Anno: XXV - Numero 167    
Martedì 17 Settembre 2024 ore 13:00
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Socialisti pronti a sostenere Fitto se von der Leyen reintegra Schmit

Dopo le minacce, la trattativa: mano tesa sul commissario italiano se la presidente tedesca riprende in squadra lo Spitzenkandidat lussemburghese.

Socialisti pronti a sostenere Fitto se von der Leyen reintegra Schmit

Ma i Verdi restano sulla linea dura. I liberali: “Ecr non è in maggioranza e non lo sarà”. Per Ursula il puzzle resta complicato: nemmeno il tecnico Draghi è di aiuto dove è la politica a chiedere un riequilibrio

All’indomani delle minacce, c’è una piccola luce in fondo al tunnel, anche se per ora non risolve tutti i problemi di Ursula von der Leyen alle prese con la composizione della sua squadra di commissari a Palazzo Berlaymont. Dopo la nota di ieri con cui i Socialisti&Democratici hanno messo in fila i motivi dello scontento contro la presidente tedesca, emergono i primi segnali di trattativa. Il gruppo guidato all’Europarlamento dalla spagnola Iratxe Garcia Perez, apprende Huffpost, sarebbe pronto ad appoggiare la nomina di Raffaele Fitto anche con un ruolo di vicepresidente esecutivo della Commissione europea se von der Leyen riammettesse nel collegio il lussemburghese Nicolas Schmit, ex commissario al lavoro e politiche sociali, escluso dalla nuova squadra pur avendo corso come Spitzenkandidat dei socialisti in campagna elettorale.

Non è molto, anzi è pochissimo. Ma è tanto quanto basta per intendere che il no dei socialisti contro il candidato di Giorgia Meloni non è granitico. Basterebbe che la presidente tedesca rimescolasse le carte per riprendere Schmit, uno che subito dopo le europee le ha fatto una serrata campagna contro, cercando di istigare il gruppo socialista contro di lei, perché aveva già subodorato di non essere tra i prescelti. Il problema è che il governo del Lussemburgo, che ora è di centrodestra, ha indicato Christian Hansen come candidato. Ursula dovrebbe convincerlo a ritirarlo per far posto a Schmit: complicato. E magari non basterebbe.

Nella maggioranza parlamentare che a luglio ha confermato la presidenza a von der Leyen, la nebbia è infatti ancora fitta. I Verdi restano sulla linea dura. “È il 2024. Ci meritiamo di più – scrivono nella loro newsletter – Questa Commissione non riguarda solo l’equilibrio di genere. Siamo estremamente preoccupati dalla possibilità che un Commissario di estrema destra possa diventare Vicepresidente esecutivo, come suggeriscono i notiziari. Come Verdi, esamineremo attentamente ogni candidato e i loro portafogli per garantire che la Commissione sia pronta per le sfide future. Le audizioni parlamentari di conferma si terranno a ottobre”. Tradotto: tutto può succedere quando si tratterà di votare sulle deleghe di Fitto in commissione Econ, la commissione parlamentare ‘Problemi economici’ che dovrebbe esaminarlo se per l’italiano verrà confermata la delega all’Economia. Anche i liberali continuano a tirare la corda. “Sta a von der Leyen difendere, spiegare, motivare – ci dicono – Ecr non è in maggioranza e non lo sarà”. Nella dichiarazione adottata al meeting di Ostenda, cittadina della costa belga a un’ora da Bruxelles, Renew Europe chiede l’adozione dell’agenda Draghi e l’allineamento ai valori dell’Ue come discriminanti per la scelta dei commissari e dei loro portafogli. “Attuare l’agenda di Draghi – si legge – significa selezionare un Collegio di interesse europeo. A questo proposito, noi, Renew Europe, giudicheremo i commissari designati e stabiliremo le nostre priorità per i primi 100 giorni del nuovo Collegio dei commissari”. 

Ad ogni modo, da qui alla prossima settimana, quando von der Leyen dovrebbe presentare la squadra ai gruppi politici all’Europarlamento a Strasburgo dopo l’annullamento dell’incontro di ieri, la tedesca dovrebbe rimescolare le tessere del puzzle perché tutto torni. E non è semplice. C’è sempre il problema della carenza di donne. Le deleghe che erano di Schmit nella legislatura appena terminata erano andate alla socialista rumena Roxana Mînzatu, proprio per ripagare il governo di Bucharest dell’impegno di aver presentato una candidatura al femminile. Ma ora che che i socialisti chiedono il reintegro di Schmit con lo stesso portafoglio della passata legislatura, i conti non tornano e bisogna rifare tutto o quasi da capo. 

Alla luce di questa evoluzione, l’affaire Fitto è strumentale al negoziato dei socialisti con von der Leyen, non è un ostacolo in sé. Ma resta lo strascico di malumore per la scelta di affidare la vicepresidenza esecutiva della Commissione ad un esponente della destra sovranista, un moderato, come è conosciuto il ministro a Bruxelles, ma pur sempre candidato di Giorgia Meloni, nemica da abbattere (politicamente) sia per Scholz che per Macron. Non proprio un’idea geniale da parte di von der Leyen, soprattutto se cade in campagna elettorale, a dieci giorni da una possibile nuova debacle elettorale per il cancelliere socialista nel Brandeburgo, il Land con Berlino capitale dove la Cdu guida i sondaggi e l’Afd segue al secondo posto. 

Insomma, serrare i ranghi ed esigere maggiore rispetto in una Commissione dove ben 14 componenti saranno dei Popolari più la stessa presidente, è una scelta obbligata per S&D, laddove è la politica e la ricerca del consenso elettorale a dettare ancora le condizioni, anche per von der Leyen. Un fattore evidentemente sottovalutato da Meloni, che in questi due anni di governo ha commesso l’errore di ritenersi al riparo con la sola empatia politica con la tedesca, pensando di poter al contempo litigare con Parigi e Berlino sui migranti senza pagarne le conseguenze. Ma la politica chiede il conto. E lei lo paga dovendo trattare per cercare di strappare spazio di manovra e riconoscimenti, pur avendo vinto le europee. In questo quadro, chiedere l’aiuto del tecnico Draghi, come la premier avrebbe tentato facendo leva sul ruolo di protagonista dell’ex banchiere a livello europeo soprattutto dopo la presentazione del report sulla competitività, non serve a molto. Perché è la politica che chiede un riequilibrio di fronte agli elettori, senza i cui voti non si va da nessuna parte come la premier stessa è solita affermare. 

di Angela Mauro su Huffpost

 

 

 

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