RIPRISTINARE LA CEDIBILITÀ DEI BONUS
I bonus, super o meno, hanno funzionato fino a che il governo non ci ha messo le mani, soprattutto eliminando, o comunque largamente limitando, la cedibilità multipla.
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Se queste modifiche sono state introdotte ad evitare che si verifichino fatti negativi ed incresciosi a carico dello stato, non si capisce, prima di tutto, perché si sia agito su questa multilateralità, che era invero uno dei cardini del successo riscontrato. Semmai, è esattamente il contrario, infatti. Perché multilateralità significa anche maggiori controlli ed eliminarla, minori controlli. Aver agito in questo modo ha limitato in maniera abnorme la circolazione dei crediti d’imposta. Cambiare passo (e norme) appare non solo opportuno ma anche necessario se si vuole sostenere quella ripresa dell’economia che rischia comunque già di essere rivista al ribasso, come confermano le ultime stime della Banca d’Italia e del Fondo Monetario Internazionale. Lo ha già ricordato anche l’on. Riccardo Fraccaro: la proposta del Governo rischia seriamente di ammazzare la crescita del PIL e di ridurre gli interventi nel settore dell’efficienza e del risparmio energetico. Inoltre, rendendo più difficile il sostegno alle cessioni del credito da parte delle banche di territorio, si limita la concorrenza all’interno del sistema bancario, come ha già ricordato Assopopolari, alle banche associate e all’opinione pubblica. Il rischio in futuro è che qualora non vi fossero imposte da compensare le banche di territorio (che sono quelle che, conoscendo l’ambiente in cui operano, fanno davvero credito e soprattutto fanno quello che al sistema compete nella materia di cui stiamo trattando) perdano per sempre le quote di credito non utilizzate. Restando, sostanzialmente, la possibilità di agire in capo ai soli maggiori gruppi bancari: così di certo sempre affrettando l’avvento (sperato non da tutte le banche) del monopolio bancario, ma non certo rendendo più fluente il credito ed incrementando il ricorso del finanziamento dei bonus. Altrettanto si annullerebbero i benefici sperati (e già in molti casi concretizzatisi) sia per l’economia che per l’opera di intermediazione svolta dalle numerose attività bancarie presenti nel nostro Paese e radicate, come detto, nei territori. La grave realtà venutasi a creare (oltretutto in un periodo particolarmente delicato, caratterizzato da uno spropositato aumento delle materie prime) farà anche venir meno il riattamento degli immobili rustici, che – com’è noto – rappresentano un patrimonio, anche storico, di riguardo, pur dopo la desertificazione causata nei nostri territori, a cominciare dalla briosa valle padana, dalle (spesso astrattamente previste e studiate) norme europee.
Di questa nuova situazione causata dalle modifiche si sono resi conto numerosi parlamentari, sensibili e preoccupati per i propri territori, così come si sono mosse alcune Organizzazioni ed in particolare la Confedilizia (“l’intervento correttivo serve adesso con un decreto del Governo”, così il suo Presidente Spaziani Testa), nonché il Ministero dell’Economia, Abi, Ance e Ministero delle Infrastrutture, con interlocuzioni. Il provvedimento correttivo è attualmente all’esame della Commissione Bilancio del Senato dove è stato incardinato martedì, con una seduta nella quale è stato deliberato un ciclo di audizioni. L’esame del merito inizierà la prossima settimana, mentre domani verrà stilato il calendario dei lavori. Relatori saranno gli on. Conzatti, Misiani e Damiani. Il termine per la presentazione degli emendamenti non è ancora stato fissato. Al di là di tutto questo, provvedere è urgente: per cui si spera che il Governo provveda immediatamente (come richiesto da Confedilizia) con provvedimento d’urgenza. Farà cosa giusta e utile per l’intero sistema delle imprese, ma anche per quello, nel suo intero, delle banche.
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