L'errore delle forniture delle mscherine inadatte poteva costare caro ai medici
Un dramma nella tragedia se quelle 620mila mascherine fossero arrivate a destinazione
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Le mascherine sono state bloccate in tempo perché il presidente della Federazione degli ordini dei medici Filippo Anelli si è accorto che non si trattava di misure di protezione da utilizzare negli ospedali, ma semplicemente andavano bene per non respirare la polvere. Succede anche questo nell’emergenza, nel caos mascherine che non bastano mai. In questa corsa per recuperarne di più da altri Paesi, in un momento in cui è stata denunciata una vera e propria guerra di mercato. Chi lavora in prima linea a contatto con i malati di Coronavirus ha più volte denunciato la mancanza dei materiali essenziali ed è anche per questo che tantissimi medici hanno perso la vita, contagiati durante il loro lavoro. Il Capo della Protezione Angelo Borrelli si è giustificato dicendo che si “è trattato di un errore logistico” se quelle 620mila mascherine non adatte, frutto di donazione di un privato e arrivate dalla Cina, sono state smistaste nelle sedi degli ordini dei medici. Il presidente, giusto in tempo, ha lanciato un alert, invocando la “sospensione immediata della distribuzione e dell’utilizzo di quanto ricevuto” per evitare “un dramma”, ma anche ha anche chiuesto ad Arcuri di “indagare sulla vicenda”. Il commissario ha annunciato per i medici di base un rifornimento con un nuovo stock di Ffp2 entro la settimana. “Da oggi – afferma Arcuri – le forniture oggetto di ‘donazioni’ verranno sottoposte ad un controllo a campione”. Invece sul carico in queste c’era una bolla che parlava di mascherine FFp2 – KN25 e invece all’interno non c’erano mascherine per uso sanitario. Luigi Di Maio, che come ministro degli Esteri si sta occupando degli accordi internazionali, sostiene che siano arrivate 30 milioni di mascherine, 22 milioni di queste dalla Cina. Alcune partite di questi prodotti non convincono però gli infermieri, in particolare quelli in servizio all’ospedale di Chivasso, dove le ultime maschere chirurgiche distribuite – sostengono – si strappano con facilità. E sono tanti i medici in allarme, soprattutto dopo quanto successo oggi. Sul tavolo del Commissario dell’emergenza il tema resta dunque tra i più scottanti. Finora per le mascherine è stata autorizzata una spesa di 2 miliardi e ne sono state distribuite 42 milioni. Sul fronte della produzione italiana, due gruppi di imprese, quelle delle filiera della moda e dell’igiene personale, hanno iniziato a produrre 450mila mascherine alla settimana. Ma la Lombardia, regione più colpita dal Coronavirus, denuncia la troppa attesa per il rilascio della certificazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità, che ne permette la distribuzione. L’assessore al Welfare Giulio Gallera arriva a parlare di “settimane” di ritardo: “Abbiamo imprenditori che hanno riconvertito le produzioni in dieci giorni, hanno fatto i test e oggi stanno già sfornando un milione di mascherine al giorno, che si stanno accatastando nei magazzini perché l’Iss sta attendendo di fare alcune verifiche. Questo è intollerabile”. Ma secondo l’Iss, che su oltre ottocento richieste di autorizzazione finora ha potuto dare l’ok solo ad una quarantina di aziende in tutta Italia, “la gran maggioranza delle proposte” giunte all’Istituto “non aveva i requisiti di standard richiesti” per le cosiddette ‘mascherine chirurgiche’, ovvero quelle usate dai sanitari. E sul mercato la speculazione sui prezzi dei dispositivi aumenta di pari passo con i numeri della pandemia: per l’acquisto delle ‘chirurgiche’ si e’ passati da un prezzo di 20 centesimi fino ad un euro, con un punte fino a 5 euro. Si pagano dai 16 ai 20 euro, invece, i dispositivi particolarmente protettivi, come le Ffp2 e Ffp3. Per non parlare dei sequestri che tutti i giorni vengono eseguiti: l’ultimo a Catanzaro, dove un esercente aveva messo in vendita i dispositivi a 12 euro dopo averli acquistati online a un euro, con un ricarico finale del 1200%.
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