MEDICI IN PIAZZA A ROMA
Albero di Natale 'decorato' con i camici bianchi. Ordine dei medici: "L'alternativa è un sistema dove la sanità sia sempre di più affidata ai privati e alle assicurazioni"
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La pioggia e il freddo non hanno fermato i medici del Servizio sanitario dallo scendere in piazza a Roma a difesa della sanità pubblica. In tanti stanno presiedendo, con fischietti e bandiere dei rispettivi sindacati, piazza Santi Apostoli. ‘Salviamo il nostro Ssn, vi siete già dimenticati di noi’ è lo slogan principale, ma i medici, tanti i giovani dottori, hanno portato anche un albero di Natale che al posto delle palle decorative è addobbato con i camici bianchi.
“Domani (oggi ndr) ci sarà un incontro preliminare con il ministro Schillaci, il primo ci auguriamo di tanti, dove si comprenda che non solo i medici ma i cittadini hanno bisogno del Ssn pubblico. Nella Manovra non c’è un euro per la sanità, occorre un modello diverso. Serve un investimento vero sui medici, l’allargamento della flat tax ai dipendenti pubblici e la depenalizzazione dell’atto medico”, spiega all’Adnkronos Salute Pierino Di Silverio, segretario dell’Anaao-Assomed che all’interno dell’Intersindacale ha promosso la manifestazione.
“La priorità vera è aprire un tavolo di confronto permanente con i sindacati di categoria, partiamo da questo – sottolinea Andrea Filippi, segretario Fp Cgil Medici – Serve un piano di assunzioni straordinario perché mancano 10mila medici ma la cosa che preoccupa è che il Ssn non è attrattivo, per cui quei 48mila medici che nel 2030 saranno in pensione non potranno essere sostituti se favoriamo i liberi professionisti”.
“Oggi siamo in piazza con i colleghi dell’Intersindacale per portare la nostra solidarietà, e per manifestare il nostro impegno per salvare il Servizio Sanitario Nazionale”, dice il presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, Filippo Anelli, ieri insieme al vicepresidente Giovanni Leoni e al Segretario Roberto Monaco, in piazza santi Apostoli. “Allo stesso modo -aggiunge Anelli – siamo solidali con i medici di famiglia Fimmg che, alle 17, visiteranno per un quarto d’ora a lume di candela, per lanciare un segnale d’allarme sulla situazione drammatica della medicina generale. Il disagio dei medici – spiega Anelli – è trasversale alla professione: turni infiniti, carenza di organici, burocrazia soffocante, scarso riconoscimento sociale ed economico, aggressioni e incidenti sul lavoro rendono impossibile dedicarsi ai pazienti con la dovuta serenità. Anzi, il malessere è trasversale a tutte le professioni sanitarie. Tanto che sempre più professionisti lasciano il Ssn, scegliendo il privato, laddove offre migliori condizioni di lavoro e di vita, l’estero o il prepensionamento. La situazione è drammatica – avverte – e il Servizio sanitario nazionale, senza professionisti, rischia di scomparire. E, quel che è peggio, nessuno sembra accorgersene. Sembra che sia più importante costruire una struttura, acquistare uno strumento rispetto a valorizzare il capitale umano.
Il Fondo sanitario nazionale è stato incrementato in questi ultimi anni – aggiunge – ma la maggior parte delle risorse è destinata all’acquisto di beni e servizi. Per questo avevamo chiesto di vincolare 2 miliardi di euro per i professionisti. Che, sempre più, lasciano la sanità pubblica: solo considerando i pensionamenti, usciranno, da qui al 2027, 41mila tra medici di famiglia e dirigenti medici, 50mila se consideriamo l’insieme dei medici del Ssn. E, se tutti i medici che esprimono il desiderio di fuggire dal pubblico lo mettessero in pratica, tra pensionamenti e dimissioni il numero salirebbe a 100mila. Ma il Servizio sanitario, senza le persone, senza i medici, senza i professionisti sanitari non esiste. L’alternativa – conclude – è un sistema dove la sanità sia sempre di più affidata ai privati, alle cooperative, alle assicurazioni. Questo creerebbe un aumento delle disuguaglianze e farebbe crollare quei principi di universalità, uguaglianza ed equità che, reggendo il nostro Ssn, costituiscono il presupposto per assicurare la coesione sociale del Paese”.
Alessandro Vergallo, presidente Aaroi-Emac parla di una politica che «si è dimostrata un amministratore incapace… Dal pubblico i medici si dimettono per lavorare nel privato, guadagnando uno stipendio 4 volte maggiore quello di un medico Ssn».
Guido Quici (Cimo Fesmed) chiede «almeno 5 miliardi in più» per il Fondo sanitario, o «gli ospedali rimarranno vuoti, noi qui siamo l’ultimo baluardo a difesa del SSN, ma siamo soli e serve un movimento di protesta».
Elemento di ulteriore pressione, la questione femminile. Si rivolgono a Giorgia Meloni le mediche della sanità pubblica per chiedere di essere “tutelate come donne e come operatrici del Ssn”. La lettera è scandita dalla dottoressa Gabriella Raso. “Ci viene chiesto di lavorare come se non avessimo figli ma poi ci viene chiesto di farli. Noi donne della sanità rappresentiamo il 70% dei sanitari italiani”.
Pure Fabiola Fini, vicesegretario SMI sottolinea come la sanità sia sempre più donna. «Basta con le difficoltà nel conciliare lavoro-famiglia che per tanti anni hanno portato le donne medico ad adottare un comportamento rinunciatario verso eventuali attività aggiuntive che possono incrementare retribuzione e prestigio. E basta divari retributivi rispetto agli uomini. Chiediamo con forza sia attuata l’obbligatorietà della sostituzione della maternità da parte delle aziende sanitarie e contiamo che la premier si schieri al nostro fianco in questa battaglia di civiltà».
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