IL PIANO ARCHIMEDE
Dammi una leva e solleverò le casse di previdenza.
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Il 21 marzo u.s. la Commissione parlamentare di controllo sull’attività degli Enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale ha audito il Segretario Generale della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza che ha depositato una memoria, acquisita agli atti, che illustra il Piano Archimede, a molti sconosciuto.
Vale la pena di riproporlo:
« a) Il Piano Archimede (Legge di Bilancio per il 2024)
Al fine di supportare investimenti infrastrutturali e produttivi realizzati in Italia, SACE è abilitata a rilasciare, fino al 31 dicembre 2029, garanzie connesse a investimenti nei settori delle infrastrutture, anche a carattere sociale, dei servizi pubblici locali, dell’industria e ai processi di transizione verso un’economia pulita e circolare e verso la mobilità sostenibile, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la mitigazione dei loro effetti, la sostenibilità e la resilienza ambientale o climatica e l’innovazione industriale, tecnologica e digitale delle imprese. Il c.d. Piano Archimede è caratterizzato da alcuni aspetti distintivi rispetto a programmi precedenti, in primo luogo l’ampliamento dei partner esecutivi, che includono potenzialmente tutti gli investitori (banche, assicurazioni, fondi di investimento e sottoscrittori di prestiti obbligazionari, cambiali finanziarie, titoli di debito e altri strumenti finanziari). Saranno eleggibili finanziamenti concessi a imprese grandi e Mid-Cap che effettuino i propri investimenti in Italia.
La finalità esplicita della norma è supportare gli investimenti infrastrutturali e produttivi realizzati in Italia anche in ambiti caratterizzati da condizioni di “parziale fallimento di mercato” e di livelli subottimali di investimento, connessi alla elevata rischiosità anche associata a esposizioni di medio-lungo termine, all’uso di tecnologie innovative o alla limitata offerta di prodotti finanziari. Lo schema sarà operativo fino al 2029 per un importo complessivo massimo di 60 miliardi, che, verificato il concreto interesse degli investitori privati, potrebbe arrivare a mobilitare attraverso l’effetto “leva” della garanzia e il principio di addizionalità, molti miliardi di risorse aggiuntive.
Condividiamo gli obiettivi del programma di garanzia di sostenere gli investimenti infrastrutturali e per la transizione ambientale e digitale di cui il Paese ha fortemente bisogno e per realizzare i quali Archimede potrà complementare il PNRR. Giudichiamo positivamente diversi aspetti, all’insegna della partnership pubblico-privata, come il coinvolgimento di una platea di soggetti molto ampia (potenzialmente anche i soggetti previdenziali nella loro veste di sottoscrittori di strumenti obbligazionari, alla stessa stregua delle compagnie di assicurazione), gli interventi in situazioni di quasi fallimento di mercato, l’ammontare delle risorse messe a disposizione.
- b) Valorizzare gli investimenti di lungo termine degli investitori istituzionali e retail
Per i redditi derivanti da determinati investimenti (c.d. investimenti qualificati) effettuati dalle Casse di previdenza e dai fondi pensione fino al 10% dell’attivo patrimoniale è previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2017, un regime di non imponibilità. Sarebbe opportuno estendere questa norma anche alle gestioni separate delle compagnie di assicurazione, naturalmente trasferendo il beneficio fiscale agli assicurati.
Considerando gli asset in gestione delle compagnie, ciò consentirebbe di alimentare la crescita dei finanziamenti verso le imprese italiane.
Si richiama l’attenzione del Governo e delle Istituzioni ai temi legati allo sviluppo della previdenza complementare. È uno degli ambiti in cui occorre consolidare la collaborazione pubblico-privato con lo scopo di aumentare adesioni e versamenti. Si consideri, a questo scopo, anche la possibilità di incrementare l’importo deducibile sui contributi versati.
Si sottolinea inoltre la necessità di ridurre la tassazione oggi gravante sui rendimenti degli investimenti dei fondi di primo e secondo pilastro, rispettivamente al 26% e al 20%, e di perseguire l’armonizzazione a livello europeo del livello impositivo.
La variabile fiscale potrebbe inoltre costituire una leva rilevante per favorire impieghi a lungo termine e quindi l’afflusso di risorse verso l’economia reale, sia con riferimento agli investitori istituzionali, sia con riferimento allo sviluppo dei risparmi dei cittadini, in analogia e in un’ottica di complementarità rispetto a strumenti già esistenti. In particolare, come segnalato pubblicamente e più volte da FeBAF e dalle sue associate, si potrebbe prevedere una fiscalità premiale in funzione della durata degli investimenti.
Sul piano della tassazione degli strumenti finanziari, prevedendo un’aliquota agevolata sugli orizzonti di lungo termine sugli investimenti finanziari (non speculativi), si otterrebbe un ritorno per lo Stato, con il duplice risultato di incentivare il sostegno alle imprese e generare un gettito positivo per le casse dello Stato derivante dall’attivazione di investimenti aggiuntivi. Favorire l’attivazione di una quota di questo risparmio in favore di una gestione più dinamica, comunque libera e responsabile e che comprenda anche la previdenza complementare, è dunque un obiettivo di policy e di gestione di portafoglio individuale che è opportuno porsi.
