IL 2023 SARÀ L'ANNO DELLE GRANDI RIFORME
Giorgia Meloni annuncia una rivoluzione fiscale.
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Il 2023 “sarà l’anno delle grandi riforme che l’Italia aspetta da tempo, ma che nessuno ha avuto il coraggio di fare”. Parola di Giorgia Meloni, intervistata dal Sole24Ore. Prima fra queste, quella che il presidente del Consiglio definisce una “rivoluzione fiscale” e spiega così:
“Occorre rivoluzionare il rapporto tra fisco e contribuente, e fare in modo che l’evasione si combatta prima ancora che si realizzi”. Più nel dettaglio, Meloni annuncia una legge delega che toccherà tutti i settori della fiscalità e che “metterà al centro anche i dipendenti e i pensionati, con misure ad hoc”. A cui aggiunge, con una premessa – “compatibilmente con le risorse economiche a disposizione” – l’impegno a “proseguire nella direzione di tagli consistenti al cuneo fiscale” e di “sostituire il reddito di cittadinanza con misure concrete di contrasto alla povertà”. C’è spazio per un passaggio sull’evasione fiscale che, dice, “deve diventare una priorità a livello internazionale. Servono innanzitutto maggiori accordi di cooperazione extra Ue e rendere gli strumenti a disposizione sempre più flessibili ed efficaci. Il Governo italiano è pronto a fare la sua parte”.
Meloni parla poi della questione del debito pubblico. “Vogliamo agire al più presto: con il ministro Giorgetti stiamo lavorando per mettere al sicuro il nostro debito da nuovi shock finanziari e attrarre la fiducia dei risparmiatori e degli investitori, anche nel medio periodo. Vogliamo ridurre la dipendenza dai creditori stranieri, aumentando il numero di italiani e residenti in Italia che detengono quote di debito”. Più titoli di Stato in mano ai cittadini italiani, in altre parole. “Una nazione con un debito pubblico elevato come il nostro non deve perdere di vista la sostenibilità della finanza pubblica. Al momento la situazione finanziaria italiana è sotto controllo: nonostante i tassi d’interesse della Bce in rialzo, lo spread è basso e il debito non è esploso”. E ancora: “L’unica strada per rendere sostenibile un debito elevato come il nostro è la crescita economica, non le politiche di cieca austerità viste negli anni passati”.
Politica estera. Giorgia Meloni osserva che “l’Italia ha cambiato postura a livello internazionale e sta ricoprendo il suo ruolo e la sua centralità. Nel mondo c’è tanta voglia di Italia”. La guerra in Ucraina finisce “costringendo la Russia a sedersi al tavolo”, mentre “chi promuove la tesi che non dobbiamo sostenere l’Ucraina non vuole la pace, ma l’invasione di uno Stato sovrano e la violazione del diritto internazionale”. Meloni esprime preoccupazione per le mosse economiche aggressive di Usa e Cina. L’obiettivo italiano, spiega, “non è creare un Inflation Reduction Act europeo in risposta alla legge sull’inflazione americana. La strada maestra è il rafforzamento del dialogo transatlantico, che privilegia il coordinamento delle politiche economiche delle due aree, europea e americana. La risposta non può essere semplicemente l’allentamento del quadro temporaneo di crisi e transizione per gli aiuti di Stato se questo può creare un processo di concorrenza dannosa tra Stati membri con diversa capacità fiscale che avrebbe il solo effetto di indebolire ulteriormente la posizione europea. Deve essere garantita parità di condizioni tra gli Stati attraverso un Fondo sovrano europeo per sostenere gli investimenti e proteggere la sovranità industriale e tecnologica”. Di questo si parlerà al Consiglio europeo in programma oggi e domani a Bruxelles. “Nell’immediato – prosegue Meloni – è essenziale che sia concessa agli Stati membri la massima flessibilità nell’utilizzo dei fondi già disponibili per i Pnrr e per le politiche di coesione”. Meloni condivide le preoccupazioni del settore dell’automotive per i target ambientali. “Lo stop dal 2035 ai motori termici mette in grave difficoltà l’industria europea” dice al Sole24Ore, “il cammino deve essere graduale e non deve mettere in difficoltà le imprese italiane ed europee. Imporre una scadenza così ravvicinata per una trasformazione epocale di questo tipo rischia di avere conseguenze pesantissime dal punto di vista occupazionale e produttivo”.
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