FONDAMENTALE IL DIALOGO CON L’AVVOCATURA
Pietro Curzio all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2021 nell’Aula Magna della Cassazione
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«È importante il dialogo con l’Avvocatura, che concorre alla giurisdizione, anche di legittimità, svolgendo un ruolo fondamentale. Vi sono oggi le migliori condizioni per intensificare questo dialogo». Il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio lo sottolinea nella sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario, che quest’anno si svolge con una cerimonia “ristretta” nell’Aula Magna della Cassazione: 25 magistrati in toga rossa e una trentina di ospiti, alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, per rispettare il distanziamento necessario in questa fase di emergenza sanitaria.
Presenti al Palazzaccio i presidenti di Senato e Camera, Elisabetta Casellati e Roberto Fico, il premier dimissionario Giuseppe Conte, il presidente della Corte Costituzionale Giancarlo Coraggio, oltre ai vertici delle forze armate, della magistratura amministrativa e contabile. Dopo la relazione del presidente Curzio, segue l’intervento del Guardasigilli Alfonso Bonafede, che ripercorrerà i contenuti della relazione depositata alle Camere, quelli del vicepresidente del Csm David Ermini e del procuratore generale della Suprema Corte Giovanni Salvi, e, a seguire, dell’avvocato generale dello Stato Gabriella Palmieri e del presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense, Maria Masi.
«La pandemia ha ulteriormente mostrato l’inadeguatezza del sistema, la gracilità e vetustà di molti suoi gangli, e pone in modo deciso la necessità di un cambiamento profondo e incisivo, prima di tutto culturale», comincia Curzio. Nel 2020, sottolinea, «l’amministrazione della giustizia è stata, come ogni settore della vita della nostra comunità, segnata dalla pandemia. Ciò ha comportato il sostanziale blocco dell’attività giudiziaria per un certo periodo, una faticosa e difficile ripresa per la restante parte dell’anno e oggi ci pone dinanzi alla necessità di ripensare profondamente il sistema. Di partecipare alla costruzione di un qualcosa che ancora non c’è».
«Di riforme del sistema giustizia e, al suo interno del giudizio di legittimità, ne sono state fatte molte negli ultimi anni, con un continuo, a volte turbinoso, susseguirsi di modifiche normative e organizzative, che a volte, invece di risolvere i problemi, hanno finito per complicarli», sottolinea Curzio. «Da tempo – aggiunge – siamo consapevoli che un sistema giustizia adeguato alla complessità dei problemi costituisce un fattore insostituibile per la garanzia dei diritti e doveri dei cittadini, per la vita delle imprese e delle amministrazioni, per la ragionevole certezza dei rapporti economici, civili, sociali».
«Per fare fronte alla crisi si è scelto di impegnare risorse economiche in misura impensabile sino a un anno fa. Ma per ottenere dall’Europa i relativi finanziamenti è necessario tracciare un quadro di riforme, prima fra tutte della giustizia, che dia idonee garanzie di conseguire gli obiettivi prefissati». In particolare, ricorda il presidente della Suprema Corte, su temi quali «digitalizzazione, semplificazione, nuove risorse umane e strumentali, ufficio del processo» vi sono «impegni precisi nel Piano nazionale di ripresa e resilienza. Ci auguriamo che il 2021 sia l’anno della “svolta italiana” all’interno di una svolta europea, che il piano prospetta, e che il progetto si trasformi in un processo operativo articolato ed efficace».
«Il terribile anno che ci siamo lasciati alle spalle ci ha visti impegnati fondamentalmente a limitare i danni e alla fine il bilancio è positivo», spiega il primo presidente. «Grazie ad un forte recupero nel secondo semestre – aggiunge – siamo riusciti a definire più di 30mila processi civili e nel penale siamo riusciti a conservare tempi di definizione dei giudizi inferiori ad un anno».
«Gli ultimi anni sono stati difficili per il Csm e per l’associazionismo giudiziario. La magistratura italiana ha le risorse per superare questo periodo travagliato, anche se non è facile. Bisogna avere l’umiltà di ascoltare ciò che ci hanno insegnato i migliori tra noi», si legge nella relazione di Curzio, che cita Rosario Livatino, il quale «lasciò scritto nel suo diario di uomo di fede “non ci sarà chiesto se siamo stati credenti ma credibili”. Forse il segreto – osserva Curzio – è semplicemente, per ogni scelta che operiamo, di chiederci quanto siamo credibili».
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