L’ EQUO COMPENSO NEL CODICE DEI CONTRATTI
Nel provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri del 16 dicembre l’obbligo di inserire nei bandi i criteri ambientali minimi, l’equo compenso per le prestazioni professionali
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Obbligo di criteri ambientali, innalzamento soglie per l’affidamento diretto, equo compenso, snellimenti nella progettazione, divieto di prestazioni gratuite: sono le revisioni al Codice Appalti approvate dal Consiglio dei Ministri del 16 dicembre. Il provvedimento semplifica le attuali norme e la loro applicazione, introducendo una serie di novità.
Il testo passa ora in Parlamento per un parere (non vincolante), per poi tornare in CdM e divenire immediatamente esecutivo, senza bisogno di provvedimento attuativi.
Le principali novità
Per il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, il Ddl Appalti (pensato per le PMI) «permetterà di aprire cantieri in tempi più veloci. E creerà posti di lavoro». L’innalzamento a 500mila euro (dagli attuali 150mila) della soglia che i Comuni devono rispettare per affidare i lavori anche senza la qualificazione della stazione appaltante, per Salvini comporta lo sblocco dell’80% degli appalti affidati ai Comuni.
Per quanto riguarda le altre novità introdotte, ci sono snellimenti di molte procedure. Per esempio, si prevedono solo due livelli di progettazione (fattibilità economica e progetto esecutivo) eliminando le fasi intermedie. Le altre novità riguardano l’obbligo di inserire nei bandi i criteri ambientali minimi, l’equo compenso per le prestazioni professionali, la fusione tra responsabile unico del procedimento e del progetto, con la revisione delle sue prerogative.
Lo schema definitivo di Codice ha un numero di articoli analogo a quelli del Codice vigente ma ne riduce di molto i commi, abbattendo di quasi un terzo le parole e i caratteri utilizzati e, con i suoi allegati, sfronda il numero di norme e linee guida di attuazione.
Il Consiglio di Stato, che in sinergia con il Governo ha elaborato lo schema del nuovo decreto legislativo, esemplifica nel seguente modo la ratio del lavoro svolto e gli obiettivi perseguiti.
- semplificazione: maggiore discrezionalità delle amministrazioni, meno goldplating, più digitalizzazione, trasparenza e qualificazione contro il rischio di fenomeni corruttivi;
- accelerazione delle procedure e non solo sulla carta: il termine ridotto è stato individuato avendone presente l’effettiva fattibilità, per garantire certezza nei tempi di affidamento, esecuzione e pagamento delle imprese;
- digitalizzazione completa delle procedure e interoperabilità delle piattaforme: invio unico di dati, documenti e informazioni alle diverse stazioni appaltanti;
- tutela dei lavoratori tramite clausole sociali, valorizzazione dei CCNL e contrasto ai contratti pirata, tutela delle imprese in tema di rinegoziazione e revisione dei prezzi o nella suddivisione in lotti.
In generale, si legge nello schema messo a punto dal Consiglio di Stato, «attraverso la codificazione dei principi, il nuovo progetto mira a favorire una più ampia libertà di iniziativa e di auto-responsabilità delle stazioni appaltanti, valorizzandone autonomia e discrezionalità (amministrativa e tecnica) in un settore in cui spesso la presenza di una disciplina rigida e dettagliata ha creato incertezze, ritardi, inefficienze. Ciò in quanto la legge – soprattutto un codice – non può inseguire la disciplina specifica di ogni aspetto della realtà, perché si troverà sempre in ritardo, ma deve invece fornire gli strumenti e le regole generali e astratte per regolarla».
L’iter del nuovo Codice Appalti
Il dlgs non necessita di ulteriori provvedimenti attuativi ma, per l’entrata in vigore, l’iter non è ancora finito. Il testo deve passare prima in Parlamento per i necessari pareri (non vincolanti, ma obbligatori) e poi ci sarà poi un secondo passaggio in Consiglio dei Ministri. Nel corso del passaggio parlamentare, ha sottolineato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, sono previsti i pareri di tutti i soggetti «che hanno titolo per formulare proposte migliorative».
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