GIÙ LE MANI DALL’EQUO COMPENSO.
Anac chiede di 'armonizzare' la legge nei contratti pubblici. Insorgono Aiga e gli Achitetti Etnei.
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L’equo compenso torna a essere tema di attualità. Suscita forte preoccupazione, nella giovane Avvocatura italiana, la nota trasmessa dall’Anac alla Cabina di regia ed ai Ministri dell’Economia e delle infrastrutture – che segue, invero, anche il parere reso dalla medesima Autorità n. 101/2024 – con la quale si richiede un intervento legislativo per armonizzare la disciplina dell’equo compenso al codice dei contratti pubblici.
L’intervento proposto dall’Anac si traduce, in verità, in una vera e propria ‘neutralizzazione’ della legge n. 49/2023 contenente le tutele, faticosamente ottenute, per i compensi professionali.
In particolare, non coglie nel segno e non può trovare condivisione, l’interpretazione offerta degli artt. 3, comma 3, e 13 della legge n. 49/2023 e della richiamata giurisprudenza sovranazionale.
Sul punto giova ricordare come, invero, la disciplina della L. n. 49/23 trovi applicazione non solo nei rapporti professionali con i “contraenti forti” ma anche nei rapporti con la P.A., al fine di porre rimedio all’inveterata prassi di bandi con compensi professionali irrisori.
In secondo luogo, la ‘lettura’ delle richiamate disposizioni è frutto di un’interpretazione offerta dall’Autorità la quale, lo si consenta, va oltre il dato positivo racchiuso nella disciplina sull’equo compenso.
Suscita stupore, poi, quanto affermato dall’Anac allorquando precisa che “anche il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023, pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati”.
Ebbene, non si comprende perché, negli appalti pubblici, ai lavoratori dipendenti debba essere garantita la tutela equivalente a quella prevista dai Ccnl di settore, addirittura sotto forma di principio contenuto nell’art. 11 d. lgs. n. 36/2023 – che noi riteniamo, profondamente, giusta – ed analoga tutela non debba essere garantita ai professionisti.
Probabilmente, la presa di posizione dell’Anac non tiene in considerazione il lungo percorso politico, sociale ed economico che solo nel 2023 ha visto l’introduzione di effettive tutele anche per i professionisti. Difatti non si può negare come, storicamente, la vasta produzione normativa di tutela del lavoro subordinato sia andata di pari passo con una disattenzione per il comparto del lavoro professionale, lasciando i professionisti italiani in una condizione di ontologica minorità.
Tale condizione è stata a più riprese denunciata ed ha visto nella promulgazione della Legge sull’equo compenso un approdo fondamentale con cui il Legislatore ha colmato, con un ritardo di parecchi decenni, il concreto riconoscimento, anche a favore dei professionisti, delle garanzie costituzionali di cui all’art. 36.
Per tali ragioni, la Giovane Avvocatura continuerà a vigilare sui tentativi di eludere l’applicazione della norma sull’equo compenso per garantire il rispetto di uno dei diritti fondamentali in favore di tutti i professionisti e promuoverà ogni azione, in tutte le sedi, volte a scongiurare qualsivoglia tentativo di ‘demolizione’ della legge faticosamente approvata.
«La nota diffusa da Anac, – ha dichiarato Veronica Leone, presidente f.f. dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti Conservatori della provincia di Catania – ipotizzando la disapplicazione dell’equo compenso negli appalti pubblici per l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria, rischia di cancellare gli sforzi profusi negli anni dagli Ordini professionali. Sforzi diretti a contrastare l’aumento delle gare fondate su un ribasso dei corrispettivi, che ha mortificato la dignità della nostra professione e fatto calare la qualità dei progetti –– La nota dell’Anac potrebbe dar luogo nuovamente ad una corsa ai ribassi, vanificando anni di evoluzioni normative. La legge n.49/2023 sancisce in modo chiaro che le disposizioni si debbano adottare alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, non si può tornare indietro. Nei lavori pubblici ci si dimentica che il professionista svolge un lavoro intellettuale. Vogliamo che venga rispettata la dignità della nostra professione, e questo si può ottenere solo elevando la qualità delle prestazioni. Riteniamo che la libera concorrenza, intesa in questo modo, significhi libera mortificazione della professione».
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