Anno: XXV - Numero 196    
Venerdì 25 Ottobre 2024 ore 13:00
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Un'altra buona occasione persa dall'avvocatura

"Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare." (Lucio Anneo Seneca)

Un'altra buona occasione persa dall'avvocatura

La vicenda “Uffici Giudiziari” nell’emergenza Coronavirus è emblematica non solo del livello di inadeguatezza raggiunto dalla politica, ma anche della totale persistente mancanza nell’avvocatura di una visione organica di sistema, di una progettualità concreta e coerente, e soprattutto di spirito di categoria e di una guida degna di tale nome. Sotto gli occhi di tutti da fine gennaio si è celebrato un dramma collettivo, di giorno in giorno con toni più o meno accesi o sfumati, che ha trovato il suo culmine, per adesso, nella giornata di ieri. Prima di analizzare sia pur brevemente, la situazione, lasciatemi dire che non è un caso che alcuni “vecchi arnesi” della politica forense, come me, si siano improvvisamente ritrovati d’accordo nel sostenere che l’astensione proclamata dall’OCF sia stata un errore e che la contingenza del coronavirus sia stata e sia tuttora una occasione persa per l’avvocatura. E questo pur avendo costoro – sempre me compresa – normalmente tante posizioni diverse, alcune addirittura inconciliabili, e diverse appartenenze. Forse mossi da ragionamenti diversi, siamo però tutti arrivati alle stesse conclusioni. E allora, cercando come sempre di dire verità, anche se scomode e probabilmente non gradite a molti, iniziamo col sottolineare che la conclamata e grave assenza dalla scena – e non certo da oggi – di un ministro di giustizia privo di nerbo e di coraggio quando serve (non quando occorre far passare a forza provvedimenti liberticidi e demolitori delle garanzie) e di un CNF autorevole, non “coercibile” e realmente “collegato” a coloro che ha la pretesa di rappresentare, così come oggi denunciata dal Movimento Forense è assolutamente reale e sconcertante. E’ però lo specchio, purtroppo, del periodo in cui stiamo vivendo, e frutto velenoso di una responsabilità che, quantomeno in parte, non può che ricadere anche su di noi, troppo spesso accucciati nei nostri studi, presi dal nostro particolare, desiderosi in taluni casi di compiacere i potenti di turno, e conseguentemente anche proni a concedere il nostro consenso a chi probabilmente non lo merita, ma fa parte di un “establishment” che la Cassazione prima e la Consulta poi hanno descritto con parole che taluno – in alcuni casi con particolare enfasi perchè parte di quel sistema – ha ritenuto indecorose e offensive. Non sappiamo spesso scegliere i nostri rappresentanti e non sappiamo imporre loro condotte virtuose e coerenti; non sappiamo, soprattutto, avere il coraggio e la determinazione di pretendere che rispettino le norme e la categoria che rappresentano, evitandole scadimenti, impedendo che ruolo e funzione dell’avvocatura siano sviliti e compromessi agli occhi della società civile – che così poco ci apprezza – proprio per effetto di comportamenti adottati dai vertici, che ogni giorno di più ci espongono – purtroppo tutti – all’indignazione e talvolta anche al ridicolo. Ma, tornando allo specifico del tema che ci occupa, tutti abbiamo visto in queste settimane, il rincorrersi, a volte affannoso, di provvedimenti dei capi degli Uffici Giudiziari, spesso contraddittori tra di loro pur se emessi nel medesimo distretto. Abbiamo constatato come tali provvedimenti abbiano per lo più avuto l’obiettivo di tutelare i magistrati e il personale amministrativo, ed assi meno l’avvocatura, i professionisti e consulenti che abitualmente frequentano gli uffici, gli utenti in generale, pure quotidianamente assai numerosi all’interno dei plessi giudiziari. Abbiamo visto svariati provvedimenti di singoli Coa, in alcuni casi di Unioni (Triveneto), di associazioni, che chiedevano maggiore incisività nell’azione e soprattutto una maggiore omogeneità nelle determinazioni, sull’intero territorio nazionale, vista la particolare mobilità, soprattutto degli avvocati, anche in dipendenza del venir meno, oramai da anni, della figura del “corrispondente in loco”. Abbiamo visto con stupore le “impalpabili” ed “evanescenti” linee guida tracciate, quasi come fossero un comodo alibi dietro il quale anche oggi si cerca di trincerarsi, da ministero e Cnf, avvinti ormai da tempo in un turbinio di inchini e sorrisi, legati indissolubilmente dal medesimo triste destino di inconsistenza, costretti a sorreggersi a vicenda per non cadere, come indesiderate ma pur utili stampelle, di cui si ha bisogno per reggersi in piedi e fare qualche passettino stentato. Abbiamo visto alcuni provvedimenti interlocutori di Ocf, che abbiamo ritenuto sempre abbastanza tardivi e soprattutto sempre piuttosto timidi….e questo fino a ieri, ma andiamo con ordine.

