LAVORARE GRATIS PER GRATIFICARSI
La Pa può chiedere consulenze gratis e il professionista è libero di aderire e ne ricava la gratificazione di aver contribuito alla “cosa pubblica”
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Insomma dopo il danno anche la beffa. Secondo la Cassazione in base all’art. 13 bis della legge professionale forense, la pubblica amministrazione, in attuazione dei principi di trasparenza, buon andamento ed efficacia delle proprie attività, garantisce il principio dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti.
In forza di tale disciplina, gli Ordini degli Avvocati di Roma e Napoli hanno impugnato un bando del MEF che prevedeva il conferimento di incarichi per consulenze gratuite.
Secondo la sentenza del 09 novembre 2021 n. 7442 del Consiglio di Stato (testo in calce), l’equo compenso deve applicarsi solo laddove un compenso sia previsto e dalla previsione dell’equità della remunerazione non può desumersi il corollario per cui il compenso debba sempre essere previsto. Pertanto, risulta perfettamente legittima la richiesta di una prestazione a titolo gratuito.
Sia nel quadro costituzionale che in base alla normativa euro-unitaria «la prestazione lavorativa a titolo gratuito è lecita e possibile e […] il “ritorno” per chi la presta può consistere anche in un vantaggio indiretto» come l’arricchimento curriculare o il prestigio personale.
Alla fine, l’avviso pubblico viene annullato, non a causa della gratuità della prestazione richiesta, ma perché nella formazione dell’elenco al quale attingere e nell’affidamento degli incarichi non sono stati fissati criteri ispirati alla trasparenza e non sono state adottate regole predeterminate e non discriminatorie.
Secondo i giudici amministrativi non esiste una norma che vieti di lavorare senza retribuzione
L’art. 36 della Costituzione, al primo comma, dispone che “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. La disposizione riguarda un’attività lavorativa che è necessariamente retribuita per soddisfare le esigenze minime di vita del lavoratore e del suo nucleo familiare. Tale norma non vieta all’individuo di compiere scelte libere in merito alla possibilità di svolgere il proprio lavoro senza una retribuzione.
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