Anno: XXVI - Numero 2    
Venerdì 3 Gennaio 2025 ore 14:30
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I SEGRETI DI CASSA FORENSE

E le valutazioni ministeriali.

I SEGRETI DI CASSA FORENSE

 

La riforma della previdenza forense, che ho già commentato, è stata assentita dal Ministeri Vigilanti con la nota del 27 settembre 2024 che contiene una serie di valutazioni che gli iscritti debbono conoscere ( la nota non mi risulta pubblicata ) e che sono le seguenti:

“Sotto il profilo della sostenibilità gestionale, è stato redatto sia il bilancio tecnico al 31.12.2022 a normativa vigente (anteriforma) sia quello a normativa variata (post-riforma), le cui risultanze sono riepilogate nel seguente prospetto.

A normativa vigente, si evidenzia che il saldo previdenziale, tra entrate contributive e prestazioni previdenziali, risulta negativo dal 2041 in poi, mentre il saldo finale, tra entrate e uscite totali, comprensivo dei rendimenti patrimoniali, è negativo dal 2049 in poi. Il patrimonio assorbe sempre il disavanzo gestionale, rimanendo positivo per tutto il periodo di simulazione ma, a partire dal 2049, se ne registra il progressivo depauperamento. L’indicatore di cui all’art. 5, comma 1, del D.M. 29 novembre 2007, che misura il grado di copertura della riserva legale calcolata in base a cinque annualità delle pensioni correnti, mostra che il patrimonio non sarà sufficiente, a partire dal 2065, a coprire l’ammontare della corrispondente riserva legale mentre l’indicatore di cui all’art. 5, comma 2 del D.M. 29 novembre 2007, che misura la congruità dell’aliquota contributiva, evidenzia che l’attuale flusso contributivo non risulterà di equilibrio a partire dal 2041 in poi.

Dal bilancio tecnico redatto a normativa variata, si rileva un lieve miglioramento del saldo previdenziale, negativo dal 2044 in poi, ed un più marcato miglioramento del saldo totale, negativo nel

solo periodo 2056-2062. Il patrimonio rimane positivo su tutto il periodo di proiezione ed il rapporto tra il patrimonio e la riserva legale non scende mai sotto l’unità, attestandosi ad un valore pari a 2,54 (0,81 nel bilancio tecnico anteriforma).

Dal confronto fra le proiezioni ante e post-riforma, il Ministero dell’economia evidenzia che il cambiamento del sistema di calcolo, unitamente agli altri interventi sul piano delle uscite, determina un decremento medio annuo della spesa pensionistica pari a circa 290.000 euro (circa -0,2%) in valori

correnti, mentre, le misure adottate sul piano delle entrate consentono un incremento medio annuo

del totale dei contributi pari a circa 570 milioni euro (circa il 15%). Sul punto, segnala però che “il miglioramento del saldo totale risente anche dell’incremento medio delle entrate per rendimenti, mediamente pari a circa 515 milioni di euro annui. Al riguardo è necessario sottolineare che la natura

delle entrate per rendimenti è intrinsecamente più volatile rispetto a quella delle entrate per contributi,

con effetti diretti sull’entità del patrimonio della Cassa posto a diretta tutela delle pensioni degli iscritti”.

Il covigilante Dicastero sottolinea, altresì, che “la proposta di riforma in argomento certamente soddisfa il parametro formale di sostenibilità trentennale previsto dalla legge. Tuttavia, in un’ottica prudenziale e di tutela dei professionisti e pensionati obbligatoriamente iscritti alla Cassa, va ribadito che il rispetto del requisito di sostenibilità di lungo periodo deve essere sostanziale. Pertanto, la proposta in argomento, pur notevole in termini di complessità e di sforzo riformatore, va intesa come primo significativo passo verso il ripristino della menzionata sostenibilità strutturale. Ciò è testimoniato, in particolare, dall’andamento del saldo previdenziale il quale, anche a seguito della riforma, comunque risulta negativo fino alla fine dell’orizzonte previsionale sebbene a partire dal 2044

invece che dal 2041 come nel bilancio tecnico pre-riforma”.

