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Queste le proposte di modifica al dl fiscale dei consulenti del lavoro

Necessaria e non più procrastinabile una riorganizzazione del sistema tributario

Queste le proposte di modifica al dl fiscale dei consulenti del lavoro

È quanto evidenziato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro che ha presentato alla commissione Finanze della Camera dei deputati un documento contenente due proposte di modifica in merito agli artt. 3 e 4 del decreto fiscale (dl 26 ottobre 2019, n. 124). Per la categoria, spiega una nota, “gli intenti di lotta all’evasione e di semplificazione, più volte richiamati dal legislatore nelle recenti riforme, non hanno trovato piena corrispondenza nella pratica operativa”. “Al contrario, invece, si sono moltiplicati gli adempimenti, le dichiarazioni, le scadenze e le richieste di documentazione nei confronti di contribuenti, imprese e professionisti, provocando disagi operativi e aumento di costi legati all’attività di tali soggetti”, avverte. Il Consiglio nazionale dell’ordine, dunque, “pur condividendo l’intento di contrasto all’evasione perseguito dal decreto, ha espresso diverse perplessità sui mezzi e le modalità individuate, che complicano ancor di più l’attuale sistema. In particolare, in riferimento al contrasto alle indebite compensazioni, la modifica all’articolo 17, comma 1, del dlgs. 9 luglio 1997, n. 241 introdotta dall’art. 3 comma 1, dl 26 ottobre 2019 n. 124, viene estesa, oltre all’Iva, a tutte le tipologie di crediti di natura fiscale”. Di tale estensione ricevono i maggiori disagi i lavoratori autonomi che sono già soggetti alla ritenuta a titolo di acconto dell’imposta sul reddito peraltro già certificate dal committente e conosciute dall’Agenzia delle Entrate”, sottolinea. “La norma, infatti, prevede la possibilità -spiega ancora la nota- di compensare crediti di natura fiscale per importi superiori a 5.000 euro annui, a partire dal decimo giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione da cui il credito emerge. Questa modifica crea per tali soggetti, percettori di redditi già gravati alla fonte da ritenuta d’acconto, enormi difficoltà finanziarie dovendo posticipare notevolmente il termine dal quale potranno effettuare le compensazioni ‘orizzontali'”. Il Consiglio nazionale dell’ordine ha chiesto “pertanto la modifica del comma 1, dell’art. 3, del decreto fiscale escludendo i soggetti di cui agli articoli 53 e 54 del dpr 917/1986. Tra le proposte di modifica contenute nel documento, inoltre, quella inerente l’art. 4 sulle ritenute e compensazioni in appalti e subappalti e in merito all’estensione del regime del reverse charge”. “Condivisibile per i consulenti del lavoro -si legge ancora nella nota- l’estensione del regime dell’inversione contabile con l’obiettivo di contrastare e arginare il fenomeno dell’evasione dell’Iva nei contratti di appalto e subappalto caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera. Troppo complesso e gravoso, invece, il meccanismo di comunicazioni incrociate e gli adempimenti relativi al versamento delle ritenute fiscali di lavoro dipendente ad opera del committente in luogo dell’appaltatore, dell’affidatario o del subappaltatore (cosiddetto sostituto del sostituto d’imposta)”. Secondo il Consiglio nazionale, “la disciplina introdotta dal provvedimento fa ricadere sulle imprese oneri amministrativi non proporzionati rispetto all’intento prefissato”. “Il Cno, dunque, ritiene che la disciplina introdotta dall’art. 4 debba essere eliminata o, in subordine, rideterminata come segue: limitare la platea dei destinatari alle sole ipotesi di contratto di appalto e di subappalto di servizi endo-aziendali (cd. Interni), in cui vi è prevalente utilizzo di manodopera (cd. labour intensive); semplificare la procedura introducendo un servizio informatizzato di controllo dell’operato dell’appaltatore/subappaltatore; infine, escludere dall’obbligo di versamento al committente (di cui al comma 12) anche le piccole e medie imprese, di fatto discriminate rispetto ai soggetti di maggiore dimensione”, conclude la nota.

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