MENO PENSIONE DI INVALIDITÀ CON LA RIFORMA DI CASSA FORENSE
Preliminarmente è bene sapere che l’esistenza di una posizione debitoria impedisce la maturazione del requisito dell’effettiva e integrale contribuzione, previsto per la liquidazione di qualsivoglia trattamento previdenziale.
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La pensione di invalidità spetta all’iscritto la cui capacità all’esercizio della professione sia ridotta, in modo continuativo, a meno di 1/3 per infermità o difetto fisico o mentale sopravvenuti dopo l’iscrizione.
Nel previgente sistema la misura della quota di base della pensione di invalidità era pari al 70% di quella risultante dall’applicazione dell’art. 47 del Regolamento unico della previdenza forense e non poteva essere inferiore al 70% della pensione prevista dal successivo art. 48, primo comma del citato regolamento per l’anno della decorrenza (art. 54, comma 3, del Regolamento unico della previdenza forense).
Sulla pensione di invalidità era poi dovuta l’integrazione al trattamento minimo.
Però in molti casi, in passato, Cassa Forense sosteneva che l’integrazione al trattamento minimo non era dovuta perché la pensione di invalidità percepita dall’avvocato era stata adeguata al trattamento minimo al momento del calcolo, in applicazione dell’art. 10 del regolamento previgente, trasfuso nell’art. 54 del Regolamento unico della previdenza forense.
Il tutto sul presupposto che non si potesse liquidare una pensione di invalidità superiore al 70% della pensione prevista dall’art. 48, primo comma, del previgente regolamento unico.
La norma però indicava espressamente che la misura della quota base della pensione di invalidità non può essere inferiore al 70% che è cosa diversa dal dire che la pensione, integrata, non può essere superiore al 70%.
La correttezza di questo ragionamento è offerta oggi dalla stessa Cassa Forense con il nuovo Regolamento unico della previdenza forense, in vigore dal 1° gennaio 2025, ed infatti, all’art. 75, che disciplina il regime della pensione di invalidità al n. 3 si dice testualmente che: “La misura della pensione è pari al 70% di quella risultante dall’applicazione dell’art. 64, comma 1, lettere a) e b) (la pensione di cui ai precedenti articoli 61 – pensione di vecchiaia, 62 – pensione di vecchiaia anticipata e 63 – pensione di anzianità, sono costituite dalla somma di tre distinte quote confluenti in un trattamento unitario: a) la prima quota, relativa alle anzianità contributive maturate fino al 31.12.2024, calcolata secondo le regole del sistema retributivo di cui all’art. 65; b) la seconda quota, relativa alle anzianità contributive maturate dopo il 31.12.2024, calcolata secondo il sistema contributivo di cui all’art. 69). La pensione così calcolata può essere integrata, in presenza di tutti i requisiti, fino al 70% dell’importo del trattamento minimo di cui all’art. 72”.
Con questo sistema, rispetto alla previgente normativa, la pensione di invalidità non potrà essere integrata oltre il 70% dell’importo del trattamento minimo così dando copertura normativa alla precedente interpretazione di Cassa Forense che però era sfornita del supporto normativo.
Fare cassa sulla pensione di invalidità non mi pare in linea con i principi solidaristici della previdenza forense.
Riporto, per completezza, l’art. 72 del nuovo Regolamento che disciplina l’integrazione al trattamento minimo:
“Art. 72 Integrazione al trattamento minimo
- Su domanda dell’avente diritto, qualora applicando i criteri di calcolo di cui agli artt. 65, 66 e 70 la pensione annua sia inferiore ad euro 10.250,00, preso come base l’anno 2029, è corrisposta un’integrazione sino al raggiungimento del suddetto importo.
- Nel periodo transitorio, l’importo di cui al comma 1 è fissato ad € 12.500,00 per le pensioni il cui diritto sia maturato dal 1° gennaio 2025 al 31 dicembre 2026 e ad € 11.400,00 per le pensioni il cui diritto sia maturato dal 1° gennaio 2027 al 31 dicembre 2028.
- L’importo di cui al comma 1 è rivalutato annualmente, a partire dal 2030, con i criteri di cui all’art. 80. È escluso ogni collegamento automatico di tale importo minimo con il contributo soggettivo minimo.