Il sistema di tassazione potrebbe pertanto essere rivisitato introducendo un principio di correlazione tempo-aliquota: ad esempio, per i proventi degli investimenti detenuti in forma diretta o indiretta (es. tramite fondi di investimento o contratti assicurativi) per più di 12 mesi, si potrebbe prevedere un’aliquota di tassazione inversamente correlata alla durata degli investimenti, per ridurre gradualmente l’imposizione a partire da un certo anno di detenzione dello strumento finanziario.
La previsione di una fiscalità di favore per gli investimenti a lungo termine effettuati anche in via indiretta, risulterebbe in linea con la scelta operata già da diversi anni dal legislatore per incentivare gli investimenti con carattere di stabilità effettuati da investitori istituzionali (forme pensionistiche complementari e Casse ed enti privati di previdenza obbligatoria, come previsto dalla legge di bilancio 2017, n. 232/2016).
- c) Capitalizzazione PMI
Parallelamente al necessario sostegno alle PMI nell’accesso al credito, su cui FeBAF ha lavorato in questi anni, con particolare riferimento al sistema delle garanzie pubbliche e del Fondo di Garanzia per le PMI, riteniamo siano essenziali misure che possano aiutare queste imprese a rafforzare la propria struttura patrimoniale. Accanto alle misure previste dalla Legge Capitali, proponiamo di seguito alcune iniziative volte a favorire la capitalizzazione delle PMI.
Segnaliamo l’opportunità di valutare l’introduzione di un Fondo di fondi domestico che consenta di veicolare il capitale messo a disposizione dallo Stato attraverso gestori ed operatori di mercato, permettendo alle imprese in particolare alle PMI di accedere a strumenti di finanza alternativa. Un Fondo di fondi – che investa dunque in fondi di private capital che a loro volta investano in imprese per la loro crescita e ristrutturazione – moltiplicherebbe la leva del risparmio, aumenterebbe gli operatori (allineandoci ai livelli di altri Paesi) e la liquidità degli investimenti.
Riteniamo utile l’introduzione di un credito di imposta, riconosciuto in funzione e in proporzione all’ammontare investito, a favore degli attori finanziari che investono in FIA (Fondi di Investimento Alternativi), tra cui i fondi pensione, le Casse di previdenza e le gestioni separate delle compagnie di assicurazione.
- d) La dimensione europea
Pur nelle specificità del sistema previdenziale che caratterizza il nostro Paese, il tema della canalizzazione del risparmio previdenziale a favore di impieghi in economia reale ha una rilevanza comunitaria. Nell’ambito dell’Unione dei Mercati dei Capitali (CMU), e in particolare del Piano d’Azione del 2020, era prevista una serie di iniziative specifiche. Questo aspetto, tuttavia, è rimasto più indietro. Si è guardato più all’incentivazione della previdenza complementare, dove attenzione è stata ad esempio riservata ai PEPP (i prodotti pensionistici pan-europei) che tuttavia rimangono marginali sul piano concreto, minore è stato il lavoro dedicato ad individuare soluzioni che incentivino i fondi pensione a supportare l’economia reale. Il tema sarà rilevante per il prossimo ciclo legislativo europeo che si apre tra qualche mese e per il futuro della CMU. Restano peraltro da valutare il contenuto e gli sviluppi della recente proposta francese espressa durante l’Eurogruppo del 23 febbraio scorso su un prodotto di risparmio pan-europeo di mediolungo termine che sarebbe indirizzato allo sviluppo dell’economia reale europea10.»
Vi è un preciso intento da parte del Governo di utilizzare il patrimonio delle Casse per l’economia reale del Paese Italia.
Non sarebbe più semplice acquisire l’intero patrimonio garantendo alle Casse un rendimento in linea con le esigenze dei vari bilanci tecnici?
Avv. Paolo Rosa
«10 Piano di azione della Commissione Ue:
https://eur-lex.europa.eu/resource.html?uri=cellar:61042990-fe46-11ea-b44f-01aa75ed71a1.0010.02/DOC_1&format=PDF, 24 settembre 2000. Il piano proponeva 16 azioni legislative e non legislative con tre obiettivi chiave: sostenere una ripresa economica “verde”, digitale, inclusiva e resiliente, rendendo i finanziamenti più accessibili alle aziende europee; rendere l’UE un luogo ancora più sicuro in cui le persone possono risparmiare e investire a lungo termine; integrare i mercati nazionali dei capitali in un vero mercato unico. Tra le azioni previste: creare un unico punto di accesso ai dati delle imprese per gli investitori (“European Single Access Point”); sostenere le imprese di assicurazione e le banche affinché investano maggiormente nelle imprese dell’UE e a più lungo termine; rafforzare la protezione degli investitori per favorire maggiori investimenti transfrontalieri nell’UE; agevolare il monitoraggio dell’adeguatezza delle pensioni in tutta Europa, attraverso lo sviluppo di “pension dashboards”; promuovere ulteriormente l’armonizzazione e la convergenza delle norme in materia di insolvenza; compiere passi avanti nella convergenza in materia di vigilanza e nell’applicazione uniforme del corpus unico di norme per i mercati finanziari nell’UE».
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