MEDICI UNA PROFESSIONE IN CRISI
Super lavoro e pochi soldi.
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Chi ci curerà domani? Una domanda legittima, alla luce dei risultati dell’ultima indagine sui ‘camici bianchi’ italiani. Tra super lavoro e stipendi sempre troppo bassi, è impressionante il numero di medici e dirigenti sanitari che pensano a dire addio al Servizio sanitario nazionale: ben il 72%.
Fare il medico è una vocazione e, almeno fra gli studenti, l’appeal di questo mestiere resiste, come mostrano i numeri degli aspiranti che ogni anno (chissà per quanto ancora) si sottopongono al test per l’accesso a Medicina. Ma se lasciamo le aule universitarie e ci spingiamo fino alla realtà delle corsie, le cose sono molto diverse. Il disagio dilaga e il pensiero di lasciare serpeggia fra gli operatori.
Il quadro è decisamente deprimente. Anaao Assomed ha intervistato un campione rappresentativo di camici bianchi: l’87% dice di non riuscire più ad avere una vita personale soddisfacente, il 96,5% di essere sottoposto a un eccessivo carico lavorativo. E così il 72% pensa di lasciare il posto fisso nel Ssn per trasferirsi all’estero, passare alla Medicina Generale o andare a lavorare nel privato.
Un dato preoccupante, considerato che i nostri medici sono i più anziani d’Europa: nel 2021, ha detto l’Istat in audizione in Commissione Cultura al Senato, il 55,2% aveva più di 55 anni, contro il 44,5% in Francia, il 44,1% in Germania e il 32,7% in Spagna.
Oltretutto molti sono già passati dalle parole ai fatti: sono mille ogni anno i medici italiani che richiedono i certificati per trasferirsi oltreconfine, come ha detto nei mesi scorsi il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Filippo Anelli.
n desiderio di fuga divenuto allarmante, secondo Pierino Di Silverio, segretario nazionale Anaao Assomed. E molto superiore anche alle percentuali pubblicate di recente dallo studio del McKinsey Health institute svolto in 30 Paesi. “Non è il lavoro medico in generale a non essere più attrattivo, ma la vita ospedaliera, scandita da guardie e reperibilità in corsia e in sala operatoria”.
Un trend che va di pari passo con il rapido esaurimento dei posti nelle specialità più spendibili fuori dal Ssn, come cardiologia, dermatologia, pediatria, oculistica, neurologia, chirurgia plastica, gastroenterologia, endocrinologia, ginecologia, “a fronte della mancata assegnazione dei posti che costringono alla vita ospedaliera in specialità che offrono, di fatto, meno possibilità e prospettive nel privato”.
Alcune condizioni di lavoro sono migliorate rispetto al questionario di 9 anni fa. La quota di medici nella fascia dai 31 ai 40 anni è aumentata, grazie alle nuove assunzioni, anche di specialisti, per far fronte alla Pandemia. Inoltre il numero di medici che lavorano dopo la notte di guardia, in franca violazione della normativa sui riposi, si è sostanzialmente dimezzato, rileva l’Anaao.
Ci sono poi le novità arrivate con la firma del tanto atteso contratto. Un accordo che “potrà contribuire a migliorare alcune situazioni e a rendere più cogente il rispetto delle norme”, rileva Di Silverio.
Resta il problema di chi dichiara di lavorare con surplus orario annuale compreso tra 150 e 250 ore (40%) e quello del mancato recupero del giorno festivo non usufruito per reperibilità attiva/passiva: oltre il 50% degli intervistati.
Il fatto è che i carichi di lavoro per i medici sono rimasti sostanzialmente invariati: pazienti visitati in corsia, notti e reperibilità, festività non godute. Mentre peggiora il dato di fruizione delle ferie, con oltre il 50% che non riesce a utilizzare i giorni di riposo previsti, e quello delle ore di aggiornamento, utilizzate da una percentuale risibile degli intervistati.
Ci sono poi altri problemi: la gravidanza non è sostituita nell’85% dei reparti degli intervistati. Solo per il 3% è sostituita entro i due mesi e per il 12% dopo oltre due mesi. Così, come abbiamo già detto, la quasi totalità dei partecipanti al sondaggio (96,5%) dichiara di essere sottoposto a un eccessivo carico lavorativo, dato in peggioramento rispetto al 91,9% della Survey precedente. E oltre la metà di questi ultimi lamenta un carico decisamente elevato, dichiarando di essere vicino al “burnout”.
Il sindacato suggerisce alcune misure ‘chiave’ per frenare la fuga dei medici: una retribuzione differenziata per le varie specializzazioni (in particolare le specializzazioni con attività prevalentemente ospedaliera e turni di guardia festivi e feriali andrebbero maggiormente remunerate); l’incremento dei salari con adeguamento alla media europea; la riduzione della burocrazia eccessiva, l’adeguamento dei carichi di lavoro e l’aumento dell’opportunità di carriera; la sostituzione della maternità e la flessibilità oraria.
Insomma, per l’Anaao l’obiettivo chiave del 2024 è “migliorare le condizioni di lavoro“, attraverso un intervento sulle retribuzioni e sui modelli organizzativi. “Dobbiamo fermare questa deriva che rischia di travolgere il servizio sanitario pubblico e nazionale costruito in 45 anni di lavoro e sacrifici”. Un tema che, scommettiamo, tornerà sul tavolo della trattativa per il nuovo contratto nazionale.
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