Anno: XXVI - Numero 40    
Mercoledì 26 Febbraio 2025 ore 17:00
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CARTABIA ACCELERA SULLA PRESCRIZIONE

Penalisti, positivo cambio di passo

CARTABIA ACCELERA SULLA PRESCRIZIONE

Dopo l’appello del capo dello Stato ad arrivare a riforme rapide e incisive per ridare credibilità alla magistratura, la ministra della Giustizia spinge la maggioranza a accelerare. La prossima settimana convocherà un vertice con i capigruppo della Commissione Giustizia sulla riforma del Csm, ultimo tassello del complessivo disegno riformatore alla cui realizzazione sono subordinati i 191 miliardi previsti dal Recovery Fund per l’Italia. E prima ancora presenterà alla maggioranza le sue proposte sulla riforma del processo, che sta condividendo con il premier Mario Draghi.

Domani intanto Cartabia incontrerà, su richiesta dell’ex premier Giuseppe Conte, una delegazione dei Cinquestelle. Al centro del colloqui con i capigruppo di Senato e Camera Ettore Licheri e Davide Crippa, la riforma della prescrizione. Il Movimento che ha fatto una bandiera dello stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado, introdotto con la riforma Bonafede, è critico sulle proposte della Comissione Lattanzi volte a superare quel meccanismo. Si tratta di due ipotesi alternative ma con un presupposto comune: la riforma Bonafede non va bene perchè “espone l’imputato al rischio di un processo di durata irragionevole nei giudizi di impugnazione”. E Il lodo Conte, che limita la sospensione della prescrizione al solo caso di sentenza di condanna in primo grado, “presta il fianco a rilievi critici”, soprattutto perchè non stabilisce un limite massimo dello stop “con il rischio di determinare un prolungamento dei tempi processuali” come si legge nelle 76 pagine della relazione della Commissione Lattanzi pubblicate sul sito del ministero della Giustizia alla vigilia dell’incontro. Relazione che incassa un primo sì da parte dell’Unione delle camere penali, che apprezza in particolare il “superamento della logica giustizialista e pupulista che caratterizza il progetto Bonafede”.

La prima ipotesi della Commissione prevede che dopo la sentenza di primo grado di condanna e dopo la sentenza di appello di conferma, la prescrizione rimanga sospesa, per due anni, nel primo caso, e per un anno, nel secondo. Se nel periodo di sospensione non interviene la decisione sull’impugnazione, la prescrizione riprende il suo corso e il periodo di sospensione è computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere. La seconda invece presuppone una scelta riformatrice più radicale: la prescrizione del reato – il cui termine cessa di correre con l’esercizio dell’azione penale – non può verificarsi dopo che è iniziato il processo. Tuttavia se il processo non si esaurisce entro 4 anni per il primo grado, tre anni per l’appello, due anni per il giudizio di legittimità, scatta l’improcedibilità dell’azione. E comunque il processo penale, nel suo complesso, non può durare più di nove anni dopo l’esercizio dell’azione penale (11 se si tratta di reati puniti con l’ergastolo o di criminalità organizzata). In entrambe le ipotesi sono previsti compensi risarcitori – nel caso di processi che siano andati oltre la ragionevole durata – ulteriori rispetto a quelli già previsti dalla legge Pinto.

È confermato che lo stop alla prescrizione dei 5S “va in archivio” , esulta Enrico Costa, responsabile Giustizia di Azione, che oggi alla fine ha ritirato l’emendamento al decreto al concorso in magistratura, finalizzato a introdurre di fatto la separazione delle carriere, che avrebbe potuto spaccare la maggioranza. “La riforma va fatta, le risorse del Rcovery ci servono”, dice il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto. La relazione della Commissione Lattanzi che insiste sul nesso tra la lunghezza dei processi (che fa dell’Italia la maglia nera in Europa, con processi di appello 8 volte più lunghi della media degli altri Paesi) e la prescrizione, è molto articolata. Chiede di estendere la non punibilità per i reati lievi e la messa alla prova e propone una profonda revisione dei mezzi di impugnazione, a partire dall’inappellabilità delle sentenze di condanna e di proscioglimento da parte del pubblico ministero.

 

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