Anno: XXV - Numero 235    
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SI ROMPE IL FRONTE DELLE CRITICHE ALL’EQUO COMPENSO

Anf, Confprofessioni, Adepp chiedono di non approvare la legge così com’e’ con il rischio del paradosso di sanzionare il professionista e non il committente inadempiente. Isolata l''avvocatura che riunita in occasione dell’incontro del comitato organizzatore del Congresso nazionale forense, invece, preme per il varo del ddl così come è.

SI ROMPE IL FRONTE DELLE CRITICHE ALL’EQUO COMPENSO

“Sulla legge attualmente in discussione in merito all’introduzione dell’equo compenso si stanno levando da più parti voci critiche, che riecheggiano le forti perplessità che da tempo abbiamo avanzato, a partire da quella per cui il compenso adeguato possa passare non attraverso il sanzionamento del committente inadempiente, ma paradossalmente colpendo il professionista, come previsto dal quinto comma dell’articolo 5, che assegna agli Ordini questo potere sanzionatorio. Addirittura si prevede di demandare agli ordini professionali il compito di concordare dei modelli standard di convenzione sui compensi dei professionisti, attribuendo così una funzione di negoziazione collettiva a enti che non hanno competenze al fine della contrattazione di convenzioni in termini peggiorativi rispetto ai parametri ministeriali, sull’applicazione dei quali devono invece vigilare.

Ribadiamo dunque il nostro appello ad una legge giusta e equilibrata, quanto mai necessaria, ma si rifugga la tentazione di approvare un provvedimento bandierina, come molti sembrerebbero tentati di fare”.

Lo dichiara il segretario generale dell’Associazione Nazionale Forense Giampaolo Di Marco.

“Non tutto è da gettare a mare – continua Di Marco – perché la legge in discussione ad esempio prevede un’articolata disciplina della nullità di pattuizioni che contengono condizioni inique a danno dei professionisti, imposte da contraenti forti; ed anche la previsione dell’applicazione della disciplina dell’equo compenso alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società a partecipazione pubblica. Detto ciò, rimane una legge che così com’è non va bene. Confidiamo dunque che un ulteriore passaggio parlamentare corregga le storture presenti e si consegni ai professionisti italiani la legge che attendono da anni” – conclude Di Marco. In una nota congiunta tutte le perplessità sul testo approvato dalla Camera. “Dimenticato il ruolo di Ente Pubblico svolto dagli Ordini”

Sono parole fortemente critiche quelle mosse dalle Associazioni Sindacali dell’Area Tecnica di Confprofessioni, quali Inarsind, Ala, Antec, Asso Ingegneri, Fidaf, Singeo sul testo appena licenziato dalla Camera sull’equo compenso, in totale sintonia con quanto ancora recentemente affermato dal Presidente di Confprofessioni Gaetano Stella.

In una nota congiunta, firmata dai presidenti nazionali, le Associazioni chiedono importanti modifiche al testo di legge, precisando che attualmente sembrerebbe che si sia dimenticato come gli Ordini svolgano un ruolo istituzionale di Ente Pubblico, a cui non può essere attribuito alcun ruolo di rappresentanza degli iscritti, meno che mai dei loro interessi economici.

Secondo l’area tecnica di Confprofessioni non è accettabile l’attribuzione ai Consigli Nazionali degli Ordini del potere di agire in via giudiziaria, in caso di violazione degli obblighi sull’equo compenso e tantomeno che gli Ordini possano sanzionare il professionista che accetta un compenso diverso da quello stabilito dai parametri, lasciando indenne i committenti inadempienti ed aumentando ulteriormente la disparità di potere contrattuale: “Invece di costituire un deterrente per i committenti forti, la proposta di legge sull’equo compenso finisce per colpire i professionisti attraverso un regime sanzionatorio ancor più penalizzante per gli iscritti agli ordini professionali. Non solo: la formulazione attuale del testo attribuisce ai consigli degli Ordini professionali una funzione che va ben oltre i loro compiti e per la quale non hanno ricevuto alcuna volontaria e libera delega”.

Per altro, spiega la nota, tutto questo avviene mentre agli stessi Ordini, già incaricati di definire parametri, aggiornarli, sanzionarne le violazioni, viene delegato di concordare con singole imprese compensi con presunzione di equità. Si tratta di una norma che imporrebbe al professionista una negoziazione a lui totalmente estranea e finirebbe – ancora una volta – per ribaltare la stessa funzione degli Ordini professionali. Per questo motivo “Occorre che l’Osservatorio Nazionale sull’Equo Compenso preveda, anche per le professioni ordinistiche, la presenza dei rappresentanti delle Associazioni Sindacali dei Liberi professionisti, oggi contemplata solo per i professionisti non iscritti in ordini e collegi”.

La nota si conclude quindi con l’invito al Senato ad apportare le modifiche auspicate, piuttosto che approvare un testo che i Consigli Nazionali e i loro consorzi approvano “forse perché attratti da un indebito aumento di potere che ne deriverebbe loro, con indebita auto-attribuzione di rappresentanza della categoria”.

Una voce fuori dal coro quella dell’avvocatura riunita in occasione dell’incontro del comitato organizzatore del Congresso nazionale forense, tramite una nota, ha richiesto a tutte le forze politiche di portare a termine l’iter legislativo del disegno di legge sull’equo compenso, approvando in modo definitivo una legge definita “di civiltà” per gli avvocati.

Si evidenzia che non deve essere sottostimata la portata effettiva del ddl n. 2419 in tema di equo compenso il quale, nella finalità di ristabilire un necessario equilibrio nei rapporti tra operatori economici e liberi professionisti, impone ai contraenti forti e alla Pubblica Amministrazione il riconoscimento di compensi professionali rapportati ai parametri ministeriali.

Il contenuto del d.d.l., per il comunicato, costituisce una significativa conquista nella tutela di un compenso equo, parametrato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, sganciato da una logica di mercato che negli ultimi anni, ha registrato una svilente gara al ribasso, con conseguenze non solo economiche per i professionisti, ma anche qualitative per il cittadino.

Per tali motivi, per gli stessi firmatari, non è più possibile attendere oltre, bensì risulta fondamentale raggiungere l’obiettivo, approvando entro breve tempo una norma che conferisca completa e concreta attuazione all’articolo 36 della Costituzione in base al quale senza un’equa e giusta retribuzione non c’è dignità per chi lavora.

Nel comunicato, redatto in prima persona plurale, più in dettaglio si legge: “Dobbiamo contrastare con forza il rischio di proletarizzazione della professione e il provvedimento licenziato dalla Camera dei deputati, seppur in alcuni aspetti emendabile, merita di essere approvato anche dal Senato”.

 

 

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