Anno: XXV - Numero 214    
Giovedì 21 Novembre 2024 ore 13:20
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I medici di base frenati da troppa burocrazia

Marta Mora, 33 anni, medico di famiglia a Borgomanero e Cavaglio d’Agogna, ha raggiunto la soglia massima di 1.800 pazienti da assistere.

I medici di base frenati da troppa burocrazia

«È dura, ma rifarei questa scelta altre mille volte». Marta Mora, 33 anni, ha deciso di lavorare come medico di famiglia. Nel luglio 2021 ha inaugurato il suo primo ambulatorio a Borgomanero, città dove si è trasferita da Cureggio, e pochi mesi dopo ha aperto un secondo studio a Cavaglio d’Agogna. In questa zona è preoccupante la carenza di camici bianchi, tanto è vero che la giovane professionista ha già raggiunto la soglia massima dei 1.800 pazienti da assistere.

«Fino a una decina di anni fa per la generazione dei nuovi arrivati come me sarebbe stato complicato perfino trovare una sede dove allestire un ambulatorio – racconta – e quindi sviluppare il proprio bacino di pazienti. Da questo punto di vista l’emergenza si sta rivelando un’opportunità per chi vuole intraprendere questa carriera, ma è ovvio che bisogna trovare delle soluzioni definitive. Per i giovani sarebbe importante crescere con il tempo, e non ritrovarsi subito a dover affrontare troppi casi. Un appello? Occorre ridurre i numeri dei mutuati o quantomeno sgravare i medici dalle eccessive mansioni burocratiche».

Mora, membro del consiglio provinciale della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg), si unisce agli avvertimenti dei colleghi e di una parte del mondo politico: se passa la linea secondo cui il sistema è in grado di reggere il peso di quasi 2 mila persone a carico di ciascun professionista, allora l’invito ad andare oltre i limiti rischia di trasformarsi in una prassi con inevitabili ricadute negative sulla qualità del servizio offerto ai cittadini.

«Il problema è che abbiamo tanti pazienti anziani da seguire e l’età media della popolazione continua a salire – spiega il medico -. Purtroppo non riusciamo ad assistere tutti come vorremmo. Mi domando che tipo di sanità territoriale vogliamo impostare, se poi dobbiamo stare dietro anche a lungaggini come certe procedure per la prenotazione di esami con classi di priorità. Intoppi che penalizzano anche gli specialisti, peraltro. Qui non si tratta di una guerra tra ospedale e territorio. Ognuno sceglie quale strada imboccare in base alla propria indole». Nelle difficoltà, Mora è convinta del percorso intrapreso. «Sono innamorata di questo mestiere – insiste – perché non c’è niente più bello di ricevere gratificazioni da pazienti che segui con costanza e impari a conoscere nel quotidiano. Certo, ormai dobbiamo stare dietro a tutto e in certi casi ci troviamo ad affrontare situazioni familiari complesse come i servizi sociali. Però è stimolante».

La Stampa

 

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