In questi giorni, negli uffici giudiziari si è visto di tutto, in totale spregio non solo della sicurezza di coloro che vi hanno avuto accesso, ma anche della loro dignità (per non parlare di ruolo e funzione e non sembrare ai comuni mortali “quelli che se la tirano”). I Magistrati hanno centellinato l’apertura delle porte delle loro stanze, hanno posizionato le sedie di avvocati e parti private a tre metri di distanza dalle loro scrivanie, hanno accuratamente evitato ogni contatto. Pur temendo il coronavirus come tutti gli altri (e non essendone affatto immuni: Milano docet), hanno avuto dalla loro la possibilità di difendersi quantomeno con le modalità di cui sopra. Evitando comunque accuratamente ogni ipotesi di sciopero, con conseguente riflesso stipendiale. Analoghe considerazioni possono farsi per gli amministrativi, anche se certamente hanno meno potere, perchè tante cancellerie (quelle senza vetro tra operatore e utenti) sono rimaste chiuse e altre hanno aperto ed aprono a orario ridotto e con accessi centellinati. Sono stati ordinati – ma non ancora consegnati e messi a disposizione dell’utenza – distributori di gel antibatterico disinfettante; sono state disposte “sanificazioni”, che per quanto ben eseguite non sono certamente risolutive (ad es. una maniglia, ora la pulisco ma se il primo che la tocca è infetto, dovrei pulirla un’altra volta subito dopo….e non funziona certo così…).  Abbiamo visto una usuale calca di avvocati e utenti negli spazi interni agli uffici, ma abbiamo anche visto file inenarrabili nei cortili, e all’esterno dei palazzi, quando si sono richieste e pretese entrate soltanto per singoli o per pochi alla volta. Abbiamo visto, purtroppo, avvocati contagiati dal virus…e poi anche magistrati (a Milano). Abbiamo visto – dato sconcertante – un rimpallo di responsabilità e competenze tra ministero di giustizia, ministero della salute e regioni circa il potere di ordinare la chiusura degli uffici giudiziari, con il risultato – tipico italiano – che nessuno ha deciso, mentre il contagio continua a diffondersi……In questi mesi nessuno, ma proprio nessuno, si è fatto carico di affiancare alle legittime preoccupazioni e proteste, una iniziativa politica forte, una autorevole manifestazione della capacità dell’avvocatura di indicare prospettive e soluzioni tali da modificare radicalmente il nostro attuale approccio alla giustizia ed ai processi. Modifiche che, volenti o nolenti, ci saranno comunque imposte dalla nuova realtà che il coronavirus ha determinato e dallo sconvolgimento della società che ne è derivato e ancora ne deriverà. In questo quadro, a fronte di una situazione di pericolo costante e delle voci di protesta e di richiesta di intervento che si sono da più parti comprensibilmente levate, Ocf ha deciso di proclamare una inconsueta astensione, “per gravi eventi lesivi dell’incolumità e della sicurezza dei lavoratori”, dal 6 al 20 marzo. Ciò fa salve, come ben sappiamo per aver personalmente scritto il codice, le attività urgenti, esattamente come già previsto in moltissimi provvedimenti dei capi degli uffici giudiziari che nelle zone maggiormente a rischio già avevano sospeso le udienze ordinarie, e quindi sostanzialmente per quelle attività nulla mutando. L’iniziativa, se da un lato può essere compresa, vista la particolarità e gravità della situazione e soprattutto le pressioni che, in assenza di altri soggetti come prima descritto, OCF ha inevitabilmente subito, dall’altro – e occorre dircelo senza infingimenti – rappresenta non solo l’ingresso in un “cul de sac” dal quale ci attendiamo di sapere come lo stesso Ocf pensa di poter uscire, ma anche un “togliere le castagne dal fuoco” a coloro che non hanno voluto e saputo decidere quello che loro competeva. Ed è esattamente per questo che ci aspettiamo che i ministeri competenti continuino a non fare nulla, e proprio per questo pensiamo sia un “cul de sac”.