- L’integrazione al trattamento minimo compete solo nell’ipotesi in cui il reddito complessivo dell’iscritto e del coniuge ove vivente, non divorziato o legalmente separato al momento di presentazione della domanda, comprensivo dei redditi da pensione, nonché di quelli soggetti a tassazione separata o a ritenuta alla fonte, non sia superiore al doppio del trattamento minimo. Essa compete solo sino al raggiungimento del reddito complessivo massimo pari a due volte il trattamento minimo di cui sopra, salvo quanto previsto al successivo comma 5 del presente articolo.
- Ai fini del computo del reddito massimo di cui al comma 4 non si considerano il reddito della casa di abitazione del titolare della pensione, anche se imputabile al coniuge, il trattamento di fine rapporto e le erogazioni ad esso equiparate. Per i fini di cui alla presente normativa si considera la media dei redditi effettivamente percepiti nei tre anni precedenti quello per il quale si chiede l’integrazione al trattamento minimo della pensione.
- All’atto della presentazione della domanda di integrazione al trattamento minimo il richiedente dovrà sottoscrivere autocertificazione relativa ai requisiti reddituali di cui ai precedenti commi, impegnandosi a comunicare le variazioni che comportino la perdita del diritto all’integrazione. In ogni caso ogni tre anni il pensionato dovrà ripetere la domanda di integrazione con le modalità di cui sopra.
- La quota modulare e gli eventuali supplementi di pensione assorbono, sino a concorrenza, l’integrazione al trattamento minimo della pensione.
- Qualora risulti che il pensionato abbia ricevuto l’integrazione al minimo a seguito di dichiarazioni non rispondenti al vero, egli è tenuto, oltreché alla restituzione delle somme indebitamente percepite, maggiorate degli interessi legali, al pagamento di una sanzione, come prevista dal comma 9.
- La sanzione di cui al comma 8 è pari al 30% delle somme lorde indebitamente percepite, ferme le eventuali sanzioni previste dalle leggi penali.
- In caso di anticipazione della pensione ai sensi dell’art. 62, fermo restando quanto previsto dall’art. 65 comma 5, l’importo annuo integrato al minimo verrà ridotto nella misura dello 0,41% per ogni mese di anticipazione rispetto al requisito anagrafico previsto dall’art. 61. L’importo della riduzione di cui al periodo precedente verrà riproporzionato in ragione del rapporto tra l’anzianità contributiva posseduta dall’iscritto fino al 31 dicembre 2024 e l’anzianità contributiva totale. La riduzione non si applica ove l’iscritto, al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di età, ovvero al momento successivo della trasmissione della domanda di pensione, abbia raggiunto il requisito della effettiva iscrizione e integrale contribuzione per almeno quaranta anni.”
Da ultimo ricordo che la Corte Suprema di Cassazione, con la sentenza n. 27712/2024, ha affermato che “l’integrazione al minimo è il modo con cui la legge attua il precetto costituzionale di assicurare ai lavoratori adeguate esigenze di vita e, quindi, si viola tale precetto se non si garantisce l’integrazione al minimo. La previsione dell’integrabilità dell’assegno di invalidità (comunque calcolato) vale proprio ad assicurare il rispetto del canone costituzionale di adeguatezza (art. 38, comma 2, Cost.) a fronte di una prestazione che per la natura della sua fattispecie costitutiva potrebbe altrimenti determinare l’attribuzione ai lavoratori beneficiari di somme del tutto inidonee alle loro esigenze di vita, quando non meramente simboliche e, comunque, in alcuni casi, inferiori al quantum della prestazioni assistenziali, liquidate in relazione ad eventi analoghi”.
Per questi motivi la Corte di Cassazione ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 16, della legge n. 335/95, in combinato disposto con l’art. 1, comma 3, della legge n. 222/1984, in riferimento agli artt. 3 e 38, comma 2 Cost., nella parte in cui non prevede la corresponsione dell’integrazione al minimo dell’assegno ordinario di invalidità, in presenza dei requisiti contributivi e reddituali previsti, che sia calcolato interamente con il sistema c.d. contributivo.
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