E ADESSO BASTA CON IL FASCISMO
Meloni attacca mai simpatie per i regimi, fascismo compreso
Tregua fiscale e vera lotta all’evasione. Reddito di cittadinanza è una sconfitta. Alla Camera il discorso programmatico del presidente del Consiglio. In serata il voto, domani al Senato. «Sono la prima donna incaricata come premier, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti. Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog. Lo sfavorito, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici, con l’aiuto di una valida squadra di ministri, con la fiducia e il lavoro di chi voterà favorevolmente, e con gli spunti che arriveranno dalle critiche di coloro che voteranno contro». Per quanto riguarda i migranti, Meloni attacca non siano scafisti a decidere chi entra in Italia. Perché non intendiamo in alcun modo mettere in discussione il diritto d’asilo per chi fugge da guerre e persecuzioni. Tutto quello che vogliamo fare in rapporto a tema immigrazione è impedire che la selezione di ingresso in Italia la facciano gli scafisti». Oltre alle urgenze economiche dei rincari energetici e della manovra, da licenziare entro la fine dell’anno, il nuovo governo di Giorgia Meloni ha davanti alcune sfide di carattere più politico. Tra i progetti di riforma contenuti nel programma di centrodestra spiccano l’autonomia differenziata e il presidenzialismo, caro a Fratelli d’Italia. Due riforme che – a dire di Giorgia Meloni – devono procedere parallelamente anche perché si compensano a vicenda. Per l’autonomia esiste già una bozza di legge quadro cui ha lavorato il ministro uscente degli Affari europei Mariastella Gelmini insieme ai governatori leghisti Attilio Fontana e Luca Zaia. E ora bisogna vedere se il nuovo ministro, l’ex lumbard Roberto Calderoli, proseguirà sulla strada tracciata da Gelmini, dopo che altri progetti – quello del centrosinistra avviato da Gianclaudio Bressa; poi quello della ministra leghista Erika Stefani – sono finiti in un nulla di fatto. In passato, Calderoli si è dichiarato non favorevole alla strada della legge quadro, che prevede un lungo percorso. Per quanto riguarda il presidenzialismo, l’introduzione dell’elezione diretta del presidente della Repubblica incontra, sulla carta, il favore di tutti i partiti del centrodestra. Ma nell’accordo quadro sul programma, siglato in campagna elettorale, non si entra nei dettagli della riforma e del nuovo assetto istituzionale che si vorrebbe dare allo Stato. Si tratta di un percorso comunque lungo e periglioso. Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi poi sono sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali (per evitare il referendum la legge deve essere approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a maggioranza di due terzi dei suoi componenti). Il percorso dei una riforma in senso presidenziale, se FdI pretenderà che proceda in parallelo con quello dell’autonomia, potrebbe quindi rallentare l’approvazione del progetto caro ai leghisti. Altro tema prioritario, questo più urgente, è la riforma delle pensioni. Il centrodestra ritiene che serva subito una azione che non faccia tornare in campo unicamente i criteri introdotti dalla riforma Fornero, a inizio gennaio. La Lega propone ‘quota 41’, ovvero la possibilità di andare in pensione con 41 anni di contributi. A questa ipotesi – questo potrebbe essere il compromesso che tenga conto delle disponibilità nelle casse dello Stato – si potrebbero associare dei limiti di età. Tra le proposte economiche sul tavolo, vi sono anche il taglio del cuneo fiscale proposto da FI, la rottamazione delle cartelle di Equitalia su cui preme la Lega e l’estensione della flat tax prevista per le partite Iva. Il governo Meloni poi sarà sicuramente un esecutivo che si porrà l’obiettivo di aumentare, per quanto possibile, il sostegno alla famiglia e alla natalità. Così come al ‘made in Italy’ e alle aziende che si occupano di turismo. Fratelli d’Italia da tempo ha ingaggiato una battaglia contro il Nutriscore e la direttiva Bolkestein sulle spiagge. Infine, tra le principali sfide che ha davanti la nuova premier c’è il test europeo. Meloni, che arriva dopo i mesi di grande collaborazione tra le istituzioni europee e il governo di Mario Draghi, deve dimostrare di essere all’altezza del predecessore ‘ingombrante’ e non perdere la centralità ritrovata in Europa.
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