Specializzandi in piazza per essere riconosciuti
La protesta di chi garantisce, assieme ai medici, il diritto alla salute ma con poche tutele retributive e previdenziali.
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Sono psicologi, veterinari, chimici, fisici, biologi, senza di loro non avremmo la possibilità di essere sottoposti a radiografie, esami di laboratorio, non avremmo la sicurezza sanitaria degli alimenti. Senza il loro lavoro sarebbe ancor meno esigibile il diritto alla salute. Eppure sono considerati di serie B. Com’è giusto che sia, dopo la laurea devono specializzarsi. Tuttavia, diversamente che per i medici, non solo non hanno diritto alla retribuzione durante la specializzazione, ma devono pure pagarsela in scuole di specializzazione private. Eppure sono parte integrante del Servizio sanitario pubblico che senza di loro sarebbe monco.
Siamo davvero il paese delle contraddizioni e dei paradossi, ma questa ormai non può essere più sostenuta dal sistema di offerta di salute e dal sistema formativo. I professionisti della sanità non medici, per essere assunti dal Ssn hanno l’obbligo della specializzazione ma non solo durante il periodo di formazione specialistica, diversamente dai medici, non sono contrattualizzati, ma devono pure tirar fuori di tasca propria circa 3mila – 3mila 500 euro l’anno per frequentare i corsi, foraggiando i privati. E già perché non esistono corsi di specializzazione erogati da scuole e università pubbliche.
Il sistema deve cambiare altrimenti le professioni sanitarie saranno accessibili solo a ragazzi e ragazze con alle spalle in famiglia in grado di sostenerli negli studi. Oppure non ne verranno formati a sufficienza per coprire le esigenze del Ssn. “È inaudito che lo Stato nel vincolare, giustamente, l’accesso al Servizio Sanitario Nazionale al possesso di un titolo di specializzazione, non finanzi la formazione di alcune categorie di professionisti”. A dirlo è Andrea Filippi, responsabile della Fp Cgil Medici e dirigenti sanitari, in occasione della mobilitazione degli specializzandi sanitari annunciata del 23 marzo a Roma.
Cosa si rischia
Non ci potrebbero essere laboratori analisi senza biologi e senza chimici, non ci potrebbero essere servizi di salute mentale senza psicologi, non ci potrebbero essere servizi di radiologia senza fisici, né servizi di veterinaria senza i veterinari che non solo curano gli animali, ma garantiscono la salute dei cittadini in termini di prevenzione e di igiene degli alimenti. Senza questi professionisti in numero sufficiente, ad esempio, le liste di attesa per accertamenti strumentali, si allungherebbero ulteriormente.
E c’è di più
Non solo lo Stato non garantisce la formazione di professionisti indispensabili al sistema, ma a quanti pagano per specializzarsi non vengono neanche riconosciuti gli anni di formazione per la pensione; non possono riscattare la formazione perché l’Inps non riconosce le scuole private ancorché riconosciute dal Miur. Aggiunge Filippi: “Le possibilità formative non sono eque, esattamente come rischia di non essere più equa l’offerta di salute. Si possono formare soltanto quelli che hanno famiglie che se lo possono permettere oppure costringiamo le famiglie a sacrifici inauditi per consentire ai propri figli di formarsi seguendo le proprie passioni”.
Costituzione negata
Recita l’articolo 34 della Carta: “La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Mentre il 32 afferma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”. Articoli disattesi: “Questo sistema della specializzazione a pagamento – aggiunge il dirigente sindacale – portato alle estreme conseguenze viola ben due principi costituzionali, il diritto all’istruzione e il diritto alla salute”.
Alternative non alternative
Che alternativa è, infatti, oscillare tra il rischio che ci siano pochissimi professionisti sanitari rispetto ai bisogni di salute e la modifica delle regole per poter assumere nel Ssn anche non specializzati? È questa, ad esempio, la richiesta dell’Ordine degli psicologi, consentire cioè l’accesso anche ai soli laureati nei servizi di primo livello. “Un vero e proprio ritorno indietro, è come se prevedessimo che a individuare e curare le malattie cardiache fosse il semplice laureato in medicina e non un cardiologo”, tuona ancora Filippi che aggiunge: “è inaccettabile, in questo modo si mette a rischio la salute di cittadini e cittadine. Siamo assolutamente contrari”.
Le ragioni della piazza
La conclusione del sindacalista della Fp Cgil è netta: “Ogni giorno centinaia di specializzandi e specializzande dell’area sanitaria popolano le strutture del nostro Servizio Sanitario Nazionale, contribuendo col loro lavoro a dare risposte ai bisogni di salute della popolazione, eppure non sono tutelati dal punto di vista previdenziale né retributivo. Anzi, al contrario devono pagare con proprie risorse la formazione specialistica. È una discriminazione grave che va assolutamente sanata”.
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