Ma sarà il tempo a maturare le nespole, come dicevano i vecchi saggi.

In ogni caso, e questa è l’occasione persa, neppure di fronte ad una emergenza così grave l’avvocatura ha saputo mostrarsi unita (vedasi i documenti sempre distinti – salvo quello su tema fiscale – di Cnf e Ocf e le pronte prese di distanza ad esempio di Ucpi di fronte alla proclamazione dell’astensione fatta da altri), nè tantomeno ha saputo, salvo lodevoli eccezioni in materia di coordinamento delle sostituzioni in udienza, promosse dalle associazioni e poi capziosamente fatte proprie dal CNF, adottare in questa occasione un comportamento rigoroso e propositivo, coordinato sul territorio nazionale. Non ha saputo attraverso i COA prendere posizioni identiche e univoche (e allora a che serve il ruolo di “vertice” coordinatore del CNF e l’Agorà tanto sbandierata se poi ciascuno è costretto ad andare per conto suo perchè è lasciato solo, come lamentava ad es. pubblicamente Saro Pizzino presidente COA di Catania???); non ha saputo attivarsi con rapidità per censire gli Uffici Giudiziari e verificarne la sicurezza (questa è solo una delle possibili emergenze e l’occasione andava responsabilmente colta – ho diffuso un questionario predisposto in due pomeriggi…possibile che nessuno, sia pure con grandi organizzazioni, abbia saputo fare quantomeno la stessa cosa o si stia preoccupando di raccogliere quei dati ???), anche al fine di verificare la realizzabilità in concreto delle misure di sicurezza dettate a livello centrale o dai capi degli uffici a livello locale; non ha saputo approntare un reportage, anche fotografico, della situazione nazionale di queste settimane nelle diverse sedi giudiziarie; non ha saputo far emergere con chiarezza che la battaglia per la chiusura degli uffici giudiziari non è dettata unicamente dal desiderio di salvaguardia della categoria, ma anche e soprattutto finalizzata al benessere collettivo, di cui, in qualche modo, siamo anche garanti e difensori; non ha saputo proporre immediati interventi di verifica delle risorse e delle tecnologie esistenti per potersi applicare in modo massiccio l’utilizzo delle nuove tecnologie e poter così tenere le udienze a distanza; non ha neppure pensato di chiedere al ministro l’urgente sospensione di ogni iniziativa di riforma del rito civile e del rito penale al fine di  introdurre nelle nuove previsioni di legge regolatrici dei processi tutte quelle norme che consentano di ipotizzare ben diverse modalità di lavoro per gli addetti e di svolgimento dei processi, e molto altro ancora. Ma su questi temi torneremo a breve con altri scritti.

Non ha saputo, infine, con una unità che in momenti come questi sarebbe stata doverosa, ma che l’egoismo e l’ostinazione dei singoli evidentemente non consente (e anche su questo ci sarebbe molto da pensare….), pretendere che fossero coloro cui compete a farsi carico delle loro precise e cogenti responsabilità, fossero esse di funzionamento degli Uffici e della macchina giudiziaria (che tutto il mondo peraltro sa funzionare davvero malissimo di talchè una sospensione momentanea non avrebbe certo aggravato un disastro già conclamato) oppure di tutela della salute dei lavoratori (non ho sentito voci levarsi dai sindacati del personale o dall’ANM, salvo un paio di pronunce a livello strettamente locale – es. Milano dopo che due magistrati sono risultati contagiati dal virus) e della salute pubblica.

Loro, i ministri competenti e il governo (volutamente minuscoli) avrebbero dovuto farsi carico dei rinvii delle udienze, senza che fossero a noi imputabili, e di ogni altra problematica, come pure del disagio che una situazione certamente non ipotizzata e prevedibile e certamente da noi non voluta sta arrecando a noi avvocati anche sotto il profilo economico.

Noi, per contro, avremmo dovuto fare il nostro mestiere : difendere i diritti, e tra essi anche i nostri, e per farlo, a mio sommesso avviso, non occorreva una delibera di astensione.

 

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