La necessità di ulteriori futuri interventi volti al rafforzamento della sostenibilità strutturale, come puntualizzato dal Ministero dell’economia, è testimoniata anche dall’indice di congruità dell’aliquota contributiva di cui all’art. 5 del D.M. 29 novembre 2007, in peggioramento dal 2044 nelle proiezioni post-riforma nonché dal rapporto fra iscritti attivi/pensionati non contribuenti, previsto passare da circa 12 attivi per pensionato nel 2023 a circa 2 attivi per pensionato alla fine del periodo di simulazione.

Sotto il profilo dell’adeguatezza delle prestazioni, gli effetti della riforma sono stati valutati tramite l’analisi dei tassi di sostituzione di cui all’art. 4 del D.M. 29 novembre 2007, calcolati al lordo ed al netto del prelievo fiscale e contributivo, distintamente per genere e regime di calcolo (misto o contributivo), riferiti a soggetti che accedono al trattamento pensionistico di vecchiaia e di vecchiaia anticipata. Nel prospetto seguente, a titolo esemplificativo, sono stati posti a confronto i tassi di sostituzione netti, distinti per genere, ante e post-riforma, riferiti a tre epoche diverse: nel 2025 per un pensionato attuale con trattamento prevalentemente retributivo; nel 2045, dopo 20 anni di applicazione della riforma, con un trattamento di vecchiaia calcolato con il sistema misto e nel 2065, dopo 40 anni, con una pensione interamente contributiva.

A seguito della riforma, si evidenzia che il tasso di sostituzione netto di un iscritto che accede alla pensione di vecchiaia nel 2025 passa dal 72,4% a normativa vigente al 68,4% dell’ultimo reddito professionale mentre, se donna, il tasso netto passa da 81,3% al 78,9% dell’ultimo reddito professionale. Per chi accede nel 2045, le differenze sono più evidenti: il valore scende dal 43,0% al 31,2% dell’ultimo reddito professionale per gli uomini e dal 55,0% al 46,7% dell’ultimo reddito per le donne. Per i pensionati futuri nel 2065, il tasso netto passa dal 41,0% al 28,5% per gli uomini e dal 41,2% al 34,4% dell’ultimo reddito professionale per le donne. Analoghe conclusioni per i trattamenti di vecchiaia anticipata, laddove risulta ancora più evidente il divario di genere.

Posto quanto sopra, per effetto dell’introduzione del sistema di calcolo contributivo, si registra una generalizzata riduzione dei livelli di adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, decisamente più marcata per gli uomini. Considerato che tra le attribuzioni affidate dalla legge agli enti di previdenza obbligatoria, sussiste l’erogazione di trattamenti previdenziali atti a garantire un tenore di vita adeguato sia rispetto a quello precedente al pensionamento che alle future condizioni di vita, si invita codesta Cassa a dedicare maggiore dettaglio all’analisi dei tassi di sostituzione, sia lordi che netti, ai fini dell’adozione di eventuali politiche da mettere in atto per il miglioramento delle prestazioni pensionistiche. Infine, si condivide quanto segnalato dal covigilante Ministero dell’economia che considera “opportuna la pubblicazione, sul sito della Cassa, sia delle risultanze attuariali più recenti trasmesse a corredo del provvedimento in esame sia di un’adeguata informativa circa l’importo della futura pensione degli iscritti secondo diverse ipotesi di sviluppo di carriera”.

Conclusivamente, fermo restando quanto precede e la necessità di un continuo e attento monitoraggio dei saldi del bilancio tecnico e del rapporto fra attivi e pensionati, si ritiene che il nuovo progetto di riforma del sistema previdenziale forense possa essere approvato.”

 In buona sostanza gli stessi Ministeri Vigilanti invitano Cassa Forense a mettere in atto misure volte a garantire la sostenibilità per i 50 anni richiesti dalla legge e che oggi non c’è, a dare maggiore dettaglio all’analisi dei tassi di sostituzione e ad informare gli iscritti circa l’importo della loro futura pensione.

Non mi sembrano bruscolini ma dato che c’è addirittura un Delegato che va scrivendo che il funding ratio di CF è pari al 1500%, non c’è da stare allegri!

 

 

 

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