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L’INVERNO DEMOGRAFICO E IL PIL

Voglio sperare che il Governo alla ricerca disperata di risorse non faccia cassa sulle pensioni.

L’INVERNO DEMOGRAFICO E IL PIL

In sede di audizione avanti le Commissioni riunite di Camera e Senato sul Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025 – 2029, è stato sentito il Presidente dell’Istat il quale ha depositato una relazione della quale estrapolo due passaggi, utili allo scopo: lo scenario demografico e l’andamento del PIL.

«Lo scenario demografico

La dinamica demografica nei primi sette mesi del 2024

Lo scenario demografico che emerge dai dati provvisori relativi ai primi sette mesi del 2024 non presenta inversioni di tendenza rispetto al recente passato e vede anzi amplificati gli effetti del processo demografico in corso. Le nascite sono state circa 210mila, oltre 4mila in meno rispetto allo stesso periodo del 2023; scendono anche i decessi, nei primi sette mesi dell’anno in corso pari a 372mila contro i 389mila dell’anno precedente (-17mila). Il deficit naturale (ossia il saldo fra nascite e decessi) migliora leggermente rispetto al 2023 ma rimane in ogni caso fortemente negativo (-163mila, contro -174mila dell’anno precedente). Sul versante dei flussi migratori internazionali crescono sia gli ingressi sia le uscite. Si riscontrano, infatti, 253mila ingressi (+10mila rispetto ai primi sette mesi 2023) e 106mila uscite (+16mila). Ne consegue, per il momento, un saldo migratorio con l’estero ampiamente positivo (+147mila) e di 6mila unità inferiore a quello registrato nello stesso periodo del 2023. Il risultato di tali dinamiche è una popolazione poco inferiore ai 59 milioni di abitanti, che a fine luglio perde ulteriori 15mila residenti rispetto all’inizio dell’anno.

La struttura attesa di popolazione e famiglie nei prossimi anni

L’Istat ha diffuso lo scorso 24 luglio le nuove previsioni sul futuro demografico del Paese, aggiornate al 2023. Richiamando in questa sede le tendenze previste, può essere utile porre particolare attenzione allo scenario atteso lungo l’orizzonte del Piano, seppure in un contesto nel quale non mancano elementi di incertezza.

In base allo scenario di previsione mediano, tra il 2024 e il 2031 la popolazione residente scenderà ulteriormente da circa 59 milioni al 1° gennaio 2024 a 58,4 milioni nel 2031, per arrivare fino a 54,8 milioni nel 2050. L’evoluzione attesa della popolazione, tuttavia, risulta tanto più incerta quanto più ci si allontana dall’anno base: nel 2031 gli estremi dell’intervallo di confidenza al 90%, ovvero tale che il presunto valore cada tra due estremi con probabilità pari al 90%, oscilla tra 58,1 e 58,7 milioni (52,7 e 57,0 nel 2050); nell’ipotesi più favorevole la popolazione potrebbe quindi subire una perdita di “soli” 250mila residenti entro il 2031 (ma oltre 2 mln entro il 2050); nel caso meno positivo, invece, il calo di popolazione supererebbe le 850mila unità (e 6,3 milioni entro il 2050).

In che misura tali trasformazioni accadranno dipende dall’incertezza del futuro comportamento demografico. Anche negli scenari di natalità e mortalità più favorevoli il numero di nascite non potrà comunque compensare quello dei decessi.

Nel 2030, lo scenario mediano contempla un saldo naturale pari a -322mila unità, che a sua volta diverrebbe pari a -284mila nell’ipotesi più favorevole, un valore comunque fortemente negativo.

Lo scenario mediano contempla movimenti migratori netti con l’estero positivi. A una prima fase molto intensa fino al 2030, cui corrisponde una media di flussi netti di circa 230mila unità annue, seguirebbe una fase di stabilizzazione con un flusso netto medio annuo di 170mila individui fino al 2050. Ciononostante, i flussi migratori attesi non controbilancerebbero il segno negativo della dinamica naturale; anch’essi sono soggetti, peraltro, a molteplici fattori di incertezza in grado di spostarne intensità e direzione (spinte migratorie nei Paesi di origine, instabilità del quadro geopolitico internazionale, ecc…). Occorre quindi una grande cautela nell’analisi dei risultati: è significativo, a riguardo, che l’intervallo di confidenza al 90% del saldo migratorio netto con l’estero restituisca nel 2030 estremi che variano da +156mila a +241mila(e tra +71mila e +264mila nel 2050).

Le prospettive future comportano un’amplificazione dello squilibrio tra nuove e vecchie generazioni che appare guidato più dall’attuale articolazione per età della popolazione che dai cambiamenti demografici ipotizzati (evoluzione di fecondità, mortalità e dinamiche migratorie): la proporzione è, all’incirca, di due terzi e un terzo rispettivamente. Nel 2031 le persone di 65anni e più potrebbero rappresentare il 27,7% del totale secondo lo scenario mediano (dal 24,4% del 2023 e fino al 34,5%nel 2050). L’impatto sulle politiche di protezione sociale sarà quindi importante, dovendo fronteggiare i fabbisogni di una quota crescente (e più longeva) di anziani. Sul versante previdenziale le ipotesi sulle prospettive della speranza di vita a 65 anni contemplate nello scenario mediano presagiscono una crescita importante, a legislazione vigente, dell’età al pensionamento. Rispetto agli attuali 67 anni, si passerebbe a 67 anni e 3 mesi dal 2027, a 67 anni e 6 mesi dal 2029 e a 67 anni e 9 mesi a decorrere dal 2031, per arrivare a 69 e 6 mesi dal 2051.

