SERVE UNA MORATORIA DELLE SANZIONI
Il Cup chiede di equiparare la malattia del professionista a quella del lavoratore dipendente
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Con il diffondersi del Covid-19 anche negli studi professionali, i professionisti rischiano non solo la salute, ma anche sanzioni se non saranno in grado di rispettare le scadenze dei prossimi adempimenti fiscali, come ad esempio quelle del 30 novembre e del 10 dicembre per la dichiarazione dei redditi e l’invio dei 770/2020. Per questo motivo i Consulenti del Lavoro hanno presentato alcuni emendamenti al DL 137/2020 per chiedere il rinvio delle scadenze e per introdurre interventi strutturali che tutelino i professionisti positivi al virus o in quarantena, con un orizzonte fissato almeno a tutto il 2021. «Come categoria», ha dichiarato la Presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Marina Calderone, «viviamo le stesse difficoltà della maggior parte degli italiani, ma con responsabilità maggiori relative al rispetto degli adempimenti legati alla gestione dei rapporti di lavoro e delle pratiche di ammortizzatori sociali nonché delle scadenze fiscali per i nostri clienti». «Purtroppo abbiamo notizie di studi interi che hanno dovuto chiudere con relative ripercussioni sull’attività professionale. Siamo davanti ad uno scenario destinato a non migliorare nel breve termine – ha aggiunto – ed è quindi necessario che lo Stato prenda in considerazione una moratoria sulle eventuali sanzioni a carico dei professionisti che, a causa degli effetti del Covid, sono impossibilitati a rispettare un termine di legge». Inoltre, sempre nell’ottica di tutelare gli interessi dei professionisti in questo delicato momento, il Comitato Unitario delle Professioni nel corso dell’audizione dello scorso 21 ottobre in II Commissione Giustizia del Senato sul Ddl 1474 “Disposizioni per la sospensione della decorrenza di termini relativi ad adempimenti a carico del libero professionista in caso di malattia o di infortunio” ha chiesto di equiparare il concetto di malattia del professionista a quello dei lavoratori dipendenti, evitando di limitare la casistica alla “malattia grave” dato che anche problemi di salute meno gravi possono pregiudicare lo svolgimento dell’attività e il rispetto delle tempistiche previste. Il disegno di legge, infatti, riconosce al professionista il diritto alla tutela in caso di ricovero ospedaliero, malattia grave, infortunio o cure domiciliari, colmando un vuoto normativo che interessa una platea potenziale di 1 milione 563 mila iscritti agli Ordini professionali, che svolgono la propria attività in forma autonoma e che attualmente non hanno una tutela per i rischi professionali in cui possono incorrere a seguito di infortuni o malattie gravi. Pur esprimendo dunque apprezzamento per una proposta che persegue la valorizzazione del lavoro autonomo professionale, il Comitato ha fornito alcuni suggerimenti al fine di migliorare l’efficacia dell’iniziativa legislativa. Tra le proposte di modifica, la semplificazione delle procedure di invio della documentazione necessaria a giustificare la sospensione dell’attività, tramite ad esempio l’istituzione di una piattaforma informatica ad hoc, e la definizione puntuale del perimetro di applicazione delle disposizioni normative – così da consentire a lavoratori autonomi e liberi professionisti di fruire delle disposizioni di legge – e dei soggetti referenti della procedura di comunicazione dell’impedimento. Secondo il CUP, infine, bisogna estendere le prerogative individuate dal provvedimento anche alla libera professione esercitata in forma associata, senza limitazioni, e definire i soggetti in capo a cui ricadono gli oneri finanziari derivanti dalla sospensione.
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