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LO STATUTO DEL CONTRIBUENTE IN COSTITUZIONE

La proposta dell'Associazione nazionale commercialisti.

LO STATUTO DEL CONTRIBUENTE IN COSTITUZIONE

«Durante l’ultimo appuntamento fiscale moltissime imprese non sono riuscite a saldare quanto dovevano», a parlare è Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale commercialisti. Il riferimento è allo scorso 22 agosto, quando su imprese e professionisti si è abbattuto un ciclone da 179 adempimenti e 168 versamenti. La sua è la testimonianza di un professionista che si confronta quotidianamente con i suoi clienti, che peraltro sono anche il tessuto produttivo dell’Italia. Proprio le imprese, infatti, sono le più gravate da quello che è sempre più il Paese delle tasse: «La pressione fiscale ha raggiunto livelli insostenibili», prosegue il presidente dell’Anc, «tra entrate tributarie e contributive l’abbiamo stimata intorno al 50%, ma se si contasse anche la pressione indiretta derivante dai vari tributi locali la percentuale potrebbe essere anche superiore».

La situazione non migliora molto se si sposta il focus dalla tassazione delle imprese, a quella complessiva: una recente stima, rilasciata dal Fondo monetario internazionale, attribuisce al nostro Paese una pressione fiscale prevista per quest’anno al 48,3%, con il picco previsto per il 2023 al 48,4 per cento. Il centro studi di Unimpresa ha invece stimato che negli ultimi 15 anni l’impatto del prelievo fiscale sul prodotto interno lordo è cresciuto del 4%, passando dal 39% del 2005 al 42,9% nel 2021. In Europa, l’Italia è al quarto posto tra i Paesi più tassatori, dietro solamente a Danimarca (46,5%), Francia (45,4%) e Belgio (43,1%) che hanno tutti un sistema di welfare più perfomante del nostro. A Roma si paga di più anche di Svezia (42,6%), Austria (42,1%) e Finlandia (41,9%). Tutti Stati rinomati per servizi pubblici e welfare al top, a differenza dell’Italia dove si paga tanto per avere meno.

«In questo momento le imprese sentono il peso delle accise e delle bollette, ed è doveroso che il prossimo governo faccia qualcosa per mitigare l’aumento del costo energetico. Dovrebbe esserci una misura strutturale e continuativa, mentre finora ci sono stati solo interventi palliativi. Allo stesso modo si è operato sulla riforma fiscale, che ha visto ritocchi a spot senza una riforma organica per rilanciare il sistema economico del Paese».

Se a tutto questo si aggiunge un tasso d’inflazione che per il nostro Paese, nel dato di luglio, ha raggiunto la cifra dell’8,4% su base annuale, risulta chiaro che l’unico modo per evitare che l’Italia torni a dibattersi tra recessione e tassi di crescita dello zero virgola sia un importante abbassamento delle tasse, da accompagnare a una revisione della spesa improduttiva.

Oltre al doveroso intervento per abbassare la pressione fiscale, però, l’associazione dei commercialisti chiede anche che il fisco diventi amico dei contribuenti. «A oggi il fisco non è affatto dalla parte dei cittadini -, osserva Cuchel, – tanto che noi stessi professionisti lamentiamo difficoltà interpretative, figuriamoci i cittadini». La messa in atto delle norme è sovente confusa e caotica, denuncia l’Anc: «Ci siamo imbattuti talvolta in norme retroattive, anche se lo statuto del contribuente vieta una tassazione di questo genere. Del resto, la troppa incertezza nel nostro ordinamento è uno dei motivi per cui molti stranieri rinunciano a investire qui da noi». I commercialisti, dunque, lanciano la loro proposta: «Eleviamo lo Statuto del contribuente a rango costituzionale, questo contribuirà a un rapporto più paritario tra Agenzia delle Entrate e cittadini».

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