RISCHIO EPIDEMIA NEL VILLAGGIO OLIMPICO
Salta per la quinta volta l’allenamento della 10 km. La scelta arriva dopo i casi di gastroenterite che hanno colpito almeno tre partecipanti alle gare di triathlon di Belgio, Svizzera e Norvegia.
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Questo tuffo nella Senna non s’ha da fare, diceva qualcuno alla vigilia delle Olimpiadi di Parigi e ora i fatti sembrano dargli ragione. L’intera squadra belga della staffetta mista si è ritirata, due atleti svizzeri soffrono di sintomi di gastroenterite, anche se il presidente della federazione elvetica ha escluso al momento che ci sia una correlazione con l’immersione nel fiume della capitale francese. Intanto Claire Michel, trentacinquenne del team belga, è ricoverata da quattro giorni per aver contratto un’infezione da Escherichia coli, dopo la gara di mercoledì scorso. La correlazione con i disturbi resta da confermare, ma la comunità scientifica sta esprimendo parere unanime: la balneazione nella Senna, vietata dal 1923, non doveva essere consentita. “I rischi sono enormi. L’Escherichia coli, un microorganismo che ben conosciamo, è il minore dei problemi infettivologici a cui si può andare incontro immergendosi in quel fiume”, afferma Matteo Bassetti, direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova, raggiunto da Huffpost.
A preoccupare, infatti, non è solo la presenza nelle acque di batteri fecali che possono provocare infezioni gastrointestinali nell’uomo con sintomi come diarrea e vomito. “Il fiume, popolato da numerosi animali, presenta molte altre insidie. Pensiamo, per esempio, alla leptospirosi, malattia causata da batteri presenti nell’urina di animali come ratti e topi. Ci sono poi protozoi e altri parassiti che possono arrivare attraverso l’acqua, come l’ameba e la giardia. E non dimentichiamo salmonella, shigella e yersinia”, aggiunge Bassetti. Le conseguenze non vanno sottovalutate: “Si va dal mal di pancia e diarrea al vomito e febbre alta, ma sono possibili anche manifestazioni più serie, a danno di alcuni organi”. Secondo Bassetti, “è incomprensibile che gli organizzatori, consapevoli di questi rischi, abbiano dato il via libera alle gare. Questo solleva seri dubbi sull’organizzazione dei Giochi, perché ciò che resterà di queste Olimpiadi, oltre alle medaglie e alle vittorie, è la Grandeur francese che ha ignorato i consigli del mondo scientifico e medico”.
La scelta degli organizzatori francesi viene criticata, anzitutto dopo il caso Michel. “La priorità doveva essere l’incolumità fisica dei partecipanti. Vedere una sportiva finire in ospedale non è accettabile, soprattutto perché queste infezioni si trasmettono da persona a persona per via oro-fecale. Questo significa che c’è anche il rischio di epidemia nel villaggio olimpico, dove 15mila atleti vivono a stretto contatto e utilizzano gli stessi servizi igienici”, evidenzia Bassetti. La profilassi antibiotica, inoltre, non è una soluzione praticabile: “Somministrare antibiotici preventivamente agli sportivi potrebbe fare più danni che altro, rinforzando ulteriormente i batteri. Non c’è alcuna indicazione in tal senso”, sottolinea l’esperto.
E cosa succederà agli atleti una volta tornati a casa? L’infettivologo spiega che “dovranno essere seguiti perché alcune infezioni si manifestano subito, mentre altre, come la leptospirosi, hanno un’incubazione più lunga. L’unica cosa che resta da fare al governo francese è offrire supporto adeguato agli atleti, garantendo uno screening per almeno 3-6 mesi, soprattutto per quelli provenienti da paesi con un’assistenza sanitaria inferiore a quella italiana o europea”.
Per Bassetti, quanto accaduto durante i Giochi parigini “segna un passo indietro di cent’anni. Una celebrazione al contrario da parte della città che ospita il grande Istituto intitolato a Louis Pasteur, il padre della microbiologia moderna”. Secondo il direttore della clinica di Malattie Infettive dell’ospedale San Martino di Genova, c’è bisogno di un cambio di passo: “Le Olimpiadi, essendo l’evento principe nel mondo dello sport internazionale, devono coinvolgere anche i migliori professionisti del mondo della salute nella loro gestione. Quello che è emerso, invece, è un approccio molto autoreferenziale, dove ci si affida ai medici delle federazioni, che possono non essere esperti in determinati campi”.
Consentire la balneazione nella Senna, dunque, è stato un azzardo. “Disputare delle gare di nuoto in un grande fiume che attraversa una grande città è per lo meno poco prudente”, ha dichiarato Gianni Rezza, professore straordinario di Igiene all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano e già a capo della Prevenzione del ministero della Salute. “Nelle ultime ore gli organizzatori hanno fatto sapere che la qualità delle acque del fiume parigino è migliorata e i livelli di contaminazione batterica sono al di sotto della soglia considerata a rischio. Bisogna però fare attenzione: questi livelli sono soggetti a fluttuazioni. Quello che adesso è un livello accettabile tra qualche ora non potrebbe esserlo più”, conclude l’esperto.
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