Medici ospedalieri, l’attività intramoenia torna a crescere.
Nel 2023, secondo Agenas, le prestazioni svolte in libera professione nei locali dell’ospedale del Ssn hanno superato i livelli pre-Covid, sia pure di pochi punti percentuali.
L’attività intramoenia dei medici ospedalieri torna a crescere. E a qualcuno fa un po’ paura. Nel 2023, secondo il Rapporto Agenas, le prestazioni svolte in libera professione nei locali dell’ospedale del Servizio sanitario nazionale hanno superato i livelli pre-Covid, sia pure di pochi punti percentuali. In parallelo, è cresciuta anche l’attività istituzionale rivolta a tutti i pazienti. In futuro, l’attività privata, sebbene svolta sotto il controllo dell’ospedale, è destinata a crescere ancora. E può andare a discapito dell’attività svolta dallo stesso ospedale per il Servizio sanitario, che già soffre di liste d’attesa lunghe. Per la legge Balduzzi (189/2012) i volumi delle prestazioni effettuate in libera professione intramoenia non devono superare quelli delle stesse prestazioni offerte dal SSN: se ciò accade, l’intramoenia va sospesa. Il Rapporto rivela che il fenomeno per cui l’attività privata di un medico rischia di superare quella pubblica svolta negli stessi locali dell’ospedale è più diffuso in branche come cardiologia ed ostetricia. In tutta Italia sono 29 le Asl in cui l’ecografia ginecologica si fa privatamente più spesso che con il Servizio sanitario, 12 quelle in cui prevale la visita ginecologica privata sulla pubblica. E sono 5 le Asl dove chirurgia vascolare ed ecografia ostetrica vogliono dire intramoenia più che Servizio sanitario. L’anomalia ricorre di più – e si estende in un caso ai ricoveri per parto – in Campania. Ma è davvero una situazione peculiare?
«Non credo che ci sia un problema da noi sui volumi di attività libero professionale intramuraria dei medici ospedalieri», dice il Segretario della Cimo campana Raffaele Guglielmi. «Quando si parla di libera professione dobbiamo differenziare tra visite, ricoveri, interventi, esami svolti nel privato puro e prestazioni aggiuntive erogate dall’azienda per far fronte alle liste d’attesa poste le carenze di personale. Spesso le due cose vengono confuse. Da noi la componente libero professionale è presente e forte su alcune specifiche discipline – in particolare la ginecologia – nelle quali spesso il paziente sceglie il medico come specialista di riferimento da prima del ricovero e da lui esegue la visita, l’esame o l’intervento intramoenia sulla base di un accordo di fiducia preesistente. Per inciso, è frequente che lo stesso medico si sia formato sulle materie hi-tech al di fuori dell’ospedale dove lavora. In Campania, inoltre, il medico che fa una diagnosi intramoenia, ove la risposta terapeutica (chirurgia etc) sia di una certa complessità tende a riferire in scienza e coscienza il paziente all’attività istituzionale dell’ospedale. Per converso, ascoltando i pazienti trasferiti per le cure, si intuisce come al Centro Nord sia più diffuso l’utilizzo dell’attività intramoenia proposta negli ospedali per non attendere troppo a lungo le prestazioni, anche in oncologia. E dopo le visite tutte le prestazioni spesso restano riferite al canale privato (o assicurativo) diverso da quello istituzionale. Si tratta di due situazioni molto diverse. A nostro avviso, se le cure in libera professione sono una scelta del paziente, difficilmente questa attività va a porsi in conflitto con quella istituzionale. Se invece sono un modo per aggirare le attese, la presenza di lunghe liste alimenta l’attività libero professionale».
Dunque, prima di attribuire un valore “critico” agli alti volumi di intramoenia in Campania, bisognerebbe capire con quali criteri essi sono calcolati. Il Presidente Cimo Campania Antonio De Falco illustra tre esempi di potenziale “arbitrarietà” dei dati Agenas: «Per dire che l’intramoenia supera l’attività istituzionale si considerano davvero i numeri del reparto o non piuttosto quelli del singolo professionista? Si sa che alcuni primari – il chirurgo su tutti – affidano ad altri dirigenti del reparto le visite ambulatoriali. Ma se poi sono scelti dai pazienti su base fiduciaria, con loro effettuano le visite private e il numero di queste ultime può ben avvicinarsi alla media delle visite istituzionali. Bisognerebbe vedere a questo punto la proporzione dell’intero reparto e non del primario o del singolo dirigente. E, anche ammettendo che l’Agenas consideri i numeri a partire dai reparti e non dai singoli medici: se in un pronto soccorso mancano medici, è possibile che vi siano “comandati” loro colleghi da altri reparti. Succede che dei medici vanno a sguarnire i loro reparti: di conseguenza là le attività istituzionali, e le visite e gli esami, diminuiscono anche se di fatto il medico ha svolto fino in fondo il suo orario contrattuale. Nel sottolineare la superiorità (obiettiva o solo relativa?) dei volumi d’attività intramoenia, come si considera il fatto che alcuni reparti sono più “impoveriti” di personale di altri? Infine, il tema chiave: quando un ospedale trattiene il medico ore in più per l’abbattimento di liste di attesa in attività istituzionale paga ore aggiuntive, che non sono considerate straordinari e dunque, per esclusione, sono ore libero professionali (anche se il medico non vi calcola il contributo in quota B all’Enpam ndr). L’Agenas o, meglio, i direttori generali che le danno i dati, come calcola quelle prestazioni, che di certo avvantaggiano l’attività dell’ospedale: come istituzionali, libero professionali a parte o intramoenia?»
Doctor 33
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