Sebbene nello scenario mediano si preveda una fecondità in parziale recupero, i giovani fino a 14 anni potrebbero rappresentare nel 2031 il 10,8% del totale (dal 12,2% del 2023, fino all’11,2% nel 2050), registrando una moderata flessione in termini relativi ma non assoluti. Si presenterà un maggiore squilibrio tra ultrasessantacinquenni e ragazzi: se oggi per ogni giovane fra 0 e 14anni ci sono due anziani sopra i 65anni, il rapporto salirà a 2,5 nel 2031 (3 a 1 nel 2050). L’aspetto probabilmente più critico, tuttavia, sarà il rapporto decrescente nel tempo tra gli individui in età attiva (15-64 anni) e quelli in età non attiva (0-14 e 65 anni e più). Già nel 2031, infatti, la popolazione di 15-64 anni potrebbe scendere al 61,5% del totale (54,4% nel 2050), registrando una flessione di 2 punti percentuali (oltre 9 nel 2050),

Va peraltro sottolineato che nello scenario mediano si ipotizza una crescita della fecondità da 1,21 figli per donna nel 2024 a 1,28 nel 2030 (1,38 nel 2050), ma questo non risulta di per sé sufficiente a incrementare le nascite e a contrastare il declino naturale della popolazione in quanto proseguirà negli anni a venire il calo progressivo delle donne in età fertile (da 11,5 milioni nel 2024 a 10,8 milioni nel 2031, fino a 9,2 nel 2050), evidenziando un quadro evolutivo con importanti ricadute sul mercato del lavoro e sul sistema di welfare.

Nei prossimi 7 anni si prevede un aumento di oltre 500mila famiglie: da 26,1 milioni nel 2024 a 26,6 milioni nel 2031. Una tale evoluzione dipende dalle conseguenze di lungo periodo delle dinamiche sociodemografiche già in atto e sarà dovuto in larga misura alla crescita delle persone che vivono sole: da circa 9,4 milioni nel 2024 a 9,9 milioni nel 2031. All’interno di tale tipologia familiare è prevista in crescita soprattutto quella composta da individui di 65 anni e più: come conseguenza dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento della speranza di vita, che genera un maggior numero di persone anziane sole, queste famiglie passerebbero da 4,5 milioni nel 2024 a 5 milioni nel 2031.

Per effetto della prolungata bassa fecondità degli ultimi decenni, nonché sulla base delle ipotesi considerate nello scenario mediano, si prevede una prosecuzione della diminuzione delle coppie con figli. Tale tipologia familiare, che oggi contabilizza 7,7 milioni di famiglie (circa il 30%), nel 2031 potrebbe scendere a 7,2 milioni (27%).

Parallelamente si prevede un aumento delle coppie senza figli: da 5,3 milioni nel 2024 a 5,6 milioni nel 2031. La loro quota sul totale delle famiglie crescerebbe così dal 20,3% al 21,1%. Nello stesso arco temporale la crescente instabilità coniugale comporterà, infine, anche un aumento più contenuto di famiglie composte da un genitore solo, che passeranno da 2,8 milioni (il 10,6% del totale) a 2,9 milioni (10,8%).

In futuro si prevedono quindi famiglie sempre più piccole e caratterizzate da una maggiore frammentazione, il cui numero medio di componenti scenderà dalle attuali 2,25 persone per famiglia a 2,18 nel 2031.

La situazione del PIL viene così visualizzata:

 »

(Fonte: Esame del Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025 – 2029, Doc. CCXXXII n. 1, Audizione del Presidente dell’Istituto nazionale di statistica, prof. Francesco Maria Chelli, 7 ottobre 2024).

Come ho già scritto in altri articoli, la decontribuzione non giova al rilancio dell’economia mentre sconquassa l’equilibrio previdenziale e quindi bisogna trovare un altro algoritmo utile allo scopo.

Per quanto riguarda la demografia, oltre ad un rilancio della natalità che richiede però tempi lunghi, va impostato un serio piano di accoglienza, con istruzione e integrazione nel nostro contesto sociale.

Il PSB stima che la spesa per pensioni aumenterà dal 15,0% al 15,4% del PIL tra il 2023 e il 2027. Questo dato viene spesso utilizzato per giustificare tagli alla spesa, trattando le pensioni come una semplice voce di bilancio da ridurre.

La sostenibilità del sistema previdenziale, richiamata nella premessa al PSB, deve conciliare la sostenibilità finanziaria con la sostenibilità sociale che sia in grado di rispondere ai bisogni dei lavoratori e dei pensionati.

 

 

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