anche per il nostro Paese, di ridurre i divari territoriali e favorire la convergenza socio-economica, e che pertanto non possono essere dirottati per il finanziamento dell’aumento delle spese militari”.
In definitiva i democratici chiedono che “l’Unione europea, per conseguire l’obiettivo di una difesa comune, deve significativamente aumentare la coerenza tra i suoi strumenti esistenti e futuri, anche a livello di governance per assicurare un efficace “controllo democratico” e di “condivisione dell’intelligence”. Sulle politiche di sicurezza – scrivono i dem – bisogna usare una serie di strumenti comunitari già disponibili. Era questa una richiesta che arrivava dal fronte riformista. Si tratta della parte più tecnica del documento. “Occorre uno sforzo significativo di semplificazione e coerenza, in particolare: tra la Pesco per quel che riguarda il consolidamento della domanda e il FED per quel che riguarda le tabelle di marcia programmatiche, tra lo strumento per il rafforzamento dell’industria europea della difesa mediante appalti comuni (EDIRPA) e il regolamento ASAP per quel che riguarda il potenziamento industriale, tra un significativo rafforzamento anche della dotazione finanziaria dell’EDIP per quel che riguarda l’individuazione delle dipendenze e il FED per quel che riguarda la risoluzione delle dipendenze individuate, o all’interno dell’EDIP stesso per quel che riguarda la coerenza con lo strumento dell’attuazione delle azioni relative al consolidamento della domanda e dell’offerta”.
È chiara l’impronta data da Schlein alla risoluzione: “Gli investimenti in sicurezza – si legge – devono accompagnarsi e non sostituirsi a quelli necessari a realizzare l’autonomia strategica in altri settori prioritari, a partire da quelli per la coesione e la protezione sociale, garantiti dai Fondi SIE dell’Unione europea su cui l’attuale governo ha accumulato un drammatico ritardo nell’attuazione, che penalizza la necessaria convergenza delle regioni meno sviluppate, a partire dal nostro Mezzogiorno; la difesa non può essere considerato un bene pubblico separato dal benessere sociale. Ma è parte integrante di una strategia globale che prevede di garantire non solo la sicurezza fisica dei cittadini europei, ma anche la loro sicurezza sociale ed economica: tanto più l’affermazione dei nazionalismi disgregatori dell’unità europea è legata anche alla percezione di insicurezza economica e sociale, nonché alla paura nei confronti delle sfide globali”.
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