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Martedì 25 Marzo 2025 ore 13:45
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Vinitaly 2025 e congresso della Lega

Un’eccellenza in ascesa, l’altra alla ricerca di una nuova rotta.

Vinitaly 2025 e congresso della Lega

Dal 6 al 9 aprile a Verona si terrà la Fiera VINITALY 2025, mentre dal 5 al 6 aprile si terrà a Firenze il congresso della Lega. Due realtà diversissime tra loro, il Vinitaly sempre in ascesa, mentre la Lega in questi anni ha visto ridursi, progressivamente, il consenso.

Sul vinitaly si agitano i dazi di Trump, sulla Lega i malumori interni per la gestione del suo leader.

Da recenti ritrovamenti, infatti, si sa che l’avvio della viticoltura in Italia si deve agli Etruschi, già nel secolo VIII a.C. e probabilmente anche prima. Seguono poi i Greci, portando avanti lo sviluppo del settore, come testimonia anche il nome di alcuni vitigni italiani tuttora esistenti, come Greco e Aglianico (che significa ellenico).

 Sono tuttavia quei bon vivant dei Romani, grandi appassionati, a favorire intensamente la diffusione delle tecniche vitivinicole e del commercio dei vini. E mentre la loro influenza si espande, si espande con essa anche il gusto romano, non solo in Italia, ma in tutta l’Europa occidentale e centrale.

Con la caduta dell’Impero Romano e lo scompiglio portato dalle invasioni barbariche inizia un lungo periodo buio per l’intero settore. Per lungo tempo l’unico vino che si fa è quello destinato alla messa e sono per lo più i monaci a occuparsi della coltivazione della vite.

Facciamo un salto in avanti fino all’arrivo dei grandi commercianti fiorentini e veneziani. Alcune di queste antiche famiglie nobiliari note ancora al giorno d’oggi e più attive che mai, come grandi produttori di vino quali Antinori e Frescobaldi, che nel XIII e XIV secolo avviano un fiorente commercio, soprattutto negli scambi dei vini di Bordeaux.

La viticoltura vera e propria in Italia rientra a pieno regime solo nel XIX secolo, grazie all’impulso del Piemonte e della Toscana, che iniziano ad applicare alcune tecniche francesi per produrre i propri vini: nascono così Barolo, Brunello di Montalcino e Chianti.

Il XX secolo porta però cattive notizie per tutto il continente. Arriva la fillossera, un parassita animale che distrugge tutte le vigne europee fino ai primi decenni del ‘900. Le due guerre mondiali, oltre a portare devastazione nei paesi europei, rubano la manodopera dai campi che in molti casi restano incolti.

Nel dopoguerra, i viticoltori italiani si rimboccano le maniche e fanno ripartire il settore del vino italiano. Scelgono di indirizzarsi soprattutto su una produzione di massa, ma si ha un cambio di tendenza a partire dagli anni ‘60.

Vengono riscoperti i vitigni autoctoni e si impara a coltivare i vitigni internazionali su suolo italiano, come nel caso dell’elaborazione di grandi vini toscani, che la critica imparerà a conoscere come Super Tuscan.

La sua storia dà già il peso e la misura di quanto sia importante e di valore la viticoltura in Italia: oggi essa rappresenta un colosso nel mondo del vino a livello globale, per quanto concerne la quantità di vino prodotto, ma soprattutto per l’elevata qualità dei suoi vini.(fonte www.tannico.it ).

Correttamente il Presidente della Repubblica ha detto in questi giorni che i dazi alterano i mercati e danneggiano i prodotti di qualità. Il vino italiano è un prodotto di grande qualità conosciuto ed apprezzato nel mondo. Non credo che gli americani vorranno privarsene per sostituirlo con prodotti taroccati.

Nella Lega auspico che i malumori escano dall’ombra per indicare la rotta e ridare vita ad un movimento che ha avuto comunque una sua importante funzione nel quadro politico italiano.

 

 

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