Il Parlamento non violi l’equo compenso
Gli Ordini professionali e i sindacati di categoria insorgono contro la decisione della Commissione d'inchiesta di non pagare alcun compenso ai consulenti, ma solo un eventuale rimborso spese
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La precisazione della presidente Carla Ruocco non è bastata a mettere la parola fine alle polemiche sui compensi da attribuire ai professionisti che lavoreranno come consulenti della Commissione d’inchiesta sulle banche. “Le collaborazioni previste dalla legge istitutiva della Commissione non sono incarichi professionali, pertanto non vi è alcuna stipula di un rapporto contrattuale”, ha precisato Ruocco. E dunque niente compensi per i consulenti, che dovranno lavorare per la Commissione a titolo gratuito: è previsto solo un eventuale rimborso spese. Una decisione in linea con quella presa nel 2017 dalla prima Commissione Banche, presieduta da Pier Ferdinando Casini. Ma il Comitato Unitario delle Professioni e la Rete Professioni tecniche ribadiscono invece che l’equo compenso (garantito da norme entrate in vigore nel 2018, dopo una lunghissima gestazione) “non può essere messo in discussione. Specialmente in questo periodo critico per la nostra economia, mettere in ulteriore difficoltà i lavoratori autonomi è gravissimo”. I responsabili dei due organismi, Armando Zambrano e Marina Calderone, ribadiscono che “non è giusto sostenere che possano esservi dei lavoratori, dei professionisti, a cui venga imposto di prestare la propria opera gratuitamente. Tutti hanno diritto di trarre dal proprio lavoro i mezzi per il sostentamente per sé e per la propria famiglia”. Un principio che negli ultimi due giorni (da quando cioè è stata sospesa la votazione del regolamento della Commissione Banche, proprio per la contestazione della norma sui compensi dei professionisti da parte del senatore di Fdl Andrea de Bertoldi) è stato sostenuto per forza da tutte le associazioni di categoria. Per primi i commercialisti: “Sarebbe paradossale che il legislatore ignorasse le sue norme sull’equo compenso”, ha affermato il vicepresidente del Consiglio Nazionale dei professionisti Giorgio Lucchetta. In effetti la questione è proprio questa: la nuova normativa sull’equo compenso, che garantisce i professionisti impiegati dalle Pubbliche Amministrazioni. Una normativa che non esisteva quando venne varata la prima Commissione d’inchiesta sulle banche: in quel caso la norma che vietava i compensi dei professionisti chiamati a titolo di consulenti venne approvata senza troppe discussioni. In questo caso però, alla luce della nuova normativa (e anche dell’aggravarsi della crisi economica) i professionisti non ci stanno: “L’ipotesi che i collaboratori esterni della Commissione Parlamentare possano rendere le loro prestazioni a titolo gratuito è molto grave, perché sintomatica di un atteggiamento della politica ancora a volte ondivago sul tema dell’equo compenso”. “Io sono per il principio per cui i professionisti debbano essere pagati sempre. – dice Chiara Gribaudo (Pd), che alla Camera è stata in prima linea nella scorsa legislatura nell’elaborazione e nell’iter delle norme che garantiscono l’equo compenso, inserite nel decreto fiscale 2018 – Ho chiesto chiarimenti a Carla Ruocco, che mi ha risposto che in questo caso i professionisti hanno un ruolo diverso. In effetti la consulenza alla Commissione Banche non può essere paragonata a un incarico in una Pubblica Amministrazione. Rimane però il principio che ai professionisti non può essere chiesto di lavorare gratis: le loro competenze devono essere riconosciute”. Le obiezioni della Commissione continuano però a non convincere i professionisti: “La possibilità che una Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario possa avvalersi di collaborazioni gratuite evidenzia, ancora una volta, – contesta il presidente della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza dei dottori commercialisti (Cnpadc) Walter Anedda – lo scarso valore che si attribuisce a un’attività fondamentale come quella di consulenza svolta dai professionisti nei confronti dello Stato”. “È inammissibile – gli fa eco Giovanni Liotta presidente di Federnotai – l’avallo di un regolamento che possa prevedere il ricorso di consulenti esterni a titolo gratuito. Federnotai condivide certamente la battaglia per un vero equo compenso. Occorre lavorare a una modifica e a un ampliamento delle norme in materia nell’interesse della corretta informazione ai cittadini e alle imprese sul livello delle prestazioni che possono attendersi dal professionista e di quest’ultimo a una remunerazione ragionevolmente collegata al lavoro svolto. – prosegue Liotta – non può essere un tabù parlare di tariffe: sono compatibili con il diritto Ue,la Francia di Macron le ha confermate proprio in questi giorni. Anche la recente sentenza della Corte di Giustizia UE nel caso delle tariffe tedesche per architetti e ingegneri conferma che sono legittime e giustificate da interessi generali delle tariffe anche minime e massime che garantiscano una maggior tutela del consumatore, che oggi ha difficoltà a comprendere “il prezzo” del servizio e la qualità della prestazione. Si tratta di due facce della stessa medaglia: ridurre l’attuale difficoltà dei consumatori nel conoscere e valutare economicamente la qualità della prestazione professionale ed evitare un dumping nella fissazione del costo della prestazione stessa da parte del professionista